Non sono sempre eruzioni da crateri sommitali, come gli eventi eruttivi dell’Etna in questi giorni. Quando il magma abbandona il condotto centrale e si insinua in fratture, può arrivare in superficie anche attraverso bocche eruttive che si aprono sui fianchi del vulcano, dando vita alle eruzioni “laterali”. le più pericolose per le popolazioni etnee, perché spesso avvengono a bassa quota, in prossimità delle aree urbanizzate, dove alla colata lavica non resiste alcun manufatto. Le eruzioni laterali sono alimentate da dicchi magmatici, strutture che si formano quando il magma si raffredda lentamente, solidificandosi, dentro le fratture della crosta terrestre. Studiare i dicchi dei vulcani significa, quindi, analizzare i loro sistemi di alimentazione, ponendo l’attenzione su uno dei fenomeni potenzialmente più pericolosi per le popolazioni che vivono in prossimità dei vulcani. Ben nascosti all’interno dei vulcani, i dicchi magmatici non affiorano in superficie fino a quando un evento erosivo o esplosivo non mette a nudo il loro interno più profondo, permettendo di studiarli.
E’ il caso dell’Etna dove la Valle del Bove, profonda circa 1000 metri, espone lungo le sue pareti i relitti di apparati vulcanici che hanno preceduto il vulcano attuale e che risalgono a oltre 100 mila anni fa. E lo stesso vale anche per altri vulcani italiani, come lo Stromboli, eroso sul fianco nord-occidentale dalla Sciara del Fuoco, o il Somma-Vesuvio, che espone ancora oggi una parte della profonda caldera creata dall’eruzione del 79 d.C. In tutti questi casi, l’affioramento di porzioni antiche degli apparati vulcanici permette di osservare anche i dicchi magmatici che hanno alimentato quelle primordiali eruzioni, dando l’opportunità di capire come funzionano i vulcani. Lo studio di questi antichi centri eruttivi è oggi reso più agevole attraverso il software FIERCE, elaborato da un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), dell’Università di Udine e del Instituto de Bio y Geociencias del NOA (Argentina) e pubblicato su Bulletin of Volcanology (doi:10.1007/s00445-017-1102-3). Si tratta di un software, facilmente ottenibile e utilizzabile dopo averlo richiesto gratuitamente agli autori, in grado di analizzare la disposizione geometrica dei dicchi, individuando la probabile posizione dei centri vulcanici che li hanno generati. I dicchi sono prodotti da intrusioni magmatiche sia superficiali (alcune centinaia di metri), che profonde (alcuni chilometri). Quelli superficiali hanno una distribuzione geometrica puramente “radiale” quando tutti i dicchi convergono verso un unico punto che rappresenta il centro vulcanico. Ma i dicchi superficiali possono avere anche una disposizione “tangenziale”, nel caso in cui essi si allineano lungo superfici semi-circolari come le pareti di una caldera.
Le intrusioni magmatiche profonde, invece, generano dicchi “regionali”, ovvero disposti lungo fratture della crosta terrestre profonde vari chilometri; in questo caso, quindi, la geometria dei dicchi non è più condizionata dalla forma degli apparati vulcanici che alimenta, ma piuttosto è determinata dalla disposizione di strutture tettoniche presenti nel substrato dei vulcani. Il software FIERCE permette di indagare tutte le tre combinazioni di dicchi sopra esposte, individuando quella più probabile, o più usata in passato, per ogni vulcano analizzato. FIERCE è stato testato su cinque vulcani dalle caratteristiche differenti: da vulcani ormai estinti ed erosi come il Summer Coon (Colorado, USA) e il Vicuña Pampa (Argentina), a vulcani attivi come l’Etna, lo Stromboli, ed il Somma-Vesuvio (in Italia), tutti caratterizzati dal franamento di un loro fianco o da profonde caldere. Il Summer Coon, profondamente eroso, è risultato un vulcano alimentato esclusivamente da dicchi radiali convergenti in un unico centro eruttivo. Nel caso dell’Etna e del Somma-Vesuvio i dicchi analizzati hanno indicato l’esistenza di centri vulcanici antichi con posizioni molto diverse rispetto al centro vulcanico oggi attivo. A Stromboli, invece, è risultato evidente come alcuni dicchi superficiali siano stati deviati delle pareti della Sciara del Fuoco, mentre altri sono risultati allineati a faglie tettoniche regionali. Nel vulcano argentino Vicuña Pampa, infine, FIERCE ha messo in evidenza due antichi centri eruttivi che hanno alimentato quel vulcano in tempi diversi, nonostante la profonda erosione che ha quasi completamente smantellato l’apparato eruttivo. Carniel, R., Guzmán, S. & Neri, M. (2017). FIERCE: FInding volcanic ERuptive CEnters by a grid-searching algorithm in R, Bull Volcanol 79: 19. doi:10.1007/s00445-017-1102-3.