Nome: Mario Anselmi
Anni: 43
Qualifica: Ricercatore
Campo di attività: monitoraggio microsismico, localizzazione dei terremoti, tomografia sismica, CO2 storage, sismicità indotta
Difficile trovare un ragazzo con la “faccia più pulita” di Mario Anselmi. Potremmo concludere qui questa introduzione. Invece no perché Mario (43 anni solo all’anagrafe...ne dimostra dieci di meno), è il classico bravo ragazzo che vorresti come vicino di casa, come amico e confidente, come panettiere, come fioraio, come controllore dei biglietti dell’autobus… ecco ci vorrebbe un Mario Anselmi per ogni ruolo nella società. Sto esagerando? Forse sì, ma Mario ti accoglie sempre sorridente e pronto a dirti la sua o ad ascoltare la tua. Senza compromessi. Lo vedi, lo percepisci, ti puoi fidare e, se il mio sesto senso non mi inganna, tenerselo “accanto” fa stare bene. Questa intervista non ti sconvolgerà, cara lettrice e caro lettore, perché la sua è una vita di straordinaria ordinarietà, ma sono certo saprai cogliere tante virtù ormai rare e disciolte in questo presente. Oggi è raro essere se stessi, Mario lo è.
Cosa o chi ti ha avvicinato al mondo della scienza?
I documentari di “Quark” (del pomeriggio!) e Piero Angela hanno svolto un ruolo fondamentale, credo...
Quali caratteristiche deve avere un bambino per appassionarsi a un programma di divulgazione scientifica? Non è proprio usuale...
Direi la capacità di sorprendersi davanti agli eventi naturali. Personalmente da bambino sono sempre stato molto affascinato dalla forza straripante dei vulcani in eruzione, nonostante poi nella mia vita lavorativa non me ne sia mai realmente occupato. Però se dovessi dirti una caratteristica secondo me importante affinché i più piccoli si appassionino a programmi del genere penserei proprio alla capacità di incuriosirsi e di sorprendersi.
Da bambino cosa sognavi di diventare “da grande”?
All’inizio un ingegnere, poi un geologo di quelli sempre col martello in mano.
Che materie ti appassionavano a scuola?
Le materie scientifiche e quelle tecniche (non ho fatto il liceo, ma un istituto tecnico per geometri).
Affrontare un percorso universitario scientifico… Secondo te è diverso se si arriva da un liceo o da un istituto tecnico?
Sì, secondo me è molto diverso, soprattutto per quanto riguarda le materie di base: la matematica, la fisica… Io ho avuto la fortuna di studiare chimica molto bene all’istituto per geometri perché avevo un professore che per prendere anche solamente un 6 ci spingeva a imparare la tavola periodica a memoria, per dire… Quindi, ad esempio, per me l’esame di chimica all’università è stato piuttosto facile, mentre altri miei colleghi sbattevano la testa al muro. Però, dall’altro lato, ho faticato moltissimo in tutto ciò che aveva a che fare con l’analisi matematica: lì ho veramente tribolato parecchio. Quindi direi di sì, in generale ho notato una differenza importante nei due canali “di provenienza”.
Che adolescente eri?
A detta dei miei sempre tranquillo, per niente ribelle. In sostanza, mai adolescente!
C’è stato un “mito” di riferimento a cui ti sei ispirato?
Mio zio Marcello, di cui ho sempre apprezzato la capacità rassicurante e la grande umiltà, pur nel ricoprire un ruolo importante.
Quanto conta essere leader ma allo stesso tempo umile e capace di saper ascoltare?
Secondo me è davvero fondamentale. Tra l’altro proprio in questi giorni sto leggendo un libro che parla di come gestire il processo di leadership all’interno delle aziende, come motivare i lavoratori a fare gruppo intorno a un obiettivo comune. Credo che la chiave sia essere “leader” e non “capo”, riuscire ad attrarre le persone e a stimolarle per raggiungere un target.
Dove ti sei laureato e che ricordi hai del tuo percorso universitario?
Mi sono laureato in Geologia alla Sapienza di Roma. È stato un periodo di grandi passioni, di nuove situazioni e anche di grande emancipazione e crescita personale, venendo dalla provincia.
Il momento più emozionante della tua carriera?
