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Roberta Tozzi

Una tempesta solare di enormi proporzioni che “bombarda” il nostro pianeta, in grado di innescare delle potentissime correnti a terra che, sovraccaricando la rete elettrica di molti Paesi, causerebbe settimane di buio in vastissime aree del mondo. Uno scenario post-apocalittico? Solo in parte, perché il rischio di vasti black-out indotti dalle tempeste geomagnetiche generate dal Sole è, in effetti, reale.

Le proporzioni naturalmente non sarebbero quelle appena descritte, più appropriate, forse, per qualche pellicola di fantascienza apocalittica, ma si tratta di un fenomeno estremamente delicato da studiare con attenzione per mitigare quanto più possibile il rischio ad esso associato. Stiamo parlando delle GIC, le correnti elettriche indotte geomagneticamente che, in determinate condizioni di attività solare, possono interessare il nostro Pianeta, in particolar modo i Paesi situati alle latitudini più alte.

Nell’ambito dello space weather, ovvero la meteorologia spaziale, che studia gli effetti sull’uomo e sulle attività umane di ciò che avviene sul Sole, anche l’INGV si occupa dello studio di queste correnti che, seppur mai registrate di grandi entità sul nostro territorio, potrebbero riguardarci più da vicino di quanto si possa immaginare. Ne abbiamo parlato con Roberta Tozzi, ricercatrice dell’INGV che studia da tempo le GIC in Istituto.

Roberta, vuoi spiegarci meglio cosa sono le GIC?

Si tratta di correnti elettriche che, in condizioni molto particolari, scorrono nel sottosuolo del nostro Pianeta. In generale, va ricordato che le correnti elettriche vengono generate ogni qualvolta ci sia una variazione di campo magnetico; la Terra, come sappiamo, è dotata di un suo campo magnetico che risente moltissimo di ciò che avviene sul Sole. Quest’ultimo produce costantemente un flusso di particelle cariche, il cosiddetto vento solare, che, in condizioni normali, scorre lontano dal nostro pianeta poiché “schermato” dalla magnetosfera.

Tuttavia può capitare che il Sole sia più attivo ed espella massa coronale: questo avviene quando sul Sole si verificano delle vere e proprie “esplosioni”, a seguito delle quali le particelle cariche del vento solare vengono lanciate ad altissima velocità nello spazio e, in determinate condizioni, possono finire con l'investire Terra.

Anche il Sole, naturalmente, ha un suo campo magnetico: se ci troviamo in condizioni tali che il campo magnetico solare, una volta incontrato quello terrestre, riesce ad “annullarlo”, le linee di forza del campo geomagnetico si “aprono” e viene così a mancare l’effetto “schermante” della magnetosfera. Le particelle del vento solare, quindi, in queste condizioni penetrano nella magnetosfera e vanno ad intensificare dei sistemi di corrente che sono sempre presenti intorno alla Terra. Tali intensificazioni producono la variazione del campo magnetico generato da questi sistemi di corrente, e questa variazione del campo magnetico genera a sua volta, come abbiamo detto prima, altre correnti elettriche, stavolta a terra: le nostre GIC.

Qual è la frequenza media delle tempeste geomagnetiche?

Il campo magnetico del Sole inverte la sua polarità ogni 11 anni: questo ha effetto, ad esempio, sul numero di macchie solari presenti sulla sua superficie. Un modo di seguire l'andamento del ciclo di attività solare è, quindi, contare il numero delle macchie solari. Il ciclo di attività solare ha inizio nel momento in cui il numero di macchie solari è minimo. Questo numero aumenta nel corso del tempo e raggiunge il suo massimo verso metà ciclo per poi diminuire fino a un nuovo minimo quando, dunque, comincia un nuovo ciclo.

Dato che le espulsioni di massa coronale che generano le tempeste geomagnetiche avvengono principalmente in corrispondenza delle macchie solari, più è alto il numero di macchie solari presenti sul Sole, più è probabile che si verifichino delle tempeste. Queste tempeste sono quindi più frequenti durante i massimi di attività solare, anche se tempeste molto intense, la cui "efficacia" è spesso maggiore per quanto riguarda i possibili danni alla Terra, avvengono anche durante la fase discendente del ciclo.artide antartide Figura1

Come si propagano a terra le GIC?

Una volta che le GIC sono generate, si propagano nel terreno convogliandosi laddove hanno più facilità a fluire, vale a dire dove la conducibilità elettrica è maggiore. I loro canali preferenziali sono, quindi, le strutture metalliche lunghe come i sistemi di distribuzione dell’energia, gli oleodotti, i gasdotti e le reti ferroviarie.

Perché l’INGV le studia?

Iniziamo col dire che queste correnti sono particolarmente intense alle alte latitudini perché nella porzione di ionosfera al sopra i due poli magnetici scorrono dei sistemi di correnti elettriche molto intense che, in occasione delle tempeste geomagnetiche, si intensificano ancora di più producendo, proprio alle alte latitudini, effetti molto vistosi sul campo geomagnetico registrato a terra, e dunque anche GIC molto intense. Questi effetti, però, normalmente non si manifestano con la stessa intensità alle medie e basse latitudini che sono, quindi, meno a rischio. Per questo motivo per anni gli studi degli effetti delle GIC hanno riguardato principalmente le alte latitudini: adesso, invece, anche i Paesi situati alle medie e basse latitudini, come l’Italia, hanno iniziato ad occuparsene per alcune ragioni fondamentali.

