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Le spettacolari immagini dell’ultimo risveglio dell’Etna hanno fatto il giro del mondo e sono ancora davanti ai nostri occhi: imponenti colonne di cenere tinte dall’arancio del sole al tramonto e altissime fontane di lava a pennellare di rosso fuoco il cielo scuro della notte.

Uno spettacolo suggestivo, tra le massime espressioni di quella che la filosofia occidentale definisce “estetica del sublime”. Da Burke a Schopenhauer, passando per Kant: la natura colta nei suoi aspetti più terrificanti, come i mari in burrasca, o le cime innevate e tempestose, o ancora i vulcani in eruzione, diventa la principale fonte del sublime, della più forte emozione che l’animo umano sia in grado di provare.

Dallo scorso 16 febbraio ‘a muntagna è tornata a dare spettacolo e a far parlare di sé: una lunga sequenza di parossismi ha scandito le giornate di quest’ultimo mese, regalando immagini mozzafiato e destando anche qualche preoccupazione tra i non addetti ai lavori.

Per fare chiarezza e capire meglio cosa sta succedendo davvero sull’Etna abbiamo intervistato il Direttore dell’Osservatorio Etneo dell’INGV, Stefano Branca, che ci ha raccontato dal suo punto di vista “privilegiato” l’eruzione ancora in corso spiegandoci anche il lavoro che con i suoi colleghi ricercatori sta svolgendo in queste settimane.

Fucina1Stefano, proviamo a fare chiarezza: quali sono le principali caratteristiche dell’attuale crisi eruttiva dell’Etna?

La peculiarità di questa eruzione è legata sicuramente alla presenza di un magma ricco in gas che sta alimentando un’attività esplosiva più intensa rispetto a quella dei mesi scorsi. Quell’attività eruttiva era, viceversa, alimentata da un magma che già risiedeva nei condotti vulcanici e che, quindi, aveva al suo interno un contenuto di gas molto inferiore.

Il risultato è lo spettacolo che vediamo in atto da diverse settimane, con degli episodi parossistici che, va però ricordato, sono pur sempre dei fenomeni che rientrano nella tipicità dell’attività del cratere di Sud-Est dell’Etna degli ultimi 20-30 anni.

Quindi non si tratta di un’eruzione ‘eccezionale’?

Beh, l’attività per così dire ‘classica’ e ordinaria dell’Etna è quella stromboliana di bassa energia. Tuttavia fenomeni esplosivi occasionalmente più intensi come questi possono ugualmente essere considerati parte della tipicità del vulcano: basti pensare che i parossismi negli ultimi 20 anni sono stati più di 200!

A questo proposito, da che tipo di vulcanismo è caratterizzata tipicamente l’Etna?Fucina2

L’Etna è uno stratovulcano basaltico, il cui vulcanismo è caratterizzato cioè da magmi basici. Tali magmi risultano fluidi, poco viscosi, e danno tipicamente luogo ad attività effusive caratterizzate da colate di lava.

Che indicazioni sta dando questa eruzione a voi ricercatori in merito ai possibili sviluppi futuri dell’attività del vulcano?

L’Etna è uno dei vulcani meglio studiati e monitorati al mondo: basti pensare che i primi studi scientifici sull’attività eruttiva del vulcano risalgono all’Ottocento. Oggi, lo studio che si fa di queste eruzioni ci permette di capire e conoscere sempre meglio le modalità eruttive del vulcano, ma non ci dà particolari indicazioni su come ciò avverrà in futuro.

Non esistono previsioni nel lungo periodo in questo campo: è importante studiare ogni singola eruzione perché è fondamentale conoscere le tipologie di manifestazioni vulcaniche che un vulcano può produrre. In queste settimane abbiamo raccolto nuovi dati e nuove conoscenze che ci permetteranno in futuro di fare delle analisi e delle stime sempre più dettagliate sullo stato dell’Etna.

Che tipo di attività sta svolgendo l’INGV nel monitoraggio di questa eruzione?

È molto difficile riassumere in poche parole un’attività tanto complessa e articolata, risultato delle osservazioni ad alto livello che, dagli anni Ottanta, effettuiamo basandoci sulla nostra rete multiparametrica dotata di oltre 150 stazioni distribuite su tutto l’edificio vulcanico.

Fucina3Possiamo però provare a sintetizzare dicendo che come INGV ci stiamo adoperando per raccogliere e analizzare segnali di diverso tipo: sismici, di deformazione del suolo, gravimetrici, satellitari, di laboratorio per i campioni provenienti dai rilievi di terreno, di mappatura dei prodotti eruttati per la stima dei volumi di materiale emesso…

L’interpretazione integrata di tutti questi dati ci permette di conoscere a fondo lo stato del vulcano: va ricordato che, come Osservatorio Etneo, siamo gli unici a disporre di una rete di monitoraggio e sorveglianza così articolata in grado di fornire un quadro completo ed esaustivo di quello che avviene sull’Etna in tempo reale.

Ci sono dei rischi concreti per i cittadini residenti alle pendici dell’Etna?

Nel caso di queste eruzioni parossistiche sommitali, assolutamente nessun rischio particolare.

Da ricercatore non è certamente la prima eruzione sulla quale lavori: c’è però qualcosa che ti emoziona ancora come la prima volta?

Assolutamente sì, il grande spettacolo della natura. Anzi, affettuosamente devo dire che un’eruzione come questa, così potente e scenografica, è molto più bella da appassionato che da Direttore dell’Osservatorio: da Direttore purtroppo mi perdo la parte migliore, quella dello spettacolo!