spazio vuoto logo alto

ICONA Facebook    ICONA Youtube666666   ICONA Flickr666666   ICONA Youtube666666   INGV ICONE social 07   INGV ICONE social 06   ICONA Facebookr999999

ricercatoreCarta d’identità

Nome: Giovanna Lucia Piangiamore
Anni: 44
Qualifica: Ricercatore III livello
Sede: Portovenere Sezione Roma 2
Campo di attività: attività di ricerca nell’ambito geofisico di esplorazione di campi di geopotenziale (magnetismo, gravimetria) e in ambito della comunicazione della Scienza (sperimentazioni didattico-divulgative quali geoeventi, geoattività, laboratori, giochi scientifici a squadre, di ruolo e da tavolo, videogiochi educativi, mostre, percorsi attivi di scoperta, didattica museale, …)
Colore preferito: Bluette

 

 

 

 

 

“Giovanna, la prossima volta la dividiamo in due questa intervista, ok?”

Avrei potuto dirglielo ma non l’ho fatto, perché Giovanna Lucia Piangiamore è così. Un vulcano pieno di entusiasmo, idee, il tutto shakerato da una parlantina incontenibile. Ti inonda con la sua voglia di realizzare e passione che, lo ripetiamo sempre, è lo strumento che smuove tutto e che ti dà quello slancio in più per fare bene nella vita. Paladina dei più deboli, sempre pronta per un consiglio, un’Amica con la A maiuscola per chi riesce ad entrare nelle sue grazie… Ma andiamo a scoprire chi è Giovanna: troverete un ritratto (forse) inedito di una donna che ha ottenuto (calcisticamente parlando) tutto sul campo da gioco, dando il massimo per sé e per la sua squadra, lottando su ogni pallone… Minuto dopo minuto… Senza mai sedersi in panchina o in tribuna. 

Cosa o chi ti ha avvicinato al mondo della scienza? 

Il merito è del mio professore di scienze del Liceo Scientifico di Caltanissetta. Lo studio delle scienze della Terra si affronta in quinto anno e me la fece amare così tanto da lasciare le mie idee di diventare interprete per iscrivermi a geologia con stupore di tutti in famiglia. Nella vita incontriamo delle persone che senza saperlo ci indirizzano su percorsi nuovi e sono importantissime per il nostro futuro. È proprio vero che, come diceva Socrate «L'insegnante mediocre racconta. Il bravo insegnante spiega. L'insegnante eccellente dimostra. Il maestro ispira». Io ho avuto la fortuna di incontrarne più di uno che mi ha ispirato anche su tematiche di ricerca “originali” che porto avanti oggi.

Da bambina cosa sognavi di diventare “da grande”? 

Ho uno sbiadito ricordo che oscilla tra ballerina e maestra, in fase di orientamento ero sicura di voler studiare materie scientifiche, ma ero in dubbio su cosa avrei fatto “da grande” e mi vedevo interprete (del resto avevo una professoressa d’inglese meravigliosa al liceo scientifico: ricordo ancora il romanticismo di Byron e Shelley studiato con lei… sarà un caso che sono finita a vivere nel Golfo di La Spezia, noto come Golfo dei poeti in loro omaggio?). Mi hanno sempre detto che sarei stata un ottimo avvocato con la mia parlantina convincente e ho pensato seriamente di diventarlo, ma col mio grande senso di giustizia da brava bilancia, mi vedevo penalista in difesa degli afflitti e un avvocato deve difendere anche chi sa essere il colpevole. Poi il colpo di testa di iscrivermi a Scienze geologiche indirizzo geofisico a Catania e la voglia di fare un lavoro di esplorazione prettamente maschile, magari su una piattaforma petrolifera ENI.

Potresti difendere i diritti dei ricercatori, ci hai mai pensato?

Più che altro mi ci hanno fatto pensare gli altri, vedendomi combattiva e paladina di giustizia a spada tratta, insistendo perché mi proponessi come RSU per il sindacato (dei ricercatori e persino degli insegnanti!), ma nonostante le insistenze un paio di volte negli ultimi anni, nessuno è mai riuscito a convincermi. Già stento a ritagliarmi un po' di tempo libero e godermi famiglia e affetti. Il nostro lavoro è spesso una guerra in ambiente molto competitivo e non sempre leale, ma sicuramente spietato. Difendo e conforto in privato, fornendo sostegno, aiuto informazioni, solidarietà ed esperienza laddove ne ho. Bisogna staccare un po'. Lo dobbiamo a chi ci ama e, innanzitutto a noi stessi. Fuori c’è un mondo colorato da vivere.

