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I terremoti catastrofici avvenuti in Italia e nel mondo ci hanno insegnato che un’informazione rapida e precisa sulla localizzazione dell’epicentro e sulla magnitudo dell’evento sismico è indispensabile affinché la Protezione Civile possa organizzare i primi soccorsi nelle zone colpite.

Storicamente la rete di monitoraggio dell’INGV nasce e prende forma all’inizio degli anni ’80, a seguito del terremoto dell’Irpinia del 23 novembre 1980 (fig.1)

Nella figura viene riportata una mappa della RSNC, risalente ai primi anni ’90. All’epoca la Rete era esclusivamente di tipo analogico e comprendeva circa 70 stazioni con sensore solo verticale con l’eccezione di pochi siti, in cui erano montati anche i 2 sensori orizzontali per ottenere il moto completo del suolo.

La trasmissione del segnale sismico era all’epoca affidata ad un sistema che prevedeva l’impiego di un’elettronica puramente analogica: un amplificatore del segnale proveniente dal sensore ed un modulatore per la trasmissione su linea telefonica sempre attiva, che collegava la stazione remota con la sala operativa di Roma, dove i segnali venivano demodulati e registrati.

All’epoca i dati sismici erano registrati su carta termosensibile (sismografo) e i tempi di arrivo delle varie onde sismiche erano letti a mano (con righello dai sismogrammi) e caricati manualmente sul sistema di calcolo epicentrale.

Nell’ipotesi che il tempo richiesto per la trasmissione dalle varie stazioni fosse praticamente nullo o comunque irrilevante dal punto di vista della localizzazione degli eventi sismici, la temporizzazione del segnale sismico avveniva direttamente a Roma, dove alla ricezione dei segnali veniva associato il tempo “internazionale” generato inizialmente da un orologio atomico e in seguito da un GPS professionale.

La digitalizzazione delle tracce sismiche è stata implementata all’inizio degli anni ‘90.

Verso la metà degli anni ‘90 gli avanzamenti della tecnologia portano radicali cambiamenti sia nell’acquisizione che nella trasmissione e nella registrazione dei dati della RSN. Si passa da sensori a una componente a sensori a tre componenti e si estende sia la banda di frequenze che la dinamica del segnale registrato, i sistemi di acquisizione passano da analogico a digitale, con le prime stazioni digitali a 24 bit, la marca del tempo viene associato al segnale sismico in sito tramite un apposito ricevitore GPS e infine la trasmissione continua a essere su cavo telefonico, ma digitale e non piu’ analogica.

Il passaggio da analogico a digitale ha apportato una serie di vantaggi, quali l’azzeramento delle incertezze ed errori dovuti alla trasmissione del segnale analogico non temporizzato, l'aumento della dinamica da 60dbm a 130dbm e la perfetta calibrazione dei segnali e della catena di acquisizione. E’ stato di conseguenza possibile definire con maggiore precisione la Magnitudo,

passando dalla Magnitudo-Durata presa sui Rulli a Carta al ben piu’ affidabile calcolo della Magnitudo-Gutenberg Richter, basato sulla lettura delle ampiezze delle onde S.

Visti gli ingenti costi degli acquisitori digitali, a fine anni ‘90 i laboratori dell’INGV progettano e sviluppano uno strumento di acquisizione dati denominato GAIA, ora in funzione sulla gran parte della RSN.

Accanto al vettore di trasmissione di tipo telefonico compaiono a inizio degli anni 2000 i primi collegamenti satellitari e in seguito anche UMTS e WiFi. La differenziazione dei vettori di trasmissione aumenta la robustezza della RSN, non piu’ dipendente da un solo sistema di trasmissione. Inoltre al sensore sismico velocimetrico vengono progressivamente accostati sensori accelerometrici e GPS geodetici, dando il via a quella che sarebbe divenuta le giro di pochi anni la moderna ed attuale Rete Sismica Nazionale multiparametrica.

Ad oggi la Rete Sismica Nazionale consta ad oggi di circa 500 stazioni sparse sul territorio nazionale, tutte teletrasmesse alla Sala Sismica dell’INGV, dove e’ in funzione un servizio h24 di localizzazione e valutazione della magnitudo degli eventi sismici che si verificano in Italia, allo scopo di consentire il monitoraggio sismico del territorio nazionale, uno dei principali compiti istituzionali dell’INGV.

La maggior parte delle stazioni è gestita direttamente dal personale delle varie Sedi dell’INGV, ma grazie alle attuali possibilità di comunicazione fornite dalle nuove tecnologie e da Internet, la RSN viene arricchita dalle stazioni di varie altre reti italiane ed estere.

Contribuiscono alla RSN le seguenti Organizzazioni:

  • la rete dell’Italia Nord Occidentale Lunigiana e Garfagnana, gestita dal Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita dell’Università di Genova (DISTAV, codice di rete GU);

  • la rete a larga banda dell’Italia Nord Orientale gestita dal Centro Ricerche Sismologiche (CRS) dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS- CRS, Codice di rete OX);

  • le reti regionali del Trentino (codice di rete ST) e dell’Alto Adige (codice di rete SI);

  • la rete della Regione Marche;

  • la rete dell’Alta Val Tiberina (progetto TABOO);

  • la rete di Lardarello;

  • la rete dell’Irpinia;

  • la rete dell’Università della Calabria.

L’elenco completo delle stazioni della Rete Sismica Nazionale, gestita dall’INGV e delle altre reti regionali e locali gestite da altri Enti è disponibile alla pagina https://www.ont.ingv.it/monitoraggio-e-sorveglianza/la-rete-sismica-nazionale/sviluppo-della-rsn).

 

La Rete Sismica e’ una struttura in continua evoluzione, cambiano e si perfezionano sia i sistemi di acquisizione che di trasmissione, aumenta il numero di stazioni, si approntano sistemi di backup per garantire sia la ricezione che l’archiviazione dei dati.

I costanti sviluppi tecnologici implementati negli ultimi anni hanno apportato un sensibile miglioramento del monitoraggio, consentendo da un lato di abbassare sensibilmente la soglia di detezione della rete e dall’altro di ridurre drasticamente i tempi di elaborazione per la completa fruibilità dell’informazione, sia a scopi di Protezione Civile, sia a fini di ricerca scientifica.

Ad oggi sulla maggior parte del territorio nazionale riusciamo a localizzare eventi da Magnitudo 1 in su, mentre nelle aree dove la rete e’ piu’ rada siamo comunque in grado di determinare gli eventi sismici da Magnitudo 2 in su. Ci sono anche aree caratterizzate da una piu’ alta densità di stazioni, dove la nostra soglia di detezione e’ ampiamente sotto Magnitudo 1.