Maestose e imponenti, da sempre amate e temute dall'uomo, le montagne ai nostri occhi rappresentano uno spettacolo immutabile nel tempo. Tuttavia tempi umani e tempi geologici sono molto differenti: i paesaggi che osserviamo erano, milioni di anni fa, totalmente diversi e a volte dove oggi sorge una montagna prima era presente un ambiente marino. È il caso del Monte Catria, una vetta dell’Appennino Umbro-Marchigiano situato nell'Italia centrale. A tal proposito Chiara Caricchi, ricercatrice dell'INGV, ci racconta i processi che hanno portato alla formazione di questo Monte e, in generale, della catena appenninica. Umbra di nascita e profondamente legata al paesaggio dei suoi luoghi, Chiara ha fatto della sua passione per la montagna il suo lavoro.
Chiara, come nasce una catena montuosa?
Per le persone le montagne sono configurazioni stabili del paesaggio; questo accade perché la vita dell'uomo è molto più breve rispetto a quella della montagna che ci sembra così, erroneamente, immutabile nel tempo. La “nascita” di una catena montuosa è strettamente legata a tre fasi: la prima, relativa alla formazione delle rocce che la compongono, è detta litogenesi; la seconda, relativa al momento in cui le rocce si sono piegate e sollevate, è nota come orogenesi; l'ultima, che è la fase in cui i rilievi montuosi hanno “preso forma”, è definita morfogenesi.
Come e quando si sono formate le rocce che hanno generato il Monte Catria e l'Appennino Umbro – Marchigiano?
Facciamo una premessa. I processi da cui hanno origine le rocce in natura possono essere magmatici, da cui si generano rocce vulcaniche a seguito di eruzioni vulcaniche e della solidificazione del magma; metamorfici, dove le rocce si originano dalla deformazione subita a seguito di un aumento di pressione e temperatura e sedimentarie, formate cioè dall'accumulo di sedimenti di varia origine. Queste ultime si differenziano a loro volta tra rocce sedimentarie carbonatiche, principalmente costituite da sedimenti fini e organismi (macro e micro), e rocce sedimentarie terrigene, formate cioè da materiale proveniente dall'erosione di formazioni rocciose esistenti. Parlando dell'Appennino Umbro-Marchigiano, il così detto ciclo litogenetico che lo riguarda è di tipo sedimentario. Circa 250 milioni di anni fa l’area era caratterizzata da un ambiente marino di clima tropicale e dalla presenza di scogliere con aree di laguna interna, come le Bahamas attuali per intenderci, dette piattaforme carbonatiche. I movimenti tettonici comportarono la fratturazione di questa piattaforma e alcune sue parti furono inabissate. Ne derivò un bacino marino profondo sui cui fondali si depositarono, nel corso di milioni di anni, sedimenti di tipologia differente, in prevalenza costituiti da calcari, marne e argille. Ebbene, questa sedimentazione proseguì ininterrotta per decine di milioni di anni.
Decine di milioni di anni di sedimentazione... ma quando è emersa la “nuova” catena montuosa?
Fu circa venti milioni di anni fa che nell'area qualcosa iniziò a cambiare drasticamente: una nuova fase tettonica di tipo compressivo, infatti, avviò l'orogenesi, il processo che porta alla formazione delle catene montuose attraverso la deformazione della crosta terrestre. La morfologia dei fondali marini fu soggetta a un progressivo corrugamento che la modificò totalmente e fece sì che, gradualmente, emerse la nuova catena montuosa. Per precisione, l’Appennino Umbro-Marchigiano entrò nel processo orogenetico circa sedici milioni di anni fa a seguito di movimenti tettonici che si svilupparono nella regione di interazione tra la placca europea e quella africana. Sul bordo esterno della nuova catena in corrugamento si formò un bacino detto “di avanfossa”, ossia un bacino che sprofonda e che raccoglie grandi volumi di sedimenti come sabbie e argille generati dalla erosione di terre emerse. La nuova catena ed il bacino di avanfossa sono progressivamente migrati da ovest verso est... si pensi che attualmente il bacino di avanfossa dell’Appennino è il mar Adriatico!
E quando si è sviluppato l'attuale paesaggio?
Circa dodici milioni di anni fa i fenomeni di compressione generarono delle dorsali insulari allungate e alcune delle cime dei monti di oggi apparivano come isolette che iniziavano ad emergere dal mare, soggette a fenomeni di erosione che conferì loro dei versanti poco scoscesi. Successivamente alla tettonica compressiva subentrò una nuova fase estensionale che portò alla formazione di aree ribassate, dette Graben, all’interno della catena montuosa: da qui iniziarono a svilupparsi i bacini intramontani. Le diverse caratteristiche delle rocce, a loro volta, determinano una diversa risposta ai processi di erosione: le dorsali montuose calcaree, per esempio, sono più resistenti all’erosione rispetto ai sedimenti terrigeni quali arenarie e argille e favoriscono lo sviluppo di stacchi topografici marcati tra i rilievi maggiori ed i bacini intermontani. Infine, anche l’alternarsi delle fasi climatiche nel corso degli ultimi due milioni di anni contribuì allo sviluppo del paesaggio attuale: nei periodi glaciali sui rilievi erano presenti ghiacciai che generarono forme di erosione tipiche, ora esposte a seguito della fusione dei ghiacci.
