Nell’ambito di un progetto per la realizzazione di un osservatorio di onde gravitazionali di terza generazione, l’’Einstein Telescope – ET, in grado di osservare i processi cosmici con sensibilità mai raggiunte finora, l’INGV sta conducendo degli studi di caratterizzazione del rumore sismico, e non solo, sulla miniera metallifera ormai dismessa di Sos Enattos, in Sardegna. Il sito, che si trova immerso in un paesaggio di rara bellezza nella provincia di Nuoro a breve distanza dal Monte Albo, è, infatti, il candidato italiano ad ospitare il nuovo osservatorio; la nomina è supportata dalle espressioni di interesse di tre enti di ricerca nazionali italiani: l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (coordinatore del progetto insieme all’olandese Nikhef, Istituto Nazionale di Fisica Subatomica), l’Istituto Nazionale di Astrofisica e l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, e dalle Università sarde. Per saperne di più abbiamo intervistato Gilberto Saccorotti, ricercatore dell’INGV, che ci ha spiegato in cosa consiste questa imponente infrastruttura di nuova generazione.
Gilberto, cos’è l’Einstein Telescope?
L'Einstein Telescope è un rilevatore di onde gravitazionali, che rappresenta l’evoluzione di quattro analoghe infrastrutture attualmente operative nel mondo, di cui una è in Italia, Virgo, gestita da EGO - European Gravitational Observatory. Da un punto di vista fisico si tratta di grandi interferometri di tipo Michelson, in grado di misurare con elevatissima precisione le variazioni di distanza tra due punti della superficie terrestre utilizzando il tempo impiegato da un raggio laser per compiere il percorso che li separa. In particolare, la sensibilità di ET prevede la misura di variazioni di distanza inferiori di alcuni ordini di grandezza rispetto al raggio di un protone.
Una caratteristica fondamentale che devono avere questi strumenti per raggiungere tali straordinarie sensibilità è proprio la lunghezza del tragitto ottico, cioè del percorso effettuato dal raggio di luce. Virgo, per esempio, è dotato di due tunnel della lunghezza di tre chilometri. L’Einstein Telescope si baserà su un principio fisico analogo, ma con una lunghezza totale del cammino dei raggi laser di ben trenta chilometri, attraverso tre tunnel disposti come i lati di un triangolo equilatero con lato di 10 km. Si tratta quindi di un'infrastruttura imponente che dev'essere realizzata in ambiente sotterraneo, al fine di minimizzare, tra l’altro, i disturbi provocati dalle attività umane sulla superficie terrestre.
Quali sono i suoi potenziali utilizzi?
Queste infrastrutture sono destinate all'osservazione delle onde gravitazionali, increspature dello spazio-tempo già previste teoricamente da Einstein nel 1916 nell’ambito della teoria della relatività generale, e osservate sperimentalmente solo un secolo dopo, nel 2015. Le onde gravitazionali, la cui propagazione viene misurata come variazione infinitesima di distanza fra due punti della superficie terrestre, sono associate a ‘catastrofi’ cosmiche che coinvolgono la repentina redistribuzione di enormi quantità di massa, quali ad esempio la fusione di buchi neri e/o stelle di neutroni o le esplosioni di supernovae. Si tratta di fenomeni avvenuti a distanze di milioni o miliardi di anni luce: in una accezione generale, possiamo quindi dire che ET è un telescopio destinato a scrutare angoli remoti dell’Universo, investigandone le origini. Come per ogni grande infrastruttura di ricerca, un ulteriore aspetto collegato alla realizzazione ed all'operatività di ET è lo straordinario sviluppo tecnologico, che può avere ricadute molto importanti anche sulla vita di tutti i giorni. Basti pensare, ad esempio, al principale servizio fornito dalla rete Internet, il World Wide Web, il cui primo prototipo fu sviluppato presso i laboratori del CERN, a Ginevra, come sistema di comunicazione ed interazione tra ricercatori situati in postazioni differenti.
Perché il sito candidato a ospitare l’Einstein Telescope, in Italia, è proprio quello sardo di Sos Enattos?