Che materie ti appassionavano a scuola? 

Matematica mi è sempre piaciuta: facevo i compiti subito come fossero un gioco e poi, vuoi mettere la soddisfazione di riuscire a svolgere gli esercizi difficili che non riuscivano dopo esserti scervellata da sola? Impagabile. Ma mi piacevano molto tutte le materie, tranne storia, che trovavo un noioso elenco mnemonico di battaglie. Se mi avessero fatto studiare la storia come critica storica di sicuro l’avrei adorata. Me ne accorgo oggi, che me ne interesso molto più che allora, e ho capito quanto sia importante conoscere il passato in modo ragionato per comprendere il presente ed essere preparati al futuro. L’ho esperito nella tesi di laurea in sismologia storica, quanto sia affascinante ricostruire gli scenari di danno del passato e la storia sismica di una città, molto più del calcolo della pericolosità, ma questa è un’altra faccenda.

Che adolescente eri?

Ribelle, ma molto ligia al dovere. Sempre tra i primi della classe, ma mai presa per secchiona: quanti compiti di matematica e latino ho passato ai compagni durante le prove scritte salvandoli dai brutti voti! Sempre studiosa e impegnata (scuola, danza e pianoforte), adoravo uscire e andare in comitiva, ma uscire non era scontato, quindi sono stata l’apripista di mia sorella e ho lottato per allungare gradualmente il mio orario di rientro il sabato sera e persino per avere il permesso di uscire tutti il sabato sera. 

Visto quello che mi hai appena raccontato immagino che eri una che si buttava a capofitto a difesa di compagni e amici in difficoltà…

Sempre. Bravissima a tagliare i ponti con chi non lo merita o mi pugnala alle spalle, mai smetterò di investire energie nei rapporti umani e di perseguire ciò che reputo giusto. Se lo facessimo di più e si smettesse di subire il bullo di turno, che poi, se ben ci riflettiamo, è il più sfigato di tutti, che fuori dal contesto in cui opera SOLO perché un gruppo di ignavi glielo consente, sembra piccolo e meschino, di sicuro avremmo TUTTI un mondo migliore. 

C’è stato un “mito” di riferimento a cui ti sei ispirata? 

Non mi viene in mente nessuno in particolare, ma ho sempre ammirato le figure femminili forti e anticonformiste, che con coraggio hanno scritto la storia tipo Giovanna D’Arco. Se fossi nata nel Medioevo, sarei finita sul rogo presa per strega di sicuro. Quante volte l’ho pensato. Non che oggi siamo più civili.

Dove ti sei laureata e che ricordi hai del tuo percorso universitario? 

All’Università di Catania, anni bellissimi di cui ricordo le serate con nuovi amici, il senso di indipendenza in una città così dinamica che mi è rimasta nel cuore (stavo a Catania da lunedì a venerdì e tornavo a casa a Caltanissetta ogni week-end), notti di studio quando capitava di avere due esami sovrapposti alternate a periodi di uscite fino a tardi e lezioni al mattino presto nonostante la stanchezza. E quel caldo infernale degli esami di luglio quando studiare era faticosissimo. Anni felici e spensierati in cui pian piano sono venuta fuori con la mia tenacia reagendo in modo combattivo alle prime delusioni. Mai potrò dimenticare il mio primo esame universitario andato male per un qui pro quo all’orale con un assistente che voleva sapere per forza una dimostrazione riguardo un teorema di analisi matematica che il professore aveva espressamente detto e ripetuto di non studiare, perché non funzionale a un geologo. E mi rimandò nonostante lo scritto col voto massimo. Dovetti rifare tutto da capo e mi presentai senza nemmeno ripassare all’appello successivo preparando un’altra materia per non perder tempo. Non mi rimandarono mai più, ma capii che non basta essere preparati aver successo: una lezione amara di vita.

Il momento più emozionante della tua carriera? 

Ce ne sono tanti. Mi spiazza un po' questa domanda. Io sono una passionaria e le emozioni sono sempre mie compagne. Il primo forse è stato la laurea, un traguardo raggiunto dopo tanti sacrifici, perché in regola nonostante l’ultimo anno con una brutta quanto inattesa piastrinopenìa, che mi ha insegnato molte cose su ciò che conta davvero nella vita. Non sapevo cosa mi attendesse, ma non avevo alcun dubbio di non aver sbagliato a intraprendere la via della Geoscienze e della Geofisica anche se tutto era incerto, tranne una cosa: che mi sarei presa tutte le opportunità che la vita mi avrebbe offerto. Avevo pronto il biglietto aereo per Pisa e il giorno dopo ero al master di Geofisica a la Spezia e avevo superata una selezione per la borsa studio ad un corso di GIS a Firenze. Da quando sono guarita, ho fatto sempre “le cose a quattro a quattro”, come si dice in Sicilia, senza mai perdermene una.

