Come molte tecnologie diventate nel corso del tempo di uso comune, anche le immagini da satellite sono sempre più spesso (e in maniera sempre più versatile) parte del bagaglio di informazioni e notizie con cui ci confrontiamo piuttosto regolarmente quando parliamo di terremoti o eruzioni vulcaniche. Ma chi c’è dietro quelle immagini e, soprattutto, come riesce a decodificarle per noi?
Per rispondere a queste e ad altre domande abbiamo intervistato Marco Moro, responsabile del Laboratorio GEOSAR dell’INGV, che ci ha illustrato le principali tecniche di elaborazione delle immagini che ci giungono dai satelliti in orbita attorno alla Terra e i più importanti utilizzi che i ricercatori dell’Istituto fanno di questi dati, in un’ottica quanto mai trasversale e orientata alla multidisciplinarietà.
Marco, quali sono i principali utilizzi che fate delle immagini SAR?
L’uso della tecnica di elaborazione delle immagini SAR (nota come Interferometria Differenziale SAR o InSAR) per lo studio della deformazione del suolo è considerata come una metodologia consolidata, robusta e affidabile. Sia nel campo delle deformazioni co-sismiche che nel campo delle analisi di deformazioni crostali della fase inter-sismica o post-sismica, l’InSAR e la relativa evoluzione InSAR multi-temporale (come le note tecniche PS e SBAS) permettono di ottenere importanti informazioni che possono essere di supporto al monitoraggio del territorio e alla gestione delle emergenze in caso di catastrofi naturali, in particolare terremoti di medio-elevata magnitudo.
Oggi, grazie all’avvento di nuovi e più performanti sensori e costellazioni di satelliti equipaggiati con sensori SAR (come ad esempio la missione Sentinel-1 dell’Agenzia Spaziale Europea, o la missione COSMO-SkyMed dell’Agenzia Spaziale Italiana), è possibile pensare allo sviluppo di servizi operativi tempestivi per la fornitura di mappe di deformazione del suolo e serie temporali di spostamento superficiale.
Come funziona esattamente il lavoro con queste immagini?
Il concetto ruota intorno a due blocchi, uno infrastrutturale per il processamento dei dati, l’altro costituito dall’insieme di conoscenze e competenze acquisite dal team INGV necessarie all’interpretazione del dato SAR, che ne rappresentano il valore aggiunto.
Cosa è possibile ricavare dall’interpretazione di questi dati?
Il nostro lavoro prevede la generazione e la fornitura di due categorie di prodotti; nella prima categoria rientrano quelli relativi a singoli eventi sismici, mentre nella seconda categoria rientrano i prodotti relativi alle analisi di serie multi-temporali.
Puoi farci qualche esempio?
Certo. Per quanto riguarda i prodotti generati per ogni singolo evento sismico, tra questi rientrano le mappe di spostamento lungo la linea di vista del SAR, le mappe della fase arrotolata (frange interferometriche) e quelle di coerenza interferometrica. Invece, relativamente alle analisi delle serie multitemporali, tramite l’elaborazione delle immagini SAR possiamo fornire mappe di velocità media del suolo, serie temporali di deformazione del suolo per ciascun target coerente e mappe di accelerazione del suolo (post-processing della serie temporale di deformazione).
Come è strutturato il vostro Lab?
Il Laboratorio GEOSAR è costituito da un’infrastruttura dedicata, composta da un sistema informatico per il calcolo e lo storage delle immagini SAR e dei prodotti elaborati, attraverso l’utilizzo di architetture di supercalcolo in cloud processing per ottimizzare la generazione dei prodotti sopra elencati.
Puoi raccontarci un vostro lavoro ‘tipo’?
Certo, e per farlo inizio col dire che il Lab si occupa dell’analisi e dell’interpretazione delle mappe di spostamento relative al ciclo sismico. Il dato di spostamento al suolo misurato con tecniche InSAR multi-temporali viene interpretato in chiave geologica per evidenziare i fenomeni deformativi in atto alle diverse scale spaziali e temporali. Tra i principali fenomeni geologici oggetto di studio, prestiamo particolare attenzione all’analisi di deformazioni legate alla presenza di strutture tettoniche quali faglie attive e sismogenetiche; allo studio della subsidenza naturale per migrazione di fluidi indotta da fenomeni di consolidazione e tettonici; dei fenomeni di subsidenza di natura antropica per consolidazione indotta da carichi e per estrazione di fluidi; dei movimenti in massa quali frane e deformazioni gravitative profonde di versante; dei fenomeni carsici epigei e ipogei; di particolari assetti idrogeologici legati a sistemi idrostrutturali e idrostratigrafici complessi.
Il nostro approccio, quindi, si basa sull’analisi comparata dei differenti dati e prodotti. Particolare attenzione viene data all’analisi di mappe di spostamento e di velocità SAR su zone in cui sono in atto sequenze sismiche e settori di lacuna sismica.
Quali sono i metodi principali su cui si basa il vostro lavoro?
Utilizziamo e integriamo varie tecniche di indagine e metodologie, tra cui la raccolta di dati geologici e geomorfologici di terreno volti alla ricostruzione dell’evoluzione geologica del Quaternario, interpretati in chiave neotettonica; l’integrazione di nuove tecnologie informatiche per l’acquisizione di dati prossimali ad alta risoluzione con dati geologici per trattare in modo interdisciplinare e interoperabili i dati geolocalizzati; la generazione di modelli numerici in campo poroso-elastico ed elasto-plastico a supporto dell’interpretazione geologica del dato di deformazione al suolo.