Figura 1 – A: Carta morfo-batimetrica dell’area di studio raffigurante i banchi Graham, Nerita e Terribile e la decina di conetti che formano il “Graham Volcanic Field”, evidenziato nel riquadro blu e poi in figura B. Estratto da Cavallaro & Coltelli, 2019.
Figura 2 – Camillo De Vito, 1831, Eruzione dell’isola Ferdinandea
Figura 3 – Immagine estratta da “Views and Description of the late Volcanic Island off the coast of Sicily”, 1831, di George Walter Smythe. L’originale è conservato presso la British Library.
Figura 4 – Stampa anonima dell’isola Ferdinandea.
Ubicazione e altezza massima: Sicilia, 37°10’10”N, 12°42’09”E; = -9 m s.l.m.
Superficie totale: ≈ 1.4 km2
Tipo di vulcano: campo vulcanico monogenico
Tipi di eruzioni prevalenti: effusive, surtseyane
Fenomeni attuali prevalenti: emissioni di gas
Inizio attività eruttiva: 1831
Ultima eruzione: 1831 (1863?)
Stato di attività: quiescente
Quella che una volta era l’isola Ferdinandea è uno dei vari vulcani sommersi del mar Mediterraneo che si trovano nel settore nord-ovest del Canale di Sicilia. Fa parte del “Banco Graham” (nella letteratura scientifica internazionale chiamato Graham Volcanic Field= GVF), un campo vulcanico monogenico composto da una decina di coni, alti mediamente un centinaio di metri dal fondale, tra cui quello sottomarino da cui sorse l’Isola Ferdinandea. I coni sono distribuiti lungo un allineamento esteso per circa 12 km in direzione N-S, localizzato 40-50 km al largo di Sciacca (AG).
Insieme alle isole di Pantelleria e Linosa il Banco Graham fa parte di un più vasto campo vulcanico, poco esplorato, che si è sviluppato per la dinamica distensiva attiva nel Canale di Sicilia (Figura 1).
Il cono sottomarino di Ferdinandea iniziò ad eruttare il 7 luglio del 1831 e progressivamente formò un cono vulcanico alto circa 65 m s.l.m., largo poco meno di 300 e con un perimetro di quasi 1 km (Figura 2).
L’eruzione – che cessò a metà agosto lasciando al centro una piccola
Le descrizioni riportano sismicità diffusa, un mare con “acqua in ebollizione” e da cui si alzavano fumi tossici, così come un’eruzione esplosiva visibile da terra (Sciacca, Menfi, Mazzara e Marsala). L’isola era costituita da tephra (ceneri fini, lapilli e scorie più o meno dense e blocchi di lava, di colore nero-rossastro) che risultò essere altamente cristallina, di tipo basaltico e con arricchimento in sodio. Sulla base delle descrizioni scientifiche storiche, come quella del professore Carlo Gemellaro dell’Università di Catania, e delle caratteristiche dei prodotti, l’attività eruttiva può essere definita di tipo
Oggi la secca della Ferdinandea, sommersa a meno 9 metri dal livello del mare, rappresenta il relitto dell’isola e può essere facilmente esplorata. In tempi recenti sono stati prelevati alcuni campioni di roccia grazie alla realizzazione di un metanodotto ed eseguite indagini del fondo del mare per ricerche scientifiche.
Link utili:
https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/feart.2019.00311/full