Cosa ci suggerisce la forma di una montagna rispetto alla sua natura?
La forma di una roccia ci dice molto sulla sua natura, così osservando le cime delle montagne possiamo dedurne le caratteristiche. Quando sono presenti le “rotture di pendio”, cioè pendii molto ripidi che diventano più dolci, molto probabilmente c'è stato un cambiamento nella tipologia di sedimentazione. Le rocce terrigene, più facilmente erodibili, creano pendii più morbidi mentre le rocce carbonatiche, più difficili da erodere sono caratterizzate da forme più dure. Un aspetto molto interessante di questo settore appenninico, che ho scoperto grazie alla mia passione per la speleologia, è che queste rocce carbonatiche danno origine a fenomeni di carsismo: l'acqua piovana entra all'interno della montagna attraverso delle fratture, che a volte sono le faglie stesse, e inizia a corrodere la roccia generando delle cavità sotterranee dove è possibile ammirare, per esempio, le stalagmiti che dal pavimento si accrescono verso l’alto e le stalattiti che pendono dal soffitto. È questo l'interno della montagna, il suo cuore.
L'area dell'Appennino Umbro – Marchigiano è di notevole importanza geologica, perché?
Questo settore è studiato dai geologi di tutto il mondo sia perché si possono osservare delle bellissime esposizioni di rocce, sia perché in questo posto è stato riconosciuto il limite Cretacico-Terziario, quello tra l'era mesozoica e cenozoica, noto anche come K-T. Questo limite coincide con una delle estinzioni di massa più spettacolari della storia del nostro Pianeta: sessantacinque milioni di anni fa, infatti il 75% delle forme di vita sulla Terra scomparve e tra queste, i dinosauri. Nello strato sedimentale del limite K-T, inoltre, è presente una concentrazione elevata dell'elemento iridio e si reputa che la causa sia l'impatto di un asteroide con la Terra. I limiti sono visibili, per esempio, presso la Gola dl Bottaccione, dove attualmente è stato istituito un geo sito.
Cosa significa per un geologo analizzare rocce e paesaggi?
L'analisi di questi elementi ci permette di salire su una macchina del tempo rendendo possibili la comprensione e la ricostruzione di ciò che è avvenuto nel passato. Per esempio, nelle catene montuose è possibile ricostruire il paleo-ambiente in cui i sedimenti si sono deposti ma anche i movimenti tettonici che hanno generato le deformazioni crostali e quindi la formazione delle dorsali montuose; i processi che hanno fatto emergere i fondali marini e quelli morfogenetici che hanno conferito al paesaggio l’aspetto attuale. Attraverso l'osservazione diretta un occhio attento riesce a distinguere le successioni di rocce che si differenziano nello spessore degli strati; una più accurata analisi al microscopio permette poi di riconoscere degli elementi utili a stabilire l'età di una roccia definendo, al contempo, le caratteristiche dell'ambiente in cui si è formata.
Per concludere, una domanda personale. Quali sono le zone di questo settore dell'Appennino a te più care?
Da umbra, ho molti ricordi legati a questi posti. I luoghi a me più cari sono tre. Il più recente è il Monte Catria perché è stato molto importante per la mia formazione professionale. Ricordo che durante gli studi per il conseguimento della laurea specialistica i miei genitori mi accompagnavano spesso la domenica e mi aiutavano nel lavoro... alla fine erano diventati anche loro dei piccoli geologi. Al secondo posto c'è il Monte Cucco, probabilmente è quello a cui tengo di più della dorsale Umbro- Marchigiana. Amavo vederlo dal palazzo dell’Università per Stranieri di Perugia o dai punti più alti della città dove è visibile tutta la dorsale. Inoltre è proprio su questo monte che con il gruppo speleologico ho visitato una grotta a me cara, la Voragine Boccanera. Questo sistema si sviluppa nel settore orientale del monte ed è caratterizzata essenzialmente due pozzi importanti (Beat e Miliani). Mi ricordo ancora oggi quando aggiravo l’enorme voragine buia sotto i miei piedi (pozzo Milani) per raggiungere poi una piccolissima strettoia che attraversata portava nell’altro pozzo (Beat) che abbiamo percorso per tutta la sua lunghezza fino a -100 m. Mentre scendevo lungo la corda osservavo il mondo sotterraneo che pian piano si apriva davanti a me. E’ stata una esperienza bellissima! L'ultimo luogo a me particolarmente caro è un posto vicino casa mia, a Orvieto. Si tratta di un punto lungo una strada panoramica che che si affaccia sulla valle del fiume Paglia... da dove è possibile ammirare La Rupe di Orvieto, Rocca Ripesena e il monte Cetona e Amiata sullo sfondo, un paesaggio vario, pieno di storia geologica. Ho sempre amato questo paesaggio e vedere la Rupe ogni volta che torno a casa mi provoca sempre un tuffo al cuore.