Un lavoro intenso, meticoloso, di grande impatto emotivo. È quello di QUEST, il Gruppo Operativo dell’INGV che, in caso di forti terremoti, raggiunge le aree maggiormente colpite per raccogliere dati, documentare ed effettuare stime dei danni, con l’obiettivo di valutare in modo scientificamente rigoroso gli effetti visibili che gli eventi sismici hanno sui tessuti urbani e sulle comunità.
Un lavoro che tiene occupati lo scienziato e l’uomo dietro di lui, che si svolge tra le macerie e che arriva per tentare di mettere ‘ordine’ là dove il caos è l’assoluto protagonista.
Abbiamo intervistato Andrea Tertulliani, storico coordinatore di QUEST, per conoscere il suo Gruppo Operativo e capire meglio come si svolgono le campagne, anche quelle emotivamente più impegnative.
Andrea, in cosa consiste il lavoro del Gruppo Operativo QUEST?
Nello specifico noi di QUEST svolgiamo i rilievi macrosismici in aree colpite da terremoti “significativi”, come li chiamiamo, cioè terremoti che abbiano causato danni. Iniziamo col dire che per “macrosismica” intendiamo quella branca della sismologia che si occupa della valutazione degli effetti macroscopici dei terremoti, cioè degli effetti sulle strutture, sulle persone e sulle cose. Questi diventano per noi gli ‘elementi diagnostici’ per assegnare l’intensità macrosismica a un terremoto, ovvero l’intensità tradizionalmente indicata con la scala Mercalli.
Come si svolge il vostro lavoro?
Dal momento in cui abbiamo notizia di un terremoto potenzialmente dannoso, a partire da una magnitudo >5 comunicata dalla Rete Sismica Nazionale, ci organizziamo: valutiamo le modalità di intervento, creiamo le squadre e partiamo verso l’area epicentrale. Lo scopo finale è raccogliere le informazioni per assegnare l’intensità in ogni paese colpito. Per fare questo bisogna essere esperti nell’uso delle scale macrosismiche e, di conseguenza, nel valutare tipologie edilizie e modalità di danneggiamento degli edifici.
Essendo noi numericamente pochi, i rilievi possono durare diversi giorni o settimane, come nel caso della sequenza del Centro Italia del 2016. Inoltre siamo gli unici della comunità sismologica a confrontarci con gli effetti dei terremoti sugli ambienti urbani e questo significa un contatto diretto con le comunità colpite, non sempre facile da gestire.
Quando nasce QUEST e qual è la sua principale mission?
QUEST sta per “QUick Earthquake Survey Team” e nasce ufficialmente nel 2004 come Gruppo Operativo INGV. L’idea iniziale, già a partire dalla fine degli anni ‘90, era quella di formare un team ‘inter-enti’ che si occupasse con sistematicità dei rilievi macrosismici. Con la nascita dell’INGV quasi tutti gli operatori del settore erano confluiti nello stesso Ente e fu più facile organizzarsi. Pur essendo un Gruppo Operativo interno all’Istituto, ci avvaliamo della collaborazione di altri colleghi esterni, come quelli dell’ENEA o anche delle Regioni.
La mission di QUEST è quella di tracciare l’impatto dei terremoti tramite l’assegnazione dell’intensità macrosismica in ogni località: questa attività, cioè individuare con criteri sismologici le zone maggiormente colpite, è preziosa sia scientificamente sia per gli scopi di Protezione Civile.
Ci dicevi che siete numericamente pochi: quanti sono i colleghi dell’INGV a far parte del tuo Gruppo Operativo?
Non molti, pienamente operativi in Italia forse una dozzina. C’è anche del personale che fa del lavoro in sede, da remoto, ma diciamo che, a monte, siamo veramente in pochi (e non solo nel nostro Paese) a occuparci di macrosismica. In tempo di “pace” molti colleghi si occupano di altro: di geodesia, di sismologia storica, di rilevazioni satellitari, eccetera. Ci siamo più volti chiesti come fare ad ‘attirare’ altre competenze. Alcuni colleghi, presi dall’entusiasmo, hanno deciso di affiancarci ma, una volta giunti sul posto e vissuta una prima esperienza di questo genere, non se la sono sentita di continuare a causa dell’alta componente di stress fisico ed emotivo che il nostro lavoro comporta.
Da quanto tempo ricopri il ruolo di Coordinatore di QUEST?
Dall’inizio. In un primo momento eravamo tre coordinatori, poi siamo rimasti in due. Condivido questo incarico con il collega Raffaele Azzaro di Catania in veste di Vice-coordinatore. Devo assolutamente dire che i miei colleghi sono tutti dei grandi professionisti!