A L’Aquila, pochi giorni dopo il terremoto, la vigilia di Pasqua: un signore che dormiva in tenda da giorni con la famiglia è voluto entrare per forza in casa (pericolante, per non dire diroccata) per offrire a me e a dei colleghi francesi un bicchiere del suo vino! Un gesto di grande affetto che mi ha riempito il cuore e che non scorderò mai più.
Cosa ricordi di quei giorni?
Ricordo giorni molto duri. Un senso di forte sofferenza e di sconvolgimento. In alcuni momenti anche imbarazzo nel vedere gente che aveva perso tutto vivere nelle tende, sapendo che noi un tetto caldo da qualche parte invece ce lo avevamo. Dall’altro lato, però, anche un forte senso di “investitura” da parte della popolazione colpita dal terremoto, quasi come se noi potessimo sollevarli dalle loro sofferenze portando sicurezza. In realtà non potevamo sapere come si sarebbe evoluta la sequenza… Poi purtroppo ricordo anche gli attacchi da parte di una parte della stampa durante quel periodo: anche quelli sono stati abbastanza pesanti e difficili da gestire.
Invece il momento più emozionante nella tua vita privata?
Quando ho scoperto di aspettare un figlio, più emozionante di quando è nato.
Cosa vuol dire essere padre nel 2021?
Questa è una bella domanda eh, da un milione di Euro! Essere padre nel 2021 secondo me significa, più di altre cose, cercare di mettere al riparo da quelli che sembrano i facili insegnamenti del mondo di Internet. Tentare di far capire l’importanza dello studio per la comprensione delle cose e allontanare l’illusione per cui sia tutto assolutamente fruibile dalla rete. Una sorte di inno all’analogico. Poi è chiaro che ogni epoca ha i suoi riferimenti e certamente i modelli di un bambino di oggi non saranno quelli del bambino che ero io quaranta anni fa, ecco.
Qual è la tua più grande preoccupazione da papà?
Che mio figlio non condivida per niente i miei valori.
Cosa pensi che saresti diventato se non avessi fatto il ricercatore?
Probabilmente un geologo libero professionista.
Da quanto tempo sei all’INGV?
Ho iniziato a scrivere la tesi di laurea qui nel 2003.
Qual è la prima cosa che fai quando torni a casa?
Saluto ad alta voce mentre mi tolgo le scarpe: “Ciaoooooooo!”.
Come hai vissuto il periodo di lockdown dello scorso anno?
Sono stato fortunato perché avevo i suoceri che guardavano il nostro bambino di 2 anni. Io e mia moglie Elisa abbiamo potuto lavorare in Smartworking con molta serenità. E poi avevamo un giardino tutto per noi. Ho avuto la possibilità di stare tantissimo con mio figlio, tutto il giorno e tutti i giorni. Se non fosse per la tragedia globale, direi che ho anche guadagnato qualcosa.
Cosa ti preoccupa del futuro?
Riguardo mio figlio, spero che anche lui trovi una passione da seguire, un talento da coltivare con motivazione. Vedo adolescenti molto meno sicuri di quello che vogliono rispetto a quanto non lo fossi io alla loro età, ad esempio. Ecco, mi piacerebbe che per mio figlio non fosse così, che trovasse e percorresse la sua strada “con impegno agonistico”.
Cosa ti spaventa di più della società di oggi?
Credo il fatto che oggi tantissima gente sia molto facilmente influenzabile dai social network. Credo che questo stia diventando un problema, appiattendo un po’ lo spirito critico di molti.
Qual è, secondo te, la scoperta scientifica che cambierebbe la storia?
Il teletrasporto.
Una città che hai visitato che ti è rimasta nel cuore e una in cui hai sempre sognato di trasferirti?
Mi è rimasta nel cuore Lisbona; ho sempre sognato di trasferirmi a San Francisco.
Quali sono stati i tuoi viaggi più belli?
Quelli negli Stati Uniti e in Cina.
Cosa ti sarebbe piaciuto scoprire, tra le scoperte del passato?
Come calcolare il raggio terrestre, come fece Eratostene.
Qual è la tua principale inquietudine?
Sapere che dopo i miei pronipoti non rimarrà nessuna traccia del mio passaggio su questa Terra (ride, ma non troppo...).
La conversazione che non hai mai fatto e che ti sarebbe piaciuto fare… Con chi?
Mi sarebbe piaciuto molto parlare con Enrico Mattei per farmi spiegare e capire molte cose che ancora caratterizzano la nostra storia.
Come ricercatore è sempre tutto spiegabile?