Invece il momento più emozionante nella tua vita privata? 

Sarò banale, ma è senza dubbio il mio matrimonio. Quel giorno rimane l’unico mix emotivo indescrivibile pure per una chiacchierona come me. Uno status di grazia emotivo che mai più credo proverò qualsiasi cosa io possa fare e ovunque io possa andare. 

Cosa pensi che saresti diventato se non avessi fatto la ricercatrice?

Un’insegnante o un’organizzatrice di eventi, di sicuro un lavoro di alto contatto umano e socialità. Del resto un po' lo faccio anche da ricercatore. Mi dà grande soddisfazione sentirmi utile avvicinando il nostro mondo della ricerca alla Società. Adoro i ragazzi e il mio tema principale in tutti gli eventi speciali e i progetti INGV per la scuola cerca sempre di dare grande spazio all’EDUCAZIONE ai rischi naturali e alla sostenibilità. Per me non è solo divulgare scienza, ma renderla utile ai bisogni importanti di tutti, in primis per la sicurezza e la consapevolezza che ognuno di noi può e DEVE fare qualcosa. Ce l’ho nel sangue credo e le mie esperienze di insegnamento mi hanno arricchito e segnato anche in questo.

Cosa pensi dei ragazzi di oggi? Pensi sia ancora più difficile coinvolgerli su queste tematiche?

I ragazzi sono i più penalizzati in questo momento storico. La fascia di età più delicata degli adolescenti è in DAD e passa le giornate isolata a casa davanti al PC. Questo non solo compromette il rendimento scolastico ed è demotivante, ma non favorisce certo l’educazione. Chi non si impegna e si distrare, come deve passare il tempo on line? Oggi più che mai le tecniche comunicative e didattiche devono essere adeguate. Interessare, incuriosire, insegnare a riconoscere le fonti autorevoli devono essere obiettivi prioritari per coinvolgere i giovani. Metodi innovativi gli Episodi di Apprendimento Situato (EAS) possono essere la chiave di una scuola moderna. Progetto e sperimento EAS da quando sono stati introdotti in Italia 5 anni fa e i consensi che stiamo riscontrando in questi giorni della settimana dedicata alle scuole (23-27 novembre) in occasione della Notte Europea del Ricercatore 2020 sono la prova che c’è bisogno di didattica attiva per gli studenti e di valutazione autentica per gli insegnanti. Tutto ciò lo riscontro in questa metodologia didattica. Saper supportare la scuola in questo momento deve essere il cuore della terza missione che, per quanto mi riguarda, porto avanti dal 2004 con passione. Tutti gli insegnanti iscritti alla ERN ci stanno scrivendo commenti di ringraziamento per l’entusiasmo che abbiamo suscitato nei loro studenti e di interessamento per approfondire questa metodologia così adatta per rendere vivace e attiva la DAD cui sono costretti per adesso. E il bello è che, se progettiamo EAS sulle tematiche INGV, stiamo rendendo partecipi dei nostri temi di ricerca le future generazioni e i loro insegnanti. Direi che è un meraviglioso mutuo scambio che rafforza la coppia Scuola-Ricerca, che va assolutamente rafforzata. Tutti dobbiamo metterci in gioco e fare i conti con la virtualità come unico strumento di contatto. Strumento che ci prima di toccarci e stare fisicamente vicini, ma che in un evento ci fa raggiungere tutta Italia. In una diretta streaming arriviamo a centinaia o poche migliaia di ragazzi: questa è una grande opportunità se sappiamo sfruttarla a nostro vantaggio.

Da quanto tempo sei all’INGV?

Da una vita, posso dirlo? Laureata nel 2001, faccio il master presso il Consorzio Universitario della Spezia UNIPI che poi diventerà pochi anni dopo INGV sede di Portovenere. Da lì mai mi sono mossa in una lunga e continua gavetta fatta di dottorato con l‘Università di Catania con l’accordo di fare gli studi qui a la Spezia, seguito da assegni di ricerca del CNR di Genova con lo stesso accordo di lavorare presso INGV e poi assegni di ricerca INGV veri e propri, seguiti da contratti a tempo determinato INGV e finalmente il ruolo dal 2018. Non è forse una vita?

