Carta d’identità
Nome: Salvatore Giammanco
Anni: 53
Qualifica: Primo Ricercatore
Sede: Catania, Osservatorio Etneo
Campo di attività: Geochimica e Vulcanologia
Motto della vita: "Per aspera ad astra"
Colore preferito: Nero
L’eruzione dell’Etna del 1971 è stata la scintilla che ha illuminato gli occhi di un bambino di soli cinque anni che da quel momento ha visto la sua vita prendere una direzione ben chiara: diventare vulcanologo. Appassionato del suo lavoro e pieno di hobbies, Salvatore Giammanco ci racconta la sua vita e come la passione sia l’ingrediente fondamentale per affrontare al meglio la vita, i suoi piaceri e le sue difficoltà.
Quando è nata la passione per i vulcani?
Avevo cinque anni, era il 1971 e al TG1 Paolo Frajese mostrava con grande professionalità l’eruzione dell’Etna che minacciava il paese di Fornazzo. Quel giorno decisi di diventare vulcanologo.
Qual è stato il tuo percorso di studi?
Mi sono laureato in Geologia a Catania e successivamente ho vinto una borsa di studio a Palermo dove ho lavorato per sedici anni nel campo della Geochimica.
Che ricordi hai della vita universitaria, hai affrontato delle difficoltà negli studi?
Qualche difficoltà c’è stata, ma la passione e le persone che mi hanno sostenuto (in primis il Professor Franco Barberi) sono stati il “motore” per superarle.
Come hanno vissuto i tuoi genitori la tua scelta di studiare Geologia?
All’inizio non benissimo. Speravano in una carriera più “solida” (come quella da avvocato), ma vista la mia determinazione il sostegno non è mai mancato.
Che materie ti appassionavano a scuola?
Storia, scienze e, stranamente, filosofia.
C’è stato un “mito” di riferimento a cui ti sei ispirato?
Quando ero ragazzo il mio mito era il geologo Haroun Tazieff (che ho anche incontrato a casa sua a Parigi nel 1979): è stato uno dei pionieri della divulgazione della vulcanologia al grande pubblico. Poi ho preso coscienza di tante cose e ho iniziato a fare scienza sul serio, ispirandomi a Marcello Carapezza.
Il momento più emozionante della tua carriera?
Ci sono tantissimi momenti emozionanti che ricordo: la mia prima pubblicazione in assoluto (nel 1989, su una rivista italiana); la mia prima eruzione da borsista CNR (Etna, 1989); l’avere vinto il concorso a tempo indeterminato al CNR; il passaggio a Primo Ricercatore INGV; ogni volta che sono davanti ad un vulcano in eruzione…
Cosa rese questi momenti così emozionanti?
In tutti i momenti che ho citato c’è un comune denominatore: pensare quasi incredulo “Ci sono riuscito!”.
Invece il momento più emozionante nella tua vita privata?
È scontato, ma sincero: tenere in braccio le mie due figlie subito dopo la loro nascita.
Cosa pensi che saresti diventato se non avessi fatto il ricercatore?
Difficile da dirsi, dato che la ricerca è un elemento totalizzante nella mia vita. La cosa più logica è il geologo professionista, ma penso che avrei potuto fare il chitarrista o il disegnatore di fumetti.
Da quanto tempo sei all’INGV?
Dalla sua fondazione, nel 2001.
È difficile conciliare il lavoro di ricercatore con il tempo per la famiglia?
Decisamente sì, ma non è impossibile (tutte le nostre colleghe donne lo fanno, e anche bene).
Qual è la prima cosa che fai quando torni a casa?
Purtroppo spesso continuo a lavorare al mio computer (non si finisce mai), ma se posso evito e chiacchiero con mia moglie o sbrigo altre faccende di casa.
Una città che hai visitato che ti è rimasta nel cuore e una in cui hai sempre sognato di trasferirti?
Decisamente Parigi.
Quali sono stati i tuoi viaggi più belli?
Francia (più volte), Hawaii (più volte), Islanda, Slovenia, Tenerife.
Come ti sei avvicinato al mondo della musica?
Ho sempre sentito l’esigenza di sentirla e farla. Fin da piccolo mi sono appassionato al rock e all’heavy metal. Di colpo mi sono trovato da ascoltare i Bee Gees agli AC/DC. Ricordo quando negli anni ‘80 passò un video degli Slayer. Mio padre esclamò: “Ma chi ha lasciato acceso la macchina per il gelato?”.
E al mondo del “musicista”?
Ho iniziato con la chitarra classica per accontentare la mia famiglia ma il passaggio all’elettrica fu la “normale” conseguenza. Ora ne ho sette. Con l’età e con la saggezza ho esteso il mio campo al Jazz, al Blues e al Progressive. Credo che esistano “solo” due tipi di musica: quella buona e quella non buona.
Cosa ti sarebbe piaciuto scoprire, tra le scoperte del passato?
Rimanendo in tema di Scienze della Terra, il sismografo.
Qual è il tuo X-Factor?
La determinazione.
Hai degli hobbies?
L’elenco è lungo: leggere romanzi di fantascienza, storici e fumetti. Poi suono chitarra e basso elettrico. Amo la musica, ascoltarla e suonarla. Inoltre mi piacciono molto i board games… soprattutto quelli storici.
Ti piace lo sport?
Si, molto. In TV seguo rugby, tennis, ciclismo, calcio e atletica leggera.
Ne hai mai praticato qualcuno?
Da giovane ho fatto salto in alto, tennis e calcio, ma adesso non ho molto tempo e mi limito alle camminate in montagna…
C’è qualcosa che ti mette ansia?
La burocrazia.
Libro preferito?
Sono troppi: diciamo “Q” di Luther Blissett e “Il codice Da Vinci” di Dan Brown.
Se dovessi ricordare un tuo “primo giorno” quale ricorderesti?
Indubbiamente la mia prima volta in cima all’Etna in eruzione, nel 1975, quando giunsi a poche centinaia di metri dal cratere di Nord-Est in piena attività esplosiva ed effusiva.
La tua maggior fortuna?
Avere avuto la possibilità di realizzare tanti dei miei sogni.
Nella tua valigia non può mai mancare?
Un libro e lo spazzolino da denti.
Una cosa che hai capito “da grande”?
Che da piccolo capivo ben poco.
Cosa conservi della tua infanzia?
Tante cose: soldatini, giochi da tavolo, fumetti… Il problema è che continuo a comprarne ancora oggi!
Ultima domanda: qual è la canzone che non smetteresti mai di ascoltare?
“Let’s get it up” degli AC/DC.