spazio vuoto logo alto

ICONA Facebook    ICONA Youtube666666   ICONA Flickr666666   ICONA Youtube666666   INGV ICONE social 07   INGV ICONE social 06   ICONA Facebookr999999

Una vita dedicata alla ricerca di chi è realmente l’uomo, con un passato legato agli studi di medicina e un futuro centrato sulla collaborazione con gli Enti di Ricerca. Padre Mauro Oliva è, dal 2017, il Cappellano degli Enti di Ricerca vigilati dal MUR. Il suo compito è quello di favorire e mantenere vivo il confronto tra le discipline scientifiche e quelle umanistiche, facilitando l’interazione dei saperi. Con uno sguardo sempre attento alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, Padre Oliva opera con gli uomini di scienza per comprendere tutti gli aspetti riguardanti l’uomo e l’ambiente che la ricerca può indagare, ricordando come moltissimi uomini di fede siano stati anche dei pregevoli scienziati. Lo abbiamo incontrato per scoprire qualcosa in più del legame che può esistere tra scienza e religione, tra lo studio delle dinamiche fisiche che regolano l’esistenza dell’uomo sulla Terra e la riflessione filosofica e teologica sull’essere umano e il suo io più intimo.

Padre qual è stato il percorso che l’ha portata a diventare Cappellano degli Enti di Ricerca vigilati dal MUR?

Sono nato e cresciuto a Milano fino agli anni dell’università quando poi ho intrapreso gli studi di medicina a Pavia. Mi affascinava la ricerca della conoscenza dell’uomo studiato da un punto di vista scientifico ma mi resi presto conto che con quel percorso avrei capito “come funziona l’uomo”, ma non “chi è l’uomo” e ciò lasciava in me una certa insoddisfazione. In quegli anni ho sentito la chiamata alla vita consacrata, così ho lasciato gli studi, la vita laica e la mia città, per entrare a Roma nella vita religiosa e sacerdotale della Congregazione degli Oblati di Maria Vergine, dove ho cominciato gli studi filosofici e teologici specializzandomi in teologia spirituale. Successivamente mi sono specializzato anche in filosofia morale, e la terza laurea l’ho presa in bioetica per aiutare meglio e con più competenza coloro che studiavano e lavoravano nel campo della medicina e delle altre scienze della vita. Dal 2017, dopo avere svolto diversi tipi di ministero, tra i quali quelli di Parroco e di Cappellano universitario, offro il mio servizio sacerdotale come Cappellano degli Enti di Ricerca vigilati dal MUR.

In cosa consiste l’azione pastorale del Cappellano degli Enti di Ricerca del MUR?

L’azione pastorale che porto avanti cerca di favorire il confronto tra le discipline scientifiche e quelle umanistiche ma anche l’interazione dei saperi nel rispetto delle competenze specifiche di ognuna. In questo senso è favorita la comprensione dell’uomo in tutti i suoi aspetti, mediante ogni via di conoscenza: da quella scientifica a quella tecnologica, ma anche economica, sociale, filosofica, culturale e spirituale. Con questi obiettivi è stato messo a punto un programma scientifico-culturale, affiancato dall’offerta di un percorso di confronto e di formazione cristiana, che prevede una serie di tavole rotonde presso gli Enti di Ricerca vigilati dal MUR. Questi incontri sono organizzati al fine di stimolare un dialogo tra materie scientifiche e quelle che hanno per oggetto la conoscenza dell’uomo, del suo pensiero, della sua attività spirituale e del suo comportamento attraverso i tempi, così che possano interagire e in qualche modo essere complementari su degli aspetti importanti per la scienza e per la ricerca scientifica. Cito ad esempio il Convegno che sto organizzando con L'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare per il prossimo 21 aprile e che avrà come tema Materia e interazione, uomini e relazioni con un'attenzione particolare alla fisica quantistica e al fenomeno umano ineludibile delle relazioni, e quello che sto organizzando per il 2 luglio col vostro Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia sul tema della memoria, studiandola a partire dal quella impressa nella Terra a causa della sua storia geofisica, per poi spaziare nella neurofisiologia, nell’antropologia, e nei fenomeni sociali. Ecco l'impegno umile e semplice che cerco di portare avanti è quello di aiutare e favorire la riflessione a 360 gradi su quella che è la bellezza della realtà dell'esistenza umana e di tutto quanto il cosmo.

