I vulcani rappresentano un aspetto peculiare del territorio della Campania, elementi caratteristici del paesaggio, ma anche potenziale fattore di rischio per gli abitanti. I complessi vulcanici che circondano Napoli e la sua provincia, a sudest il Somma-Vesuvio, a nordovest i Campi Flegrei, a ovest Ischia, hanno avuto manifestazioni eruttive in tempi storici, con caratteri e modalità proprie, e con eruzioni che apparivano come spettacoli grandiosi, talvolta innocui, talvolta catastrofici. Attualmente queste tre aree sono quiescenti, ma ancora attive. Ma esistono anche altri vulcani in Campania. Il vulcano Roccamonfina, a nord di Caserta, è considerato estinto, l’ultima eruzione dell’isola di Procida, che non manifesta più alcun segno di attività, è avvenuta circa 22.000 anni fa. Tutti si sono formati all’interno della Piana Campana, una zona ribassata, denominata con termine geologico “graben” o fossa tettonica, delimitata a nord dal monte Massico e a sud dalla penisola sorrentina, che si è formata in seguito allo stiramento del bordo occidentale dell’Appennino meridionale, lungo faglie ad andamento nordovest-sudest e nordest-sudovest. La Piana Campana è riempita da sedimenti, continentali e marini, intercalati a depositi vulcanici. I movimenti tettonici che hanno prodotto la Piana Campana hanno determinato la formazione in profondità e la risalita dei magmi che hanno alimentato il vulcanismo recente. Nonostante il vulcanismo attivo in epoca storica e preistorica, la presenza umana in Campania è documentata da alcune decine di migliaia di anni.
Il Somma-Vesuvio
Nel 2010 la rivista Time lo colloca al primo posto della lista dei dieci vulcani più famosi al mondo (link:
Nel monte Somma si riconoscono i resti di un antico vulcano parzialmente distrutto da eruzioni esplosive che hanno prodotto una caldera sommitale, al cui interno si è accresciuto il cono più recente del Vesuvio. Questo spiega il suo inconfondibile profilo, a due cime, visibile da Napoli. Non si può dire che sia un vulcano giovane: l’età delle rocce vulcaniche più antiche, ritrovate in perforazioni, risale a 400.000 anni fa. Il complesso vulcanico visibile in superficie, tuttavia, ha un’età inferiore ai 39.000 anni. Il monte Somma si è formato tra 39.000 e 22.000 anni fa, grazie a un’attività eruttiva prevalentemente effusiva, con episodi di moderata esplosività.
Al Vesuvio invece si sono alternate eruzioni esplosive di grande energia (pliniane e sub pliniane), precedute da intervalli di riposo di centinaia o migliaia di anni, e periodi “a condotto aperto”, con attività vulcanica effusiva o poco esplosiva. Dopo il 1631, anno dell’ultima grande eruzione esplosiva, l’attività del vulcano è stata semipersistente e di moderata energia. Le eruzioni frequenti e spettacolari dei secoli successivi hanno incuriosito e affascinato i visitatori, rendendo il vulcano meta di scienziati, viaggiatori, letterati e artisti provenienti da tutto il mondo. L’ultima eruzione è avvenuta nel 1944. Da allora il vulcano è quiescente e la sua attività consiste in una moderata sismicità (circa 6.600 terremoti registrati negli ultimi 10 anni) e in emissioni fumaroliche al cratere.
I Campi Flegrei
I Campi Flegrei sono un campo vulcanico caratterizzato dalla presenza di una caldera, un’area ribassata che si è formata per sprofondamento del tetto di una camera magmatica superficiale durante eruzioni esplosive, e di piccoli centri vulcanici, quasi tutti monogenici, originati cioè da un’unica eruzione. La caldera è in parte emersa e in parte sommersa. La parte emersa comprende i Campi Flegrei e parte della città di Napoli, mentre quella sommersa include la Baia di Pozzuoli e parte della Baia di Napoli. L’attività vulcanica è dominata da eruzioni esplosive, con rari eventi effusivi. Cominciata più di ottantamila anni fa, è continuata, con lunghi periodi di riposo, fino all’eruzione del Monte Nuovo del 1538. L’eruzione più importante è stata quella dell’Ignimbrite Campana, avvenuta 39000 anni fa. Questa eruzione non provocò solo la totale devastazione dell’area, trasformandone l’assetto geologico e morfologico, ma ebbe anche profondi effetti sul clima e sull’ambiente nell’Europa mediterranea. Dopo l’altra grande eruzione esplosiva del Tufo Giallo Napoletano, di 15000 anni fa, l’attività vulcanica si è sviluppata all’interno della caldera. L’ultima eruzione è avvenuta nel 1538 e ha prodotto il piccolo cono del Monte Nuovo. Oggi i Campi Flegrei sono sede di attività fumarolica e idrotermale che perdura da millenni, e di ingenti deformazioni del suolo (bradisismi), accompagnate da sismicità e variazioni della composizione dei gas fumarolici. L’attività idrotermale ha favorito la costruzione di terme, utilizzate per svago e cure mediche, fin dall’epoca romana.
L’isola d’Ischia
Uno dei benefici derivanti dal vivere in un’area vulcanica è la presenza di acque termali. Lo sanno bene in Islanda, dove il termalismo alimenta un fiorente turismo naturalistico e del benessere. Anche a Ischia una parte significativa dell’economia isolana è basata sul turismo termale, per la diffusa presenza di fanghi e acque calde e mineralizzate, che hanno origine dalla natura vulcanica dell’isola. L’isola d’Ischia è un campo vulcanico la cui ultima manifestazione eruttiva è stata la colata lavica dell’Arso, nel 1302. Quella che emerge in superficie è parte di un grande apparato vulcanico che si eleva per più di mille metri dal fondo del mare. Il principale rilievo dell’isola, il monte Epomeo, 787 metri sul livello del mare, non è un vulcano ma si è formato a causa del sollevamento di rocce depositate sul fondo di una caldera situata nella parte centrale dell’isola, grazie alla spinta esercitata da una intrusione magmatica. L’eruzione più importante è quella del Tufo Verde del Monte Epomeo, avvenuta circa 55000 anni fa. Deve il suo nome al caratteristico colore prodotto dall’alterazione di depositi vulcanici prodotta dal contatto con acqua marina. Negli ultimi diecimila anni l’isola è stata teatro di un intenso vulcanismo. Oggi è caratterizzata da un’attività fumarolica e idrotermale e da una sismicità sporadica ma intensa. Un terremoto devastante distrusse nel 1883 il borgo di Casamicciola, sul lato settentrionale dell’isola, causando oltre duemila vittime.
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