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Fucina2Sette isole sorelle che Eolo, dio del vento secondo la mitologia greca, scelse come sua casa dando loro il nome. Sette perle adagiate sul vellutato blu del Mar Tirreno, quasi a stiracchiarsi tra le coste della Calabria occidentale e quelle della Sicilia settentrionale.

Un microcosmo accarezzato dal mare ma forgiato dal fuoco, come solo un arco vulcanico sa essere. Le isole Eolie sono da sempre una meta ambitissima sia dai turisti in cerca di un piccolo angolo di paradiso in cui evadere dalla frenetica vita di tutti i giorni, sia dagli scienziati e dai ricercatori che dispongono qui di un vero e proprio laboratorio naturale a cielo aperto.

Così vicine ma così diverse, le isole dell'arcipelago riescono a regalare pennellate di colore a chiunque approdi sulle loro spiagge: dal rosso dei lapilli di Stromboli, al bianco delle case di Panarea, passando per il blu oltremare di Filicudi, il marrone del manto dei muli di Alicudi, il verde dei vigneti di Salina, il giallo dello zolfo di Vulcano e il nero ossidiana di Lipari.

Ci siamo lasciati guidare in un viaggio alla scoperta di queste fascinose isole vulcaniche da Paolo Madonia, ricercatore dell’INGV che da anni si occupa della loro sorveglianza geochimica.

Paolo, da quali vulcani è composto l’arcipelago delle isole Eolie e quanti di questi sono ancora attivi?

L’arcipelago delle isole Eolie è composto da sette isole vulcaniche: Vulcano, Lipari, Salina, Alicudi, Filicudi, Panarea e Stromboli. Di queste sette isole, i vulcani che possono essere considerati attivi sono tre: Stromboli, che è in uno stato di attività permanente con un’esplosione ogni circa 20 minuti in condizioni ordinarie, e Vulcano e Lipari, le cui ultime eruzioni risalgono, rispettivamente, al 1888-1890 e al 1230.

Panarea è caratterizzata, invece, da un’attività diversa, di tipo idrotermale sottomarino: ciò significa che, nella zona compresa tra l’isola principale e gli isolotti minori, ed in particolare Bottaro e Lisca Bianca, sono presenti emissioni sottomarine di fluidi di tipo idrotermale che ad esempio, nel novembre del 2002, hanno prodotto un evento di tipo parossistico con un aumento improvviso di questo degassamento.

Simili attività sottomarine si manifestano anche tra Lipari e Salina, mentre le altre isole (ovvero Alicudi e Filicudi) non hanno più avuto attività di tipo vulcanico se non in tempi lontanissimi. 

Come si è originato l’arcipelago?

L'arcipelago vulcanico delle Eolie ha avuto origine dalla collisione tra due placche continentali, quella africana e quella euro-asiatica, con la prima che tende a scivolare in subduzione sotto la seconda: immergendosi sotto la placca euroasiatica, il materiale che costituisce la placca africana fonde e genera del magma in risalita, che ha formato l’arcipelago eoliano.

Accanto a queste sette isole, giacciono poi sul fondo del Mar Tirreno anche diverse altre strutture vulcaniche che non hanno dato luogo alla formazione di isole visibili in superficie e che non sono più in attività.

Che tipo di vulcanismo caratterizza le isole Eolie?

I vulcani delle Eolie sono dei cosiddetti “stratovulcani”, ossia sono stati creati dall’alternarsi di eruzioni di tipo effusivo, caratterizzate quindi da colate di lava, con eruzioni di tipo esplosivo, durante le quali si ha la deposizione al suolo del materiale espulso in atmosfera e che costituisce la colonna eruttiva. Stromboli è l’unico vulcano dell’arco eoliano ad avere un’attività eruttiva permanente: gli altri vulcani dell’arcipelago presentano, al momento, solo attività di tipo idrotermale.

Qual è, tra tutti, il vulcano più “interessante” dell’arco eoliano?

Beh, dipende molto dal tipo di studi che si intende condurre e, dunque, dal tipo di interesse che si ha in partenza. Senza dubbio, proprio a causa della frequenza e della tipologia della sua attività, Stromboli è un vulcano molto interessante per chi si occupa di ricerca applicata al monitoraggio dell’attività vulcanica.