Credo di no.
La tua promessa mantenuta e quella che non sei riuscito a mantenere…
Ho seguito la mia passione per farla diventare un lavoro, ma non ho fatto in tempo a far diventare “nonno” mio padre!
Che rapporto avevi con tuo padre?
Un rapporto non di grande dialogo diciamo, ma fatto di silenzi e sguardi d’intesa. Non eravamo sempre sulla stessa lunghezza d’onda ma ci volevamo molto bene, dimostrandocelo più con i fatti che a parole.
Il tuo amore a prima vista?
Un tramonto sul mare, soprattutto autunnale!
Qual è il tuo X-Factor?
Se ne ho uno, è forse quello di sapermi calare “nei panni degli altri” con sensibilità e capirne gli stati d’animo più profondi.
Beh questo è notevole, te l'ha detto qualcuno o è una tua riflessione?
Senza peccare di superbia, è una riflessione che ho fatto io ma sulla base di feedback che mi hanno fatto notare persone anche poco intime, quindi in questo senso “inaspettate”. Mi capita di intuire dagli sguardi, dai saluti e dai silenzi se non è proprio “tutto ok”, come si è soliti rispondere a un classico “come va?”..
Ti piace lo sport?
Molto.
Ne hai mai praticato qualcuno?
Calcio, tennis, marcia (atletica), nuoto e ultimamente SUP!
Ascolti musica?
Molta, batto anche sui tamburi definendomi batterista!
Qual è il tuo genere preferito?
Vari generi ma principalmente Rock e musica leggera. Mi piace molto ascoltare anche Jazz, senza conoscere nemmeno il nome di un musicista o autore.
Libro preferito?
“Il metodo antistronzi” di Robert Sutton.
Se dovessi ricordare un tuo “primo giorno” quale ricorderesti?
Mi piace ricordare il mio primo giorno all’INGV, nel maggio del 2002, quando venni a informarmi su possibili argomenti di tesi…
Sentivi che questo posto sarebbe stato “il tuo”?
No, non lo sentivo per niente. Sono arrivato lì già estremamente grato per l’opportunità che mi era stata data da Claudio Chiarabba, quindi in quel momento il mio più grande obiettivo era quello di scrivere la mia tesi e di imparare il più possibile in un campo che mi piaceva molto. Con mia moglie ogni tanto ricordiamo di quando all’epoca le dicevo quanto sarebbe stato bello poter avere poi una borsa di studio per il dottorato e di quanto ci sembrasse difficile, tutto sommato. Invece poi è diventato sempre più possibile e, nonostante anni faticosi, alla fine la strada si è aperta. Il giorno dopo la mia definitiva assunzione, nel 2018, sono arrivato e ho guardato l’Istituto da fuori pensando “Ma ti pare che alla fine mi hanno assunto davvero?!”. Non mi sembrava ancora vero...
Cosa fai quando non sei a lavoro?
Cerco di stare con la mia famiglia, mi occupo del giardino, tento di praticare un po’ di sport... e di pensare a qualche progetto futuro.
Hai un posto del cuore?
Sì, Viterbo, la città dove sono nato e cresciuto!
La tua maggior fortuna?
Ho avuto dalla mia famiglia tutto quello che mi serviva, non tutto quello che avrei voluto.
Cosa avresti voluto?
Mah, direi qualcosa di materiale, come penso sia normale per tanti, soprattutto nella fase adolescenziale. Ma a livello di supporto e di appoggio morale non mi hanno mai fatto mancare niente, e di fatto era questo ciò di cui avevo realmente bisogno.
Nella tua valigia non può mai mancare?
Il deodorante…
In cucina sei più da dolce o da salato?
Da salato, decisamente.
Piatto preferito?
Uno solo?? Dovendo scegliere direi l’ossobuco cucinato da mia madre.
Ti piace cucinare?
Adesso sì, fino a qualche anno fa ero a disagio tra i fornelli. Oggi “spingo” particolarmente sulla griglia del barbecue (ride molto…)!
Una cosa che hai capito “da grande”?
Che le persone le capisci dai loro comportamenti, non da quello che ti dicono di essere.
Nella tua vita hai incontrato più chiacchiere o fatti?
Direi le une e le altre.
Cosa conservi della tua infanzia?
La capacità di ridere per cose semplici.
Ultima domanda: qual è la canzone che non smetteresti mai di ascoltare?
“Somebody to love” dei Queen.