Il Laboratorio Alte Pressioni – Alte Temperature (HPHT) dell’INGV è situato nella sede romana dell’Ente e porta avanti alcune ricerche di spicco in ambito vulcanologico, sismico e ambientale, alcune delle quali finanziate nell’ambito di progetti europei. Qui sono concentrate molte attività analitiche e sperimentali dell’INGV a supporto delle ricerche e del monitoraggio, ma anche dello sviluppo di tecnologie e di nuove metodologie d’indagine. Le recenti attività sperimentali, svolte anche in collaborazione con laboratori di altre nazioni, riguardano simulazioni e misure legate alla fisica delle rocce e dei terremoti, alle proprietà chimico-fisiche dei magmi e alla modellizzazione analogica dei processi vulcanici. Il Laboratorio HPHT di cui è responsabile Piergiorgio Scarlato, è un polo di attrazione per i ricercatori italiani e stranieri e, attualmente, vi operano circa 15 tra geologi, fisici e ingegneri.
Di cosa vi occupate all’interno del Laboratorio?
Gli esperti lavorano con un approccio sperimentale su diversi campi dalla vulcanologia alla fisica delle rocce, riproducendo quei fenomeni come eruzioni vulcaniche e terremoti attraverso l’utilizzo di materiali naturali e sintetici. In campo vulcanologico il Laboratorio HPHT è leader nello sviluppo di nuove metodologie applicate all'osservazione dell'attività vulcanica a carattere esplosivo. Nel 2017 attraverso l'impiego di telecamere ad alta velocità e ad alta risoluzione e in collaborazione con il Servizio Geologico degli Stati Uniti (USGS), l'Università di Hawaii e l'Università di Monaco di Baviera abbiamo sviluppato e applicato queste nuove tecniche sull'Etna, sullo Stromboli e su altri vulcani del mondo (Hawaii, Vanuatu, Indonesia), con il risultato di proporre un nuovo schema generale per classificare l'attività esplosiva a carattere stromboliano.
Come si riproducono in laboratorio i fenomeni naturali, quali strumenti utilizzate?
Per gli esperimenti vengono utilizzati apparati realizzati appositamente per queste ricerche. La maggior parte degli strumenti presenti in laboratorio sono stati realizzati per effettuare test e misure per lo studio di fenomeni come i terremoti o la formazione di un magma che risale verso la superfice terrestre. Nel nostro laboratorio è stata anche sperimentata, per la prima volta, una tecnica di ricostruzione delle esplosioni vulcaniche in 3D, utilizzando, nella ripresa delle eruzioni stesse, due telecamere ad alta velocità in modo sincronizzato. Con risultati innovativi per la raccolta di informazioni… Attraverso le elaborazioni computerizzate, abbiamo potuto analizzare ogni singolo pixel delle migliaia di immagini raccolte, ottenendo una ricostruzione tridimensionale degli eventi esplosivi filmati. Ciò ha permesso per la prima volta di determinare con precisione le traiettorie seguite dai prodotti emessi, la loro velocità e altri parametri aerodinamici fondamentali per capire i processi eruttivi e l'area di dispersione dei prodotti dell’eruzione attorno al cratere di emissione. La sperimentazione sui vulcani di queste nuove tecnologie ha richiesto diversi anni di sviluppo e di test portando a significativi risultati scientifici nel campo della vulcanologia. Tutte queste informazioni ci aiutano a comprendere maggiormente “dal vivo” fenomeni eruttivi come quelli dell’Etna e dello Stromboli.
Attualmente, a quali progetti state lavorando?
Il Laboratorio è coinvolto in numerosi progetti nazionali e internazionali. Uno dei più rilevanti è il progetto europeo European Research Council (ERC), dedicato allo studio dei terremoti e guidato da prof. Giulio Di Toro dell’Università di Padova. In questo ambito stiamo sviluppando nuove tecniche sperimentali per lo studio del ruolo dei fluidi nel processo sismico. Invece nell’ambito di altri progetti internazionali, stiamo studiando i meccanismi di dispersione della cenere vulcanica prodotta durante l’attività esplosiva e le modalità con la quale la cenere stessa viene rimessa in “moto” una volta caduta al suolo. Questa problematica, oltre ad avere aspetti scientifici, ha una rilevanza sociale notevole perché la ricaduta e la rimobilizzazione della cenere vulcanica crea problemi su ambiente, salute ed infrastrutture.
Nella foto: Piergiorgio Scarlato nel Laboratorio Alte Pressioni – Alte Temperature dell’INGV
Ph. © Marco Cirilli