Vulcano, d’altro canto, è un’isola altrettanto interessante anche se per altri aspetti, soprattutto per quanto riguarda, ad esempio, la geochimica applicata alla vulcanologia. Questo vulcano, infatti, negli anni Ottanta è stato uno dei più importanti luoghi al mondo in cui si sono potute studiare le emissioni di fluidi in aree vulcaniche, richiamando scienziati provenienti da ogni parte del pianeta per studiare questo tipo di manifestazioni.Fucina2

Vulcano, inoltre, è molto interessante anche per un aspetto che può sembrare non direttamente collegato alla vulcanologia: è un ottimo laboratorio naturale per gli studi biologici e bio-geochimici legati al cambiamento climatico in atto. Infatti le emissioni sottomarine tipiche della zona costiera dell’isola tendono ad acidificare l’acqua del mare, dando quindi l’idea di quello che potrebbe essere l’effetto dell’acidificazione degli oceani.

In questi stessi ambienti idrotermali vivono anche i cosiddetti “estremofili”, dei microrganismi il cui nome deriva proprio dalla loro capacità di adattamento a condizioni di vita in ambienti estremi, che in qualche modo riproducono quelle che erano le condizioni primordiali sulla Terra e quelli che potrebbero essere degli ipotetici ambienti di vita su altri pianeti.

Per me è quindi abbastanza difficile stabilire quale sia il vulcano più interessante. Come dicevo dipende molto dalla tipologia di interesse che ci spinge a studiare un vulcano invece che un altro. E le Eolie, da questo punto di vista, offrono davvero un’enorme varietà di scenari e possibilità.

C’è un’isola in particolare, tra queste, alla quale sei più legato?

Direi due, Vulcano e Stromboli. Vulcano perché è lì che ho cominciato ad occuparmi di ricerca in ambito vulcanologico, e quindi ho un legame particolare con quest’isola, sicuramente ricco di ricordi. E poi Stromboli, perché ho lavorato molto anche lì: la mia attività lavorativa all’INGV è iniziata proprio con la sua eruzione del 2002-2003.

Con entrambe queste due isole ho un legame professionale molto stretto: ma è un legame che, grazie anche alla conoscenza via via più stretta con la gente che le abita, è diventato in pochissimo tempo anche e soprattutto umano.

Stromboli è stato particolarmente attivo durante la scorsa estate. Quali sono state le principali eruzioni che lo hanno interessato storicamente, oltre, appunto, a queste più recenti?

Per quanto riguarda le eruzioni storiche vanno sicuramente ricordate quelle avvenute intorno al 1930, che hanno cambiato completamente l’assetto socio-economico di quest’isola. Prima di quelle eruzioni Stromboli era un’isola con una popolazione residente di alcune migliaia di abitanti e con una fiorente economia basata sulla produzione e l’esportazione del cappero e del vino. Queste eruzioni hanno completamente cambiato il volto dell’isola, distruggendo tutte le coltivazioni presenti e rendendo non più coltivabili la maggior parte delle aree agricole, nonché causandone il pressoché totale spopolamento: quasi tutte le persone residenti, infatti, fuggirono (è di questo periodo quello che si ricorda come il grande “esodo” verso l’Australia), ad eccezione di chi non aveva parenti o amici da cui andare.

In tempi più recenti, invece, un’eruzione effusiva molto importante, accompagnata da un evento esplosivo parossistico è stata quella del 2002-2003, durante la quale si verificò anche la frana della Sciara del Fuoco, che provocò a sua volta un’onda di tsunami, e che ha rappresentato l’inizio di una nuova fase dell’attività scientifica sull’isola, poiché a partire da quel momento a Stromboli è stata messa in piedi una rete di monitoraggio estremamente più di dettaglio rispetto a quella precedentemente attiva.

Ci sono state, poi, l’eruzione del 2007, caratterizzata da effusioni laviche e da un evento esplosivo parossistico, quella del 2014, durante la quale si ebbero effusioni laviche, e gli eventi dell’estate del 2019, il 3 luglio e il 28 agosto: questi ultimi sono stati due grandi parossismi ai quali si è accompagnata una piccola effusione lavica. 

Fucina3Spesso parlando di Stromboli utilizzi il termine “parossisma”. Di cosa si tratta?