Cosa significa per te ricoprire questo incarico?
Al di là del ruolo, sarei felice se riuscissi a trasmettere ad altri la passione per questa disciplina. Dopodiché è chiaro che durante le emergenze, in aree a rischio, si sente una responsabilità continua, in quanto bisogna valutare in tempo reale quali siano le necessità scientifiche del rilievo e quali le richieste della Protezione Civile, il tutto in situazioni il più delle volte non facili, sia praticamente che emotivamente. Tutto questo però alla fine rende orgogliosi del proprio lavoro.
Personalmente vivo le emergenze in modo un po’ “schizofrenico”: all’inizio c’è sempre l’ansia per l’evento, il rischio di trovarsi in situazioni pericolose ed emotivamente forti, ma subito dopo prendono il sopravvento il mestiere e la necessità di essere distaccati da quanto abbiamo di fronte, per fare rilievi e valutazioni in zone dove altri hanno sofferto, hanno avuto paura, dove ci sono delle vittime. Bisogna farlo. A freddo, alla fine si torna a ripensare agli aspetti umani e si riflette sul fatto che è un lavoro che ci mette a contatto con situazioni davvero molto forti. Nel fare questo è per me molto importante che il gruppo QUEST lavori con grande autonomia e che i colleghi siano tutti esperti e coesi.
Hai fatto riferimento alle situazioni pericolose ed emotivamente forti che vi trovate a vivere nello svolgimento del vostro lavoro. Come ci si “prepara” a questo dal punto di vista umano, prima ancora che scientifico?
Dal punto di vista dell’approccio “psicologico” non c’è una vera e propria preparazione. Non può esserci: ci si affida all’esperienza, soprattutto a quella dei colleghi più “anziani” ed esperti. Cerchiamo di dare delle indicazioni ai colleghi che affrontano esperienze di campagna come queste per la prima volta, dopodiché bisogna inevitabilmente affidarsi alla sensibilità dei singoli.
Abbiamo però delle ‘regole di comportamento’, che ci impongono un approccio abbastanza “distaccato” rispetto alle persone per non rischiare di rilasciare delle dichiarazioni che possano essere fraintese. Molto spesso capita infatti che i cittadini colpiti da un terremoto ci fermino per chiedere rassicurazioni sullo stato e sulla sicurezza delle loro abitazioni: questa è un’informazione che non possiamo fornire, perché non spetta a noi quel tipo di valutazione. Per quanto riguarda eventuali rischi siamo molto attenti e abbiamo delle regole di sicurezza precise. Inoltre nelle “zone rosse” siamo obbligati alla compagnia dei Vigili del Fuoco.
Quale è stata la campagna per te più importante, a livello personale?
Ogni campagna ha delle peculiarità, ogni terremoto propone situazioni interessanti da studiare e aspetti umanamente intensi. Se proprio dovessi scegliere le campagne che mi hanno lasciato qualcosa di particolare citerei il terremoto di Izmit, in Turchia, nel 1999 dove mi sono confrontato con un livello di distruzione che non avevo mai visto prima e che non ho più rivisto nel corso della mia carriera, e che speriamo di non dover mai vedere in Italia, e dove lavoravamo insieme alle squadre di Search and Rescue con Vigili del Fuoco e cani da macerie in una situazione veramente tragica. La campagna del 2016 in Italia centrale, oltre alla drammaticità, è stata invece molto impegnativa dal punto di vista organizzativo e fisico, oltreché stressante dal punto di vista della grande responsabilità verso i colleghi.
I cambiamenti introdotti dall’emergenza Covid-19 (come, ad esempio, il grande e prolungato ricorso allo smartworking) hanno influito sulla tua attività di ricercatore?
Certamente, ha pesato molto la difficoltà di incontrarsi con altri ricercatori, di scambiarsi idee. Gli stimoli sono difficili da trovare in queste condizioni.
Che sviluppi futuri sono in programma per il Gruppo QUEST?
Essendo un Gruppo Operativo che si attiva a seguito di fenomeni calamitosi, si spera sempre di rimanere dormienti. Le nostre attività ordinarie sono quelle di mantenerci aggiornati e pronti all’intervento. Per il futuro auspicherei che QUEST si rinforzasse numericamente: come dicevo siamo in pochi a fare questo mestiere, e anche abbastanza anziani. Il rilievo macrosismico è un’attività di grande soddisfazione professionale e di grande impatto emotivo, non nego che ci sia qualche rischio che però si compensa con la consapevolezza di sentirsi utili in momenti particolarmente difficili.