Quali sono secondo lei i criteri morali di orientamento che devono guidare la ricerca scientifica?

Sono quelli che si evincono dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948. In particolare i principi che non ci siano cavie umane o forme di discriminazione e che ci si rapporti gli uni verso gli altri in spirito di fraternità, in quanto appartenenti all’unica famiglia umana, come recitano il Preambolo e l’articolo 1. L’uguale dignità di tutti gli esseri umani disarma i tentativi di sopraffazione in tutte le sue forme, fossero anche solo quelle economiche derivanti dallo sfruttamento degli altri. L’essere umano, a partire dal suo inizio temporale, cioè fin dal suo concepimento e stadio embrionale, non può essere asservito a nulla e a nessuno, può soltanto essere amato e aiutato a perfezionare il più possibile la sua umanità. E il risultato della dedizione e dell’aiuto allo sviluppo, alla “coltivazione” e dunque alla “cultura” delle persone umane è un bene per la società nel suo insieme.

Perché è così importante il ruolo della scienza e degli scienziati in questo senso?

Perché questo aiuto allo sviluppo delle persone interpella gli educatori e molte altre categorie della società e in questo senso gli scienziati hanno un ruolo molto speciale perché forniscono alla collettività strumenti di conoscenza e di aiuto sempre nuovi, più efficaci, in grado di favorire il benessere. Ecco, conoscenza, scienza, tecnologia e benessere sono realtà collegate.

Qual è il rapporto tra Chiesa e il mondo della Ricerca oggi?

La Chiesa incontra gli scienziati prima di tutto per ascoltarli, vuole imparare da loro tutti quegli aspetti riguardanti l’uomo e l’ambiente che la Ricerca può indagare: la Rivelazione non esenta il credente dalla fatica di cercare di conoscere sé stesso e l’ambiente attraverso l’esercizio dell’intelligenza. Pensate che la Santa Sede ha istituito appositamente una Accademia, la Pontifica Accademia delle Scienze, di cui fanno parte molti premi Nobel, che «promuove il progresso delle scienze matematiche, fisiche e naturali e lo studio dei relativi problemi epistemologici», e funge da organo di Consultazione del Papa per le questioni riguardanti le tematiche scientifiche. La Chiesa offre agli scienziati il suo contributo di pensiero, di esperienza e di fede. Nella scienza, come in ogni altro campo, si avanza più facilmente quando si indaga un campo ristretto, che però deve sempre essere ricompreso in progetti di largo spettro di indagine finalizzati al bene, al benessere e al progresso dell’uomo e della società. Questo lo si può fare quando si ha una visione «culturale» della scienza. 

Cosa intende quando parla di visione culturale della scienza?

Si ha una visione culturale della scienza quando la si vive come uno sviluppo dell’uomo in due direzioni, una rivolta verso lo scienziato stesso che la vive nella sua propria esperienza, l’altra rivolta verso tutta l’umanità, perché la ricerca e le sue applicazioni sono finalizzate al bene di tutti. La cultura è così intesa non come mera erudizione, ma come coltivazione di ciò che è specificamente dell’essere umano. Ecco, chi fa ricerca e scienza raggiunge già il primo importante obiettivo se nel suo lavoro, nella sua fatica e nel suo impegno appassionato e paziente diventa migliore nella sua dimensione umana, capace di guardare i colleghi vicini e lontani come degli amici con i quali si è alleati in un’impresa importante realizzabile solo congiuntamente, che a suo tempo permetterà a milioni di persone di beneficiare di quella scoperta. Lo scienziato ha bisogno di esercitare molta pazienza in un lavoro che a volte si presenta frammentato rispetto al risultato finale atteso, che forse si compirà in un’altra parte del mondo e sarà raccolto da persone che neanche si conoscono.

Quanto è importante per i giovani fare un’esperienza di studio o di lavoro all’estero?

