La cornice del Castello di Rampinzeri (Santa Ninfa - TP), ospiterà il 26 maggio la presentazione dei risultati dell’attività di ricerca pluriennale finanziata dalla struttura “Terremoti” dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e condotta da un gruppo di ricercatori dell’INGV, dell’Università di Catania, dell’Università di Palermo e dell’Università “Federico II” di Napoli.
L’oggetto dello studio è stata l’identificazione e la caratterizzazione dei sistemi attivi di faglia nel settore della Sicilia sud-occidentale compreso tra l’alta Valle del Fiume Belìce e la fascia costiera compresa tra Mazara del Vallo e Sciacca, ipotizzando che questi sistemi ospitino le faglie responsabili della sequenza sismica che ha colpito drammaticamente il Belìce nel 1968 e l’antica città di Selinunte tra il V-IV secolo A.C. e il IV secolo D.C.
Nonostante l’elevato numero di vittime e la devastazione indotta, il terremoto del Belìce non ha avuto un particolare riscontro nell’attività di ricerca geologica e geofisica nel corso degli ultimi decenni. Pochi e tipicamente monodisciplinari sono i lavori scientifici che hanno avuto come oggetto quel terremoto e il suo contesto geodinamico.
Tre le attività svolte all'interno del progetto: definizione del quadro tettonico della Sicilia sudoccidentale; investigazione e caratterizzazione delle faglie attive a terra e in mare, potenziali sorgenti di terremoti distruttivi; e, infine, valutazione, per via geodetica, dell’attuale tasso di deformazione dell’area del Belìce e della zona costiera compresa tra Mazara del Vallo e Sciacca. I risultati di questo progetto forniranno nuovi dati utili per la revisione delle faglie catalogate nel database INGV delle Sorgenti Sismogenetiche DISS (
Foto 1 - Profilo sparker ad alta risoluzione realizzato nell’off shore di Sciacca
Foto 2 - Immagine SAR ottenuta dai nuovi satelliti SENTINEL