Beh si, direi di si…pensi che il precariato ti abbia dato una spinta in più nel mostrare il tuo “valore”?

Per nulla. Il precariato è abusato e mortifica i meritevoli obbligandoli ad una gavetta eterna e mortificante, mentre altri saltano tappe con scorciatoie non certo dettata da criteri meritocratici (salvo eccezioni ovviamente). Certo, se da solo sei capace di trovare fondi, vincere finanziamenti, coordinare progetti, mentre sei in cattività, non possono non riconoscertelo prima o poi, ma non è affatto scontato. I più si arrendono e cambiano completamente contesto lavorativo o accettano la via del compromesso, che può avere mille forme pur di essere assunti a qualsiasi costo. Coraggio e resilienza sono la chiave per raggiungere i propri traguardi personali.

Qual è la prima cosa che fai quando torni a casa? 

Bacioni, bacioni e ancora bacioni al mio bimbo di quasi 10 anni. E poi la trottola per fare tutto ciò che serve, innanzitutto la cena. So già che il mio golosino mi chiederà: “Mamma, che ci mangia oggi?”.

Come hai vissuto questo periodo di lockdown?

All’inizio male: l’ho trovato molto angoscioso e umanamente mortificante, anche se ci ha fatto stare con i nostri cari come mai si riesce. Il bene più prezioso che abbiamo è la libertà. E toglierlo a uno spirito zingaro come il mio che ama vedere sempre nuovi posti, incontrare nuove persone, respirare la vita a 360 gradi, vuol dire togliergli l’aria. Continuo a ritenere che la libertà sia più preziosa della salute nonostante tutto. Ora va meglio e devo dire che un lato positivo c’è per il mio lavoro: seppur rinunciando al tanto agognato contatto che resta fondamentale, virtualità così diffusa significa essere più visibili e accorciare le distanze, essere coinvolti con più facilità in progetti con colleghi lontani per lavorare insieme. Reinventare le attività in modalità on line, è molto impegnativo, perché comporta impadronirsi di nuove tecniche ed essere ancor più creativi in un continuo rimettersi in gioco, ma ha il vantaggio di raggiungere moltissime persone durante un evento.

Qual è, secondo te, la scoperta scientifica che cambierebbe la storia della scienza? 

Una “medicina di precisione” capace di terapie personalizzate in base alla genetica ed allo stile di vita del paziente, che supererebbe molti limiti dell’approccio attuale a misura unica.

Una città che hai visitato che ti è rimasta nel cuore e una in cui hai sempre sognato di trasferirti? 

Città che mi è restata nel cuore ma dove non vivrei è Venezia, con la sua atmosfera magicamente unica. Quella dove mi piacerebbe per vivere è Catania, ma anche Milano mi ispira. Di sicuro sono un topo di città. Città vivace e ricca di proposte culturali interessanti, se c’è il mare poi è il top. La campagna (e la montagna) splendida, ma solo per un week-end di relax.

Quali sono stati i tuoi viaggi più belli? 

Il viaggio di nozze negli Stati Uniti: praticamente un tour de force che ha alternato città come San Francisco, Los Angeles, Las Vegas e New York ai grandi parchi mozzafiato per un geologo come Yosemite, Death Valley, Zion, Grand Canyon, Bryce e Antelope Canyon. Il mio geospirit ha anche esultato in Islanda ad un meeting di progetto europeo. La terra dei geyser e dei vulcani, tempestata di cascate meravigliose e il sole di mezzanotte di giugno mi sono rimasti impressi.

Cosa ti sarebbe piaciuto scoprire, tra le scoperte del passato? 

Che la terra non è piatta e dimostrarlo. Pensa una donna che debba convincere di questa teoria un tavolo di uomini tradizionalisti. 

Qual è la tua principale inquietudine?

Lasciare a mio figlio in eredità un mondo malandato dove i più sono un gregge asservito e il coraggio è in estinzione, dove pochi si ribellano ai soprusi e alle ingiustizie e spesso fanno finta di non vederli per non esporsi. Inoltre temo che lo scenario post-pandemico non ci restituisca la meravigliosa vita che non sapevamo di avere e che la paura della malattia sia una condizione di non-vita che perdurerà in molti cuori a lungo purtroppo. Baci e abbracci sono la cura di tutti i mali e dobbiamo riappropriarcene.