Iniziamo col dire che Stromboli è caratterizzato da un’attività estremamente tipica e particolare che prende il nome, per l’appunto, di “stromboliana”: è un termine con cui si definisce, anche in altri vulcani del mondo, quel genere di attività vulcanica osservata in particolar modo a Stromboli e caratterizzata da esplosioni di modesta energia ma molto frequenti.

Un parossisma è, invece, un’esplosione che ha un’energia molto maggiore perché coinvolge del magma più profondo e ricco in gas che risale molto rapidamente in condizioni di disequilibrio: questo gas viene rilasciato in maniera estremamente veloce e violenta, dando luogo a un’esplosione con una scala energetica molto più elevata rispetto alle esplosioni “ordinarie”.

Chiaramente, l’esplosione di tipo parossistico è l’esplosione alla quale sono legate il maggior numero di condizioni di rischio. 

Stromboli va quindi definito come un vulcano imprevedibile?

No, più che imprevedibile direi che si tratta di un vulcano che alterna fasi diverse. Le due manifestazioni eruttive tipiche, ovvero l’attività parossistica e le effusioni laviche, si alternano: possono verificarsi l’una o l’altra separatamente, oppure insieme nel corso dello stesso evento eruttivo.

Qual è lo stato attuale di Stromboli?

Possiamo dire che, dopo i due parossismi di questa estate, succedutisi a breve distanza temporale l’uno dall’altro (cosa che non avveniva da diversi anni), Stromboli è rientrato in una condizione più stabile, tipica e di maggiore ordinarietà.

Ci sono ancora delle restrizioni per quanto riguarda l’accesso all’isola?

Si, le restrizioni di accesso all’isola persistono sia per quanto riguarda la navigazione nel tratto di mare limitrofo, sia per quanto riguarda l’attività escursionistica. Di fatto dalla scorsa estate non sono mai state revocate.

Quali sono stati, invece, gli ultimi fenomeni significativi a livello di attività idrotermale ed emissioni sottomarine di gas alle Eolie? 

Sicuramente va ricordato l’evento di Panarea del novembre del 2002, che è stato in qualche modo collegato all’eruzione di Stromboli dello stesso periodo poiché i due vulcani, a livello profondo, hanno in comune la stessa sorgente magmatica che si differenzia poi in superficie (la stessa cosa avviene, tra l’altro, anche per Lipari e Vulcano).

In quell’occasione si trattò di un degassamento parossistico: il flusso di fluidi emessi a livello sottomarino aumentò notevolmente divenendo visibile in superficie e causando la moria di pesci e di altri organismi marini. Quello è stato, però, l’ultimo evento critico che ha interessato l’isola di Panarea.Fucina4

Vulcano, invece, è andato incontro periodicamente a delle crisi vulcaniche che, secondo quella che è l’interpretazione attuale, non hanno coinvolto una risalita di magma, ma sono state caratterizzate fondamentalmente da un maggiore rilascio di fluidi di origine magmatica idrotermale. Crisi di questo tipo, come dicevo, sono state periodiche: la prima è avvenuta intorno al 1988, ce n’è stata una seconda nel 1996 e una terza a partire dal 2004, che è andata avanti anche negli anni a seguire ed è stato l’ultimo evento in cui abbiamo avuto un incremento significativo dell’attività idrotermale, rientrata poi entro valori più ordinari.

Quali sono le principali attività di ricerca che l’INGV svolge alle isole Eolie?

Alle Eolie l’INGV svolge sia attività di ricerca che di monitoraggio e sorveglianza dell’attività vulcanica, secondo quanto previsto dalla convenzione stipulata dall’Istituto con il Dipartimento della Protezione Civile.

Da questo punto di vista l’INGV è impegnato in particolar modo a Stromboli e Vulcano, le due isole che presentano un livello di attività più elevato, ma possiede una rete di monitoraggio che è estesa anche alle altre isole e che si occupa di vari aspetti: il monitoraggio dell’attività sismica, il monitoraggio delle attività di deformazione del suolo tramite reti gps, il monitoraggio geochimico per il controllo della composizione e del flusso dei fluidi di origine magmatico-idrotermale, il monitoraggio delle variazioni del campo magnetico legate ai movimenti del magma.

Nell’ambito della ricerca, inoltre, queste attività finiscono con l’abbracciare anche tematiche come la ricostruzione delle eruzioni storiche e lo studio dei prodotti eruttati, andando quindi a coprire tutta quella che è la vasta gamma delle attività in campo vulcanologico.