Dalla determinazione dell’età delle rocce, alla definizione dei processi evolutivi dei sistemi magmatici.
Dalla ricostruzione del clima del passato, all’elaborazione delle mappe di pericolosità vulcanica. Le possibili applicazioni della geochimica isotopica sono davvero tantissime e arrivano perfino alla ricostruzione della dieta degli animali fossili e dei movimenti migratori delle antiche popolazioni.
Abbiamo intervistato la responsabile del Lab, Ilenia Arienzo, per conoscere meglio il suo lavoro e per scoprire le attività e gli strumenti del Laboratorio degli Isotopi Radiogenici dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV.
Ilenia, cos’è la geochimica isotopica, materia di cui vi occupate quotidianamente all’interno del Lab?
La geochimica isotopica studia la distribuzione degli isotopi radiogenici e degli isotopi stabili nel Sistema Terra. Gli isotopi sono atomi appartenenti allo stesso elemento, con uguale numero di protoni e uguali proprietà chimiche ma che possiedono un diverso numero di neutroni. Le analisi isotopiche sono un potente strumento di indagine che trova ampie applicazioni nella ricerca, sia nelle Geoscienze (Geochimica, Petrologia, Vulcanologia, Geologia del Sedimentario), sia in ambiti affini (Geochimica Ambientale, Paleoclimatologia, Archeometria, Archeologia, Scienze Forensi).
Attraverso la determinazione della composizione isotopica di alcuni elementi chimici è possibile, ad esempio, determinare l’età assoluta di una roccia, definire i processi evolutivi dei sistemi magmatici attivi e non, identificare i processi di ricarica dei serbatoi magmatici superficiali e definire le caratteristiche chimiche degli end-members coinvolti nei processi di mescolamento che avvengono nei sistemi di alimentazione magmatica dei vulcani; ma anche ricostruire la durata e l’entità degli eventi climatici del passato (come le glaciazioni e i periodi inter-glaciali), ottenere informazioni utili sulla distribuzione dei prodotti vulcanici per elaborare mappe di pericolosità vulcanica, riconoscere i contributi dei fluidi marini, meteorici, magmatici nei processi geotermici avvenuti e/o in corso nel sottosuolo, definire l’estensione dei processi di alterazione delle rocce superficiali fino alla formazione dei suoli e i livelli di inquinamento ambientale, e così via.
Beh, mi sembra di capire che i campi di applicazione della geochimica isotopica sono vastissimi.…
Assolutamente sì! Basti pensare che la geochimica isotopica ci consente di applicare i nostri studi anche ad ambiti un pochino più “insoliti”: penso, ad esempio, alla possibilità di ipotizzare il tipo di dieta di animali fossili, incluso l’Uomo, oppure ricostruire i movimenti migratori delle popolazioni antiche, stabilire la provenienza delle materie prime utilizzate per realizzare i manufatti ceramici ritrovati in siti archeologici, utilizzare gli isotopi come indicatori di origine geografica degli alimenti, e ancora caratterizzare un giacimento minerario che contiene fasi mineralogiche di interesse economico. Veramente molte applicazioni, insomma e questo è dimostrato dai numerosi progetti in cui il laboratorio è inserito, come ad esempio il Progetto PRIN FUTURE, i Progetto Dipartimentale AMUSED e FIRST e il Progetto Pianeta Dinamico TIFEHO.
Come si svolge il vostro lavoro nel Lab?
Inizio col dire che il Laboratorio degli Isotopi Radiogenici si compone in realtà di due “sezioni”: il Laboratorio di Chimica Fine e quello di Spettrometria di Massa. Il nostro lavoro “inizia” nel primo che ho citato, dove si preparano i campioni (come minerali, rocce, suoli, piante, acque o materiale archeologico) per isolare l’elemento chimico del quale si vuole analizzare la composizione isotopica.
Il Laboratorio è dotato di un’unità di trattamento aria che assicura un’atmosfera con un basso tenore di particolato (polveri sottili). È dotato di cappe aspiranti e a flusso laminare dove vengono effettuate le operazioni di dissoluzione e separazione cromatografica di stronzio, neodimio, litio e magnesio. Il sistema di trattamento aria, l’uso delle cappe con filtri HEPA, l’uso di acqua e reagenti chimici di elevato grado di purezza consentono di ridurre al minimo la contaminazione dei campioni in esame.
I campioni da analizzare vengono pesati e dissolti mediante una serie di attacchi con acidi sovrapuri. Dalla soluzione ottenuta viene isolato, mediante tecniche di separazione cromatografica in fase liquida su colonna, l’elemento di cui si vuole analizzare la composizione isotopica. La soluzione acida contenente l’elemento chimico di interesse viene raccolta in beakers di teflon e fatta essiccare su una piastra riscaldante all’interno della cappa aspirante. Il composto contenente l’elemento chimico viene introdotto nello spettrometro di massa per la determinazione della composizione isotopica.
E si passa quindi alla seconda e ultima fase del lavoro, è corretto?
Sì, esatto. A questo punto il composto viene introdotto in uno spettrometro di massa ThermoFinnigan Triton TI®, installato nel 2001 nel Laboratorio di Spettrometria di Massa per determinare la composizione isotopica di elementi chimici selezionati (come dicevo prima, attualmente analizziamo stronzio, neodimio, litio e magnesio).
Grazie al progetto infrastrutturale PON GRINT, guidato dai colleghi Giuseppe Puglisi e Fabrizia Buongiorno, nel 2021 sarà installato presso il Laboratorio un nuovo spettrometro di massa, un ThermoFisher Scientific Triton XT TIMS che ci consentirà di migliorare ancora le nostre capacità di analisi.
Cosa ti auguri per il futuro del Lab?
Attualmente, alle attività del Lab sono dedicate davvero poche persone. Spero che in prossimo futuro possa essere di "appeal" per altri ricercatori e tecnici che valorizzino al meglio questa importante infrastruttura dell’INGV. Tra l'altro, le attività del Lab sono strettamente correlate al Laboratorio di Chimica Fine (ma di questo ve ne parleremo in un prossimo numero, ndr) che avrebbe bisogno di un restyling che renda, tra l'altro, le attività del Laboratorio degli Isotopi Radiogenici competitivo anche all’estero.