La Chiesa condivide pienamente quella fondamentale affermazione dell’Articolo 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che ho già citato, e che recita: «Tutti gli uomini devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza». Si tratta di cioè di vivere come fratelli e sorelle, consapevoli di far parte di un’unica famiglia, partecipi di una comune origine e uniti dallo stesso destino e il primo passo per costruire insieme è quello di conoscersi. In questo senso reputo estremamente importanti per i giovani universitari i programmi Erasmus e per i Ricercatori le esperienze di lavoro al di fuori dei confini nazionali: il mondo si fa vicino e diventa la propria casa quando si viaggia, si studia e si fa ricerca anche all’estero, insieme a studiosi di altre nazioni.

Quindi la ricerca, come la fratellanza, può unire il mondo e abbattere i confini. Ci racconta un’esperienza vissuta all’estero che l’ha particolarmente colpita?

Ricordo quando per la prima volta andai negli Stati Uniti l’impressione che ebbi nel vedere sulla parete della camera di un confratello la cartina geografica del mondo, che non aveva al centro l’Italia e l’Europa, con alla sinistra le Americhe e alla destra l’Asia. Negli Stati Uniti, giustamente, al centro della cartina c’erano gli Stati Uniti… Fu per me una lezione importante! Il mondo è rotondo e ha 7,6 miliardi di centri, tanti quante sono le persone della popolazione mondiale... ma il mondo stesso in tutto il suo insieme, è «il» centro, un unico centro. Qui siamo affratellati e tutti respiriamo l’ossigeno che viene a noi dalle foreste amazzoniche e da quelle di tutto il resto del mondo, siamo collegati dall’unica acqua che chiamiamo convenzionalmente oceano che unisce i nostri continenti, viviamo le conseguenze dei terremoti e paghiamo i risvolti dell’inquinamento atmosferico prodotti in ogni parte del mondo, e beneficiamo delle scoperte e della tecnologia prodotta dagli scienziati in tutte le parti del mondo per cercare la salute, il progresso e il benessere per tutti.

Cosa accomuna Scienza e Chiesa?

Per capire cosa le accomuna va conosciuto il pensiero del cristianesimo sull’Universo e sull’uomo. La ricerca scientifica necessita di un impianto logico, della convinzione che vi sia un ordine nelle cose accessibile alla mente umana. Bene, la visione cristiana presenta l'Universo strutturato in un modo razionale, creato con una libera decisione e che può essere conosciuto solo attraverso l’indagine sperimentale. Da qui comprendiamo come Sant’Agostino, grandissimo retore, filosofo e teologo che da giovane aveva appreso anche la geometria e l'astronomia, incoraggiasse lo studio del mondo naturale convinto che nel mondo materiale, pur essendo ben distinto da Dio, si trovasse comunque una certa impronta del Creatore e che proprio studiando la creazione si potesse più facilmente conoscere qualche cosa degli attributi di Dio. Il suo pensiero filosofico sulla natura illumina la nostra riflessione ancora oggi.

Nella storia sono molti i casi di uomini che sono stati sia scienziati sia uomini di fede, abbiamo appena ricordato Sant’Agostino. Ci può fare degli altri esempi?

Un personaggio da ricordare sicuramente è Giovanni Filopono che visse tra il 490 e il 570, mosso da profonde convinzioni cristiane, ha scritto un passo dei Commentari sulla fisica di Aristotele in cui si differenzia da Aristotele affermando che «tutti i corpi cadono nel vuoto alla stessa velocità, indipendentemente dal peso», e che le frecce e i sassi lanciati attraversano l'aria «raggiungono il bersaglio non a causa del movimento dell'aria, ma perché hanno ricevuto inizialmente una certa quantità di energia cinetica». Queste idee anticipavano significativamente di mille anni gli studi di Galileo. In tempi più recenti ricordiamo il sacerdote Don Lazzaro Spallanzani, vissuto tra il 1729 e il 1799, biologo e Rettore dell’Università di Pavia, il frate agostiniano Gregor Mendel che visse tra il 1822 e il 1884, scopritore dell’esistenza dei cromosomi, don Giuseppe Mercalli che nacque nel 1850 e mancò nel 1914 e che diede il nome alla misurazione dell’intensità dei terremoti o Mons. George Lemaître vissuto tra il 1894 e il 1966 , noto per la teoria dell’espansione dell’universo e per la sua collaborazione con Albert Einstein. Questi sono solo alcuni dei grandi scienziati che hanno scritto la storia del progresso e della ricerca mossi da una profonda fede. Oggi sono molti i sacerdoti, i religiosi e le suore che vengono da studi scientifici, laureati in Fisica, in Matematica, in Biologia, in Chimica, in Ingegneria.