L’estrema sensibilità dello strumento rischia di essere compromessa dal rumore sismico terrestre. Il suolo, infatti, è soggetto a continue vibrazioni originate da processi sia naturali che antropici. A tal proposito, è stato individuato un sito particolarmente “silenzioso”, quello sardo di Sos Enattos, che si trova nella provincia di Nuoro in una zona in cui la densità abitativa è tra le più basse d'Europa. Essendo scarsa l’attività umana, è anche molto ridotto quel rumore di origine antropica che può inficiare la sensibilità di questo strumento.
In che modo è stato studiato il sito?
Il sito è attualmente sotto investigazione perché questa silenziosità sismica deve essere comprovata da misure quantitative. Già da diversi anni stiamo analizzando il rumore sismico di fondo attraverso i metodi tradizionali della sismologia, cioè con sismometri posizionati nel medesimo sito per lunghi intervalli di tempo. Nel 2018 abbiamo misurato le vibrazioni prodotte dal brillamento di una carica esplosiva per l’allargamento di una galleria, ottenendo delle prime informazioni sulle caratteristiche elastiche delle rocce. Attualmente, stiamo conducendo delle campagne temporanee per studiare in dettaglio alcune zone utilizzando un maggior numero di strumenti. Inoltre, i colleghi dell’INFN e delle Università di Sassari, Cagliari e Roma stanno conducendo molte altre misure per quantificare altri indicatori della qualità del sito, quali il rumore magnetico, quello acustico, e i parametri atmosferici.
Qual è il contributo dell’INGV in questo importante progetto scientifico?
Il nostro contributo è duplice. Da una parte, siamo coinvolti nella caratterizzazione del rumore sismico di fondo; a tal fine, abbiamo installato nelle gallerie della miniera alcune stazioni sismiche permanenti, di cui una è anche entrata a far parte della Rete Sismica Nazionale dell’INGV. Inoltre, stiamo conducendo delle campagne temporanee in cui utilizziamo numerosi strumenti installati in superficie per localizzare le principali sorgenti di rumore, chiarendone così le origini. Di questa parte è responsabile il collega Carlo Giunchi, della Sezione di Pisa, che sta curando installazione e mantenimento degli strumenti permanenti, e lo svolgimento delle campagne temporanee di misura.
Un’altra parte molto importante riguarda invece la caratterizzazione del sottosuolo. Questa attività è curata dai colleghi dell’INGV Mauro Coltelli (Osservatorio Etneo), Paolo Marco De Martini (Sezione Roma 1) e Luigi Improta (Osservatorio Nazionale Terremoti) che utilizzeranno il MiniVib, un generatore di onde sismiche in dotazione all’INGV. Registrando le vibrazioni generate da questa sorgente artificiale, i nostri colleghi ricostruiranno l'andamento delle formazioni rocciose nel sottosuolo e quindi le proprietà elastiche dei terreni, aspetto fondamentale per la progettazione esecutiva del sistema di gallerie.
Quali saranno i prossimi passi della ricerca in vista della candidatura?
I prossimi passi saranno rivolti ad analizzare i dati raccolti nelle campagne di misurazione già effettuate o tuttora in corso, ed organizzarne i risultati in maniera tale da offrire una visione organica e quantitativa circa l’idoneità del sito ad ospitare la grande infrastruttura di ET. Inoltre, continueremo ad approfondire le caratteristiche del sottosuolo e la modalità di propagazione delle onde sismiche, utilizzando le informazioni che arriveranno dalla perforazione di due pozzi profondi di prossima realizzazione. Tutti questi dati potranno fornire, in una fase successiva, dei solidi elementi per la progettazione del sistema sotterraneo.
Per concludere, quando sapremo se potremo ospitare in Italia l’Einstein Telescope?
Negli ultimi mesi del 2020 è stata presentata dall’INFN, come capofila, una proposta al European Strategy Forum on Research Infrastructures (ESFRI) per fare rientrare l’Einstein Telescope fra le grandi infrastrutture di Ricerca che verranno supportate a livello nazionale e europeo. Attualmente i siti candidati ad ospitarlo sono due, uno è quello sardo di Sos Enattos, l’altro è un sito posizionato ai tre confini tra Germania, Belgio e Olanda, nella regione detta Limburgo. La decisione finale dovrebbe essere presa nel 2024… incrociamo le dita per la Sardegna!