Secondo te, quindi, questa pandemia non ci porterà nulla di buono sotto il profilo dei rapporti umani? Pensi che l’individualismo sarà sempre più preponderante?

Da una parte ci sta allontanando in modo molto pericoloso, dall’altra ci rende più sensibili e vicini. Temo che molti non saranno più capaci di grandi dimostrazioni di affetto per lungo tempo. E senza baci e abbracci non è vita. Senza stringersi la mano nemmeno in chiesa, senza passare a scuola una penna al bimbo che l’ha esaurita,… rischiamo di finire tristi e separati come nel dipinto di Walter Molino del 1962 dal titolo “Vita nel 2022”. Si fa presto a cambiare abitudini e non stiamo educando certo alla solidarietà se per non toccarti finisce che ti lasciano a terra se cadi per strada. L’individualismo però sta stretto alla lunga, perché diventa solitudine e la solitudine deprime. In qualche caso le difficoltà uniscono e innescano umanità, proprio quella che ci viene negata dalle regole ferree anticontagio di distanziamento sociale (pensiamo a chi muore solo in ospedale senza poterli più rivedere nemmeno per l’ultimo saluto). E poi, tra un convegno in streaming e due chiacchere al coffee break o alla cena di gala, cosa credete che sia più proficuo per scambi e innesco di nuove collaborazioni?

La conversazione che non hai mai fatto e che ti sarebbe piaciuta fare…con chi?

Hermann Hesse, gli chiederei della sua vita inquieta, della meravigliosa ricerca del sé che leggiamo nelle sue opere (che splendida lettura di tanto tempo fa “Siddhartha”). Lo reputo uno scrittore capace di innescare profonde riflessioni su noi stessi. 

Come ricercatrice è sempre tutto spiegabile?

No che non lo è: la Scienza è prova, spesso fallimento, tentativo rinnovato, incertezza. L’importante è perseverare, impegnarsi e non stancarsi mai di domandarsi il perché dei fenomeni e cercarne la spiegazione. Avere una visione integrata del sistema in studio. Per questo sono qui: lo devo al professore ispiratore di qualche domanda fa, che nelle interrogazioni biologia, chimica e geologia del liceo domandava “Perché”. Rispondevi e poi di nuovo domandava “Perché?” e poi di nuovo, e ancora, e ancora, allo sfinimento. I più tornavano al posto piangendo con un 4. Io quando trovavo il suo 7 o 8 insperato in pagella credevo di aver scalato l’Everest. Valeva più dei 10. Fare scienza vuol dire domandarsi sempre il perché delle cose e cercare la risposta con pazienza e impegno, senza arrendersi mai.

La tua promessa mantenuta e quella che non sei riuscita a mantenere…

Le ho sempre mantenute tutte. Infatti non faccio mai promesse.

Il tuo amore a prima vista?

I tramonti. Assolutamente. Sono la massima espressione della natura che ci sa ogni giorno uno straordinario regalo con la sua tavolozza di colori.

Qual è il tuo X-Factor? 

Dice mio papà “Hai la testa dura come le pietre di Catania”, praticamente basaltica… Tenacia e fermezza, ma, soprattutto, empatia, umanità e disponibilità. Mi accorgo che a volte risulto travolgente col mio entusiasmo contagioso. Molti mi adorano, ma qualcuno mi eliminerebbe. Del resto non si può piacere a tutti. 

Ti piace lo sport? 

Sono un tipo da palestra e piscina.

Ne hai mai praticato qualcuno? 

Fit-box mi piaceva un sacco, ma non posso più praticarla da tanti anni per la schiena che mi ritrovo, quindi mi accontento di acqua fat attack e simili in piscina (con musica a go go per scaricarsi), nuoto, matwork e pilates (mi sa di vecchietta, ma per raddrizzarsi sono miracolosi). Ci vuole manutenzione. 

Ascolti musica? 

Sempre, soprattutto se sono sola: per esempio in macchina, ma anche a casa.

Qual è il tuo genere preferito? 

Pop e dance. Voglio andare in discoteca!

Libro preferito? 

“L’ombra del vento” che fa parte della tetralogia Il cimitero dei Libri dimenticati di Carlos Ruiz Zafon. Che dispiacere che ci abbia lasciato in questo periodo pandemico! E’ un romanzo che mi ha completamente conquistata, affascinata e sorpresa col suo stile originalissimo tra il thriller, il sentimentale e lo storico, che tiene alta l'attenzione per tutto il tempo. La misteriosa biblioteca in cui sono conservati tutti i libri destinati a perdersi, i cui visitatori che scelgono un libro si impegnano a non abbandonarlo mai, mi sembra di vederla immersa nella notte di una decadente e misteriosa Barcellona. Emozionante!