Innanzitutto perché siamo sempre più dipendenti dalla tecnologia, e quindi un black-out di medio-grandi dimensioni comporterebbe danni molto ingenti da un punto di vista economico. Inoltre, anche se con minore intensità, le GIC possono scorrere anche alle medie e basse latitudini. Va infatti ricordato che nell’ultimo secolo abbiamo sì avuto tempeste geomagnetiche anche molto intense ma, fortunatamente, non ai livelli della storica tempesta di Carrington, verificatasi nel 1859, che fu di intensità straordinaria: se un evento del genere ricapitasse oggi potrebbe produrre dei danni davvero ingenti anche alle medie e basse latitudini, danni chiaramente non registrati in passato a causa dell’assenza della tecnologia moderna.

Il nostro obiettivo come INGV, quindi, è prima di tutto approfondire la conoscenza fisica dei processi che generano le GIC alle medie e basse latitudini, storicamente studiate meno; dopodiché ci piacerebbe riuscire a calcolare il rischio (che nel caso dell’Europa è anche quello di contagio, a causa del collegamento delle reti elettriche), anche perché gli accorgimenti da adottare per proteggere i sistemi di distribuzione dell’energia elettrica (nonché le reti ferroviarie, gli oleodotti, i gasdotti e così via, anche quelli sistemi ad alta conduttività e, quindi, “prediletti” dalla corrente) comporterebbero dei costi decisamente minori rispetto ai danni di un black-out.

Quali sono i principali effetti dannosi a cui ci espongono queste correnti?

Le GIC sono correnti caratterizzate da frequenze basse rispetto alla frequenza della corrente che scorre nei nostri sistemi di distribuzione dell’energia elettrica. Le GIC rappresentano dunque una corrente continua per gli elementi dei sistemi di distribuzione della corrente elettrica (ad esempio i trasformatori di tensione), e questo può determinarne il surriscaldamento e talvolta danni che ne pregiudicano il corretto funzionamento. La conseguenza estrema di ciò è il black-out. Diciamo, quindi, che il black-out è il principale e più serio rischio cui ci espongono le GIC. Ricordiamo però che le GIC sono responsabili anche di effetti indiretti di corrosione di oleodotti e gasdotti e, in caso di GIC molto intense, anche di danni ai sistemi di segnalazione o ai trasformatori posti lungo le linee ferroviarie.

Qual è stato, ad oggi, il black-out più severo prodotto dalle GIC?

Probabilmente quello che interessò la regione del Québec, in Canada, nel marzo del 1989. Fu un evento molto esteso che si verificò a latitudini alte (ma non altissime) e riguardò tantissime persone che rimasero letteralmente al buio per diversi giorni. In quel caso, anche a causa delle geologia del luogo, con un sottosuolo più resistivo rispetto a quello delle zone circostanti, le GIC, non riuscendo a scorrere bene nel terreno, si sono concentrate massivamente sulle linee di trasmissione della corrente elettrica, producendo quell’ingente danno che fu il black-out.

artide antartide Figura2Qual è la frontiera attuale nello studio delle GIC?

Beh direi lo studio dei loro effetti alle medie e basse latitudini, come ho già detto finora poco studiati. A questo proposito è interessante citare uno studio recente fatto da un ricercatore greco che ha messo in relazione, in un intervallo di tempo molto lungo, gli eventi dannosi registrati in Grecia con l’attività solare: quello che ha scoperto è che esiste una sorta di “shift” tra l’attività solare e i danneggiamenti a terra, che lo ha portato ad affermare che, per quanto noi, alle medie e basse latitudini, non sperimentiamo dei danni immediati derivanti da tempeste geomagnetiche, siamo ugualmente interessati dalle GIC che, scorrendo, con il tempo possono far sì che, ad esempio, gli elementi della rete di distribuzione accelerino il loro deterioramento. Penso quindi che, anche alla luce di questi risultati, quello che dovremmo porci come obiettivo comune dovrebbe essere l’approfondimento degli effetti delle GIC alle medie e basse latitudini attraverso un progetto di studio e ricerca integrato tra le varie realtà europee.

Quali saranno i passi futuri dell’INGV nello studio di questa materia?

Ad oggi, la stima del rischio da GIC che abbiamo fatto è stata realizzata utilizzando dei dati magnetici. In realtà, per fare una stima del rischio più precisa, dovremmo poter disporre di un modello di conducibilità del nostro territorio abbastanza dettagliato. Inoltre, anche attraverso dei contatti e delle collaborazioni ad hoc con i gestori della rete elettrica, sarebbe bene poter aver accesso a informazioni sulla rete elettrica, poter misurare le GIC, sapere esattamente i livelli che raggiungono e in quali condizioni dell’attività solare. Anche se, chiaramente, il primo obiettivo alla base di tutti quelli elencati finora è quello di continuare a studiare la fisica del fenomeno per conoscerlo sempre meglio e, dato che le GIC sono l’ultimo anello di una catena di eventi che comincia sul Sole, farlo coinvolgendo professionalità diverse, dal fisico solare a quello magnetosferico.