Dallo studio della ionosfera all’analisi dei ghiacciai dell’Antartide, passando per l’acquisizione dei segnali elettromagnetici per l’ascolto del pianeta Terra: il lavoro e le attività del Laboratorio di Sviluppo per le Tecnologie a Radiofrequenza dell’INGV coprono una vastissima gamma di campi di applicazione nelle Geoscienze.
Ne abbiamo parlato con Umberto Sciacca, supervisore del Lab-RF, per farci raccontare la storia del suo Laboratorio e conoscere meglio gli studi e le ricerche che vengono effettuati al suo interno.
Umberto, quando nasce il tuo Laboratorio?
Il Laboratorio di Sviluppo per le Tecnologie a Radiofrequenza (Lab-RF) è uno dei Laboratori che afferiscono all’Unità Funzionale 1 “Laboratori di Sviluppo Strumentazione Geofisica e di Telerilevamento” della Sezione Roma2. Tale organizzazione, che prevede varie infrastrutture finalizzate allo sviluppo di nuove applicazioni tecnologiche, è nata a seguito di un riordino delle attività della Sezione, che ha portato a dedicare infrastrutture differenziate per lo svolgimento, da un lato, delle attività di gestione delle reti e degli osservatori e, dall’altro, appunto, delle attività di sviluppo e innovazione, di cui si occupa UF1. A ciò va anche aggiunta un’attività di supporto alla Sezione per la manutenzione di apparati.
In particolare, il Lab-RF raccoglie un’eredità che affonda le sue radici in un lontano passato, sin da quando, all’inizio della storia dell’Istituto Nazionale di Geofisica (ING), venivano svolte attività di sondaggio ionosferico con l’impiego di onde radio. Lo sforzo per rinnovare la strumentazione da impiegare per le campagne di rilevamento di parametri di interesse geofisico si è incrementato durante gli anni ‘90 e 2000, arrivando alla costituzione di un gruppo di specialisti nel settore (ingegneri, fisici e tecnici) da impiegare per questo scopo.
Che tipo di frequenze interessano il lavoro che svolgete all’interno del Lab?
Ciò che vada compreso tra le “radiofrequenze” si è andato modificando, e in genere estendendo, nel corso degli anni, a causa dello sviluppo delle tecnologie. Agli albori dello sviluppo della radiotecnica si intendevano tutte le frequenze superiori a qualche decina di kHz e fino a qualche decina di MHz; si è poi passati per varie fasi e, quando si sono sviluppate le applicazioni alle microonde, per “radiofrequenze” si sono intese solo quelle frequenze che si trovavano al di sotto di circa 1 GHz.
Nei Laboratori della UF1 si studiano applicazioni dell’elettromagnetismo che spaziano dai campi statici, o quasi statici, che trovano applicazioni nel geomagnetismo, fino alle microonde. Si è perciò optato per la costituzione di tre Laboratori specialistici che si occupano di tre diverse bande di frequenza, delle quali il Lab-RF copre quella di mezzo, da circa 10 Hz a circa 100 MHz.
In cosa consiste il vostro lavoro?
Il più antico campo applicativo del nostro lavoro, come si diceva, riguarda lo studio della ionosfera tramite quel particolare tipo di radar che è la ionosonda (basata sull’uso di onde radio comprese tra 1 e 30 MHz). L’Istituto ha svolto sondaggi ionosferici verticali sin dalla sua fondazione, ma ha cercato di sviluppare strumenti in proprio a partire dagli anni ‘90, arrivando a progettare e costruire la ionosonda AIS-INGV (brevettata) che attualmente è in servizio non solo presso gli osservatori ionosferici italiani, ma anche presso alcune istituzioni di ricerca straniere, che hanno acquistato lo strumento.
Un campo di applicazioni più recente, ma che ormai ha già alle spalle circa due decenni, è quello che vede il radar applicato non per “puntare verso l’alto”, cioè verso l’alta atmosfera, ma verso il basso, per analizzare la struttura dei ghiacciai. Nel corso degli anni sono state sviluppate più versioni di questi “glacio-radar” (anche qui con un brevetto), portati in Antartide per studi sui ghiacciai lì presenti. Alle prime versioni dello strumento, aviotrasportate, si sono aggiunte quelle basate a terra e trascinate da slitte, fino alle più recenti basate su elicottero, a causa delle dimensioni elevate delle antenne. Il campo di frequenze impiegate, che in un primo tempo era attorno ai 60 MHz, si è poi esteso sia verso l’alto (150 MHz) che verso il basso (circa 4 MHz).
L’ultimo settore applicativo, ma solo in ordine di tempo, riguarda lo sviluppo di strumenti per acquisizione passiva dei segnali radio, in modo particolare delle frequenze tra qualche hertz e qualche decina di chilohertz. Inizialmente si trattò di effettuare studi sul “rumore elettromagnetico” ambientale, ma successivamente è stata sviluppata una vera e propria rete di rilevamento dei segnali elettromagnetici (chiamata per brevità rete di monitoraggio ELF-VLF), che può fornire importanti contributi allo studio dell’ambiente terrestre, nonché alla ricerca di precursori di terremoti.
Che genere di strumenti utilizzate nel Lab-RF?
Per poter svolgere le sue attività il Lab-RF usa uno spazio dedicato della sede romana dell’INGV in cui, oltre ad alcuni banchi da lavoro, specifici per le attività di costruzione e test di tipo elettronico, trovano posto svariati strumenti usati per le misure e i collaudi (tester, oscilloscopi, vari generatori e analizzatori di segnali), sia di tipo professionale, per l’uso in laboratorio, sia portatili.
Il personale si premura di mantenere la strumentazione in efficienza, verificandone periodicamente l’affidabilità.
Il Laboratorio fa anche uso di ausili informatici, sotto forma di software specialistico, per il progetto di circuiti e la realizzazione delle schede e delle strutture meccaniche. Tale realizzazione viene poi attuata tramite altre attrezzature che consentono di realizzare almeno i prototipi di quanto progettato, demandando poi la realizzazione degli esemplari finali a ditte esterne specializzate.
Che sviluppi futuri sono in programma per il Laboratorio?
Tante sono le idee che potrebbero trovare realizzazione in futuro, in ciascuno dei campi applicativi di cui si è parlato. Circa il primo, si sta lavorando alla realizzazione di un nuovo tipo di ionosonda compatta, installabile facilmente e controllabile da remoto, con funzionalità aggiuntive, tra cui quella di effettuare sondaggi obliqui o di analizzare la velocità di spostamento degli strati riflettenti ionosferici. Per il secondo campo si vorrebbe costruire un nuovo glacio-radar che possa indagare, oltre ai ghiacciai antartici, anche quelli alpini che, per le loro disomogeneità e composizione, sono difficili da sondare. Infine, è in corso di realizzazione una nuova rete di monitoraggio ELF-VLF, chiamata “Cassandra”, dotata di stazioni più performanti e che impiegano anche l’intelligenza artificiale.