Se dovessi ricordare un tuo “primo giorno” quale ricorderesti? 

Il primo giorno del master in giornalismo e comunicazione scientifica all’Università di Ferrara: ci chiesero di pensare a un’immagine, video, film o metafora che ci rappresentassero. Una notte di tempo. Mi scervellai e poi mi venne in mente la parola RESILIENZA, che da allora (era il 2015), mi sento calzare a pennello. In realtà mi contraddistingue da sempre, solo che non lo sapevo.

Cosa fai quando non sei a lavoro? 

Cerco sempre uno spazio per vedere gli amici e stare con le persone che mi fanno stare bene. Non solo famiglia e incombenze quotidiane.

Hai un posto del cuore?

La casa a mare dei miei genitori a Marina di Palma a due passi da Agrigento. Lì non puoi non sentirti in pace: ti svegli col mare di fronte e quella vista meravigliosa la porti con te tutto l’anno in attesa di ritornarci.

La tua maggior fortuna? 

I miei genitori, sempre un grande sostegno nei momenti più bui, sempre un riferimento nelle peggiori prove della vita. Non c’è maggior ricchezza del loro esserci nella malattia, nella delusione, nelle ingiustizie. E nei momenti felici ovviamente! Stiamo poco insieme perché sono in Sicilia, ma ci sentiamo due volte al giorno e riabbracciarsi è sempre così bello.

Nella tua valigia non può mai mancare? 

Un costume. Magari c’è la spa in albergo, una piscina o il mare vicino. Non si sa mai…

In cucina sei più da dolce o da salato? 

Salato, salato, salato. Tavola calda siciliana e sua maestà l’arancina in pole position. Pizza e pasta. Anche se pure i dolci… diciamo che sono buongustaia.

Piatto preferito? 

Parmigiana di melenzane, seguita da caponata (non si vede che sono siciliana, vero?) e cannelloni ripieni di spinaci e ricotta con la ricetta delle care proziette arricchita da un ingrediente segreto.

Ti piace cucinare? 

Tantissimo. Che soddisfazione quando piace cosa crei in cucina con fantasia!

Una cosa che hai capito “da grande”? 

Che gli amici li vedi nel momento del bisogno. Vale per le delusioni più grandi che ti fanno risuonare in testa che non ti devi fidare di nessuno, perché per piccoli tornaconti personali molti sono capaci delle peggiori azioni a tuo danno. Per fortuna però vale anche in positivo: quando qualcuno ti stupisce per come rischia e lavora per aiutarti nei tuoi momenti peggiori. E con un suo gesto, può cambiare il tuo destino. 

Quanto conta per te l’amicizia? Hai tanti amici?

Moltissimissimissimissimo… Tutti dicono che gli amici veri si contano sulla punta delle dita. Vero è che sono pochi quelli che è possibile definir tali e mai bisogna usare superficialmente la bellissima parola “amico”, ma posso ritenermi fortunata, perché io ci sono sempre per tutti, ma più di qualcuno c’è sempre per me e mi sostiene e conforta come un pilastro saldamente ancorato al terreno. Non conta se è lontano, non importa sentirsi spesso, c’è e basta. Poi se mi serve uno psicologo super professionista di quelli che ti conosce come le tue tasche e ti fa riflessioni degne di un alter ego, chiamo la mia amica dalla terza elementare (perché scuola primaria non rende, scusatemi), che non si è mai mossa da Caltanissetta mentre io trottolavo da Catania a Pisa a Firenze a la Spezia e per il resto del mondo, ma siamo state sempre sulla stessa lunghezza d’onda e sempre insieme nel posto più bello che c’è dentro di noi: i pensieri del cuore.

Cosa conservi della tua infanzia? 

Il ricordo di nonni e zii (in realtà prozii, ma come altri nonnini per me). Non ricordo quasi mai i sogni, ma quando ho attraversato le mie tempeste personali, mi è capitato di sognarli in situazioni pericolose e terribili ed erano una presenza rassicurante, una speranza accesa. E poi nella realtà tutto si risolveva dopo tanti guai e tornava il sereno. A volte mi vengono in mente da sveglia come se fossero angeli custodi vicini, presenze invisibili che ti proteggono.

Ultima domanda: qual è la canzone che non smetteresti mai di ascoltare? 

“Vogue” di Madonna.