L’ambiente e l’ecologia sono al centro dell’Enciclica di Papa Francesco pubblicata nel giugno del 2015, tanto che l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU ne riprende la terminologia. Qual è il messaggio di questo importante contributo?

Nell’Enciclica “Laudato si’. Sulla cura della casa comune” Papa Francesco si pone sulla scia di Francesco d’Assisi per spiegare la necessità di una conversione antropologica ed ecologica affinché l’uomo si assuma l’impegno per “la cura della casa comune” per combattere la miseria e garantire a tutti un equo accesso alle risorse della Terra. Il Papa mette in guardia dalle gravi conseguenze dell'inquinamento e dalla cultura dello scarto proponendo invece modelli produttivi diversi, basati sull'utilizzo di risorse rinnovabili, sul riciclo e l’uso parsimonioso delle risorse della natura. Viene ribadita inoltre la necessità di tutelare l'accesso all'acqua potabile in quanto diritto umano essenziale, così come è importante proteggere la biodiversità: l’ecologia integrale, che come afferma il Papa richiede apertura verso categorie che trascendono il linguaggio delle scienze esatte o della biologia e ci collegano con l’essenza dell’umano, deve diventare un nuovo paradigma di giustizia in quanto la natura non è “mera cornice” della vita umana e questo comporta un cambio di rotta. L’Agenda 2030 respira di questo intervento magisteriale Pontificio, ne viene ripresa la terminologia come nelle espressioni “Casa Comune” e “Madre Terra”. Proprio quest’ultimo termine è presente in molti popoli e molte culture, anche primitive, per evidenziare la presenza di una relazione continua tra la persona e l'ambiente in cui vive, dal quale trae nutrimento così come il figlio è nutrito dalla madre. 

Si parla quindi di un profondo cambiamento volto a sviluppare la coscienza di un’origine comune e di un futuro condiviso da tutti, ciò rappresenta una grande sfida che coinvolge anche una dimensione interna all’uomo. Qual è in questo senso il ruolo delle relazioni umane?

La sapienza di Dio ha voluto che tutto fosse in relazione e il Papa tutto questo lo inserisce in un grande preambolo nell’Enciclica. Nessun uomo diventa felice da solo, al contrario può salvare sè stesso e svilupparsi trovando la sua felicità e la sua pienezza proprio nella misura in cui accresce relazioni positive con i fratelli e con l'ambiente... in questo senso la cura della natura è parte di uno stile di vita che implica capacità di vivere insieme e in comunione. Prendersi cura l'uno dell'altro, coltivare il desiderio di consegnare alle nuove generazioni un ambiente ancora più bello, favorire il senso di ogni piccola cosa all'interno del tutto. Non c'è la ricerca di sé senza la ricerca dell'altro e questo apre nuovi percorsi anche nei campi dell'economia, della finanza e delle relazioni internazionali. Dalle relazioni nascono la solidarietà e la “ricerca del bene comune”. In questa direzione è fondamentale educare a vivere in alleanza tra gli uomini, in armonia con l’ambiente, e in rendimento di grazie a Dio Padre. La pace interiore delle persone e la profondità della vita interiore, culturale, morale e spirituale, sono molto legate alla realizzazione della comunione con Dio che in Gesù Cristo è possibile vivere, del bene comune che tra noi è possibile costruire, e della cura del creato che possiamo scegliere di operare, e si riflette in uno stile di vita equilibrato e capace di amorevole stupore per il bene, il bello ed il vero, che scopriamo nella natura mediante l’alleanza della scienza con la contemplazione, e che riceviamo nella comunicazione del Vangelo.