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“L’Ufficio Centrale di Meteorologia e Geofisica […] per un complesso di tristi vicende è in condizioni tali che non si può far altro che formulare l’augurio che sparisca al più presto”.

Queste dure parole, scritte dal presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) Guglielmo Marconi in una lettera al ministro delle Finanze Carlo Jung nel 1934, sintetizzano lo stato della geofisica istituzionale italiana di quel tempo.

newsletter10 geofisica istituzionale CasamicciolaCasaVescovo1883Marconi non era lontano dalla verità.  

A dispetto della propria lunga e prestigiosa tradizione in ambito geofisico, la geofisica istituzionale in Italia, rappresentata dall’Ufficio Centrale di Meteorologia e Geodinamica (UCMG), versava in condizioni oltremodo precarie.

“Nato nel 1876 come Ufficio Centrale di Meteorologia (UCM), ha avuto una storia molto travagliata fin dalle sue origini” ricorda Graziano Ferrari, dirigente di ricerca INGV e Responsabile del Progetto SISMOS, “caratterizzato da numerosi cambi di competenze, variazioni di personale e contrazione di bilanci, l’UCM non intendeva essere un ente di ricerca, bensì un ente di servizio per la raccolta e la sistematizzazione di dati della rete meteorologica italiana costituita allora da stazioni proprie e da altre afferenti a diversi enti pubblici e privati”.

A seguito di una serie di disastrosi terremoti e al consolidarsi di una rete privata di osservazione sismologica extra-istituzionale, undici anni dopo le competenze metereologiche dell’UMC vennero estese anche  alla geodinamica.

“Nel 1887 l’UCM diventa Ufficio Centrale di Meteorologia e Geodinamica (UCMG), per poi trasformarsi nel 1923 in Ufficio Centrale di Meteorologia e Geofisica. Ma, nonostante ciò l’Ente di fatto rimane a vocazione essenzialmente meteorologica, seppur con qualche punta di eccellenza nel campo del geomagnetismo e degli studi dell’alta atmosfera”, precisa Ferrari. “Fino al 1923 il nome dell’Ente tradisce, però, una sostanziale bipolarità fra le due discipline che costituiscono solo una parte delle componenti della geofisica”.

L’antica tradizione sismologica italiana all’UCMG continuò il suo percorso. Nel 1929 il sismologo Giovanni Agamennone, una delle figure istituzionali di punta del tempo, assunse la direzione del Servizio Sismico dell’Ufficio.

“Ma uno dei motivi che spinse Marconi a quella forte affermazione fu anche la sismologia presso l’UCMG, un settore cruciale non solo per la scienza ma anche per la società. La grande e prolungata influenza di Agamennone in ruoli chiave dell’UCMG, aveva in qualche modo rallentato lo sviluppo della nostra tradizione sismologica”, commenta Ferrari. “Le superficiali biografie costruite sull’enorme produzione scientifica - oltre 300 pubblicazioni – e sul credito di cui godeva da un parte del mondo scientifico nazionale e internazionale, non rendevano conto della, forse involontaria, responsabilità di Agamennone dell’arretramento della sismologia italiana nel panorama internazionale. Un esempio per tutti è dal sicuramente la sua ostinata opposizione all’introduzione di sistemi di smorzamento nei sismografi. Egli riteneva che essi alterassero la forma registrata del segnale sismico originale, che tuttavia si poteva ricostruire, successivamente, tenendo conto dei parametri dello smorzamento”.

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Il panorama geofisico italiano dei primi del Novecento differisce rispetto a quello degli altri paesi.  “Altrove si andavano diffondendo sismografi con smorzamento, i più noti quelli progettati da Emil Wiechert e Boris Galitzin, mentre l’UCMG continuava a installare e utilizzare anacronistici strumenti sismici senza smorzamento progettati da Agamennone. Per comprendere l’importanza dell’introduzione dello smorzamento nei sismografi basta ricordare che la sua introduzione ha consentito di riconoscere numerosi tipi diversi di onde che hanno aperto all’esplorazione dell’interno della terra”, puntualizza Ferrari.

Insomma, una svolta epocale nello sviluppo della sismologia.

“All’esterno, nel mondo delle università, degli osservatori astronomici, meteorologici e sismologici, pur con le difficoltà economiche che hanno caratterizzato da sempre in Italia il mondo della ricerca nelle scienze della terra, la tradizione di studi geofisici si era mantenuta. Ed è in questo bacino di giovani competenze che Antonino Lo Surdo, neo direttore dell’ING, attinse per dare corpo al nuovo ente, nella prospettiva di un’istituzione finalmente all’altezza della migliore tradizione scientifica italiana. Una ripresa testimoniata anche da alcuni dei primi strumenti realizzati dalle officine dell’ING nei primi anni di attività e di cui furono dotati i primi osservatori della rete nazionale del nuovo ente. Alcuni di questi esemplari sono esposti nella piccola mostra dell’evento celebrativo della nascita dell’ING”, conclude Ferrari.