La rinascita di strumenti antichi, dopo un danneggiamento, oltre a essere una prescrizione dello Stato, rappresenta l’occasione per una rievocazione del pensiero creativo di chi li ha ideati e del contesto storico-scientifico da cui hanno avuto origine
Se il castello cinquecentesco de L’Aquila, ferito dal terremoto del 2009, tornerà alle sue funzioni, rafforzato grazie a un imponente lavoro di ristrutturazione, alcuni tra i più interessanti strumenti storici dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) all’interno della fortezza, anch’essi danneggiati dal sisma, potranno tornare alla luce dopo una delicata operazione di recupero effettuata in casa INGV. La Sezione Roma2 vanta un luogo in cui ciò è possibile, operando secondo le norme standard del Catalogo Generale dei Beni Culturali e documentando (prima-durante-dopo) le modalità degli interventi effettuati per le varie tipologie di degrado. La metodologia seguita è sempre la stessa: analisi critica del contesto storico-scientifico, diagnosi e intervento di recupero. L'obiettivo: garantire il rigore scientifico nel momento della rivalorizzazione, conservando la materia e l'immagine storica del bene. Per preservare dal degrado e dalla distruzione i beni scientifici culturalmente riconosciuti come oggetti “di pregevole testimonianza avente valore di Civiltà”, una norma legislativa (D.L. n.137/2002 e successive modifiche) che dà precisi indirizzi agli Enti ‘possessori’.
Oltre al recupero dello strumento, si punta a un approccio il più possibile conservativo, mediante un procedimento storiografico delle competenze progettuali del passato. Molti gli attrezzi utilizzati: da una utensileria meccanica a quella dai nomi romantici come lo sgarzino (stilo con punte a lame per incidere e graffiare), il gratta bugie (penna animata in fibre di vetro o kevlar per rimuovere ossidi e concrezioni), l’ablatore, il bulino, il truschino, le mirette (forchette per modellare in situ paste e stucchi), lo specillo (stilo a punte inox per la pulizia meccanica manuale), i bisturi chirurgici, la pelle di daino (che pulisce anche il mercurio sporco), quella di squalo (per patine e ebanisterie) e altri semplici attrezzi che vengono auto-costruiti se necessario, fino alle più moderne tecnologie come le vasche a ultrasuoni per pulire i pezzi, anche non smontabili, mediante la cavitazione, il microscopio digitale e il laser portatile da restauro.
Fra le “creature rianimate”, il raro magnetometro tedesco Askania del 1940, detto Teodolite di Schmidt dal nome del suo ideatore Prof. Adolph Schmidt, direttore dell’Osservatorio Magnetico di Postdam. Lo strumento, donato all’Istituto Nazionale di Geofisica (ING) nell’ambito del progetto di ricostruzione post seconda Guerra Mondiale, l’European Recovery Program, il cosiddetto Piano Marshall, arrivò a L’Aquila agli inizi degli anni Sessanta e venne usato fino al 1976 per definire i valori assoluti del campo magnetico terrestre. Il suo uso, molto impegnativo, richiedeva tre ore e mezzo per effettuare una misura completa. Dal ’77 fu conservato nell’area museale del castello. Il magnetometro è stato riportato all’iniziale bellezza dopo dieci mesi di intervento sulla struttura, fortemente danneggiata per la caduta e durante la permanenza sotto le macerie. Grazie ai disegni tecnici dell’epoca si è potuto ricostruire il puntale serra-filo alloggiato nella testa di torsione, ricostruito integralmente in casa.
Di recente risistemazione anche la Cassetta delle Oscillazioni, altro strumento che lavora in tandem e a completamento del teodolite di Schmidt, per la misura della declinazione e dell’intensità della componente orizzontale del campo magnetico terrestre. L’entità dell’intervento conservativo ha riguardato la rimozione dei depositi e concrezioni e l’arresto del degrado mediante protezione passiva su tutti i materiali. Alla data attuale non sono stati ritrovati i componenti magnetici accessori mancanti. I due termometri a mercurio in dotazione, anch’essi dispersi, sono provvisoriamente sostituiti da esemplari simili, coevi ma non originali.
Altro interessante strumento è l’Induttore Terrestre Askania, acquistato dall’Istituto Nazionale di Geofisica nel 1951. Per questo geniale inclinometro, si è trattato del primo recupero completo dopo un forte deturpamento causato dalla caduta. Il lavoro minuzioso di ripristino, realizzato quasi completamente a mano, è stato favorito dall’architettura semplice degli elementi, facilmente scomponibili, e dall’assenza di precedenti irreversibili manomissioni. Rimangono ancora in lavorazione un declinometro di Grenet, fortemente danneggiato, utilizzato nello studio delle micropulsazioni del campo magnetico terrestre, variazioni rapide da pochi minuti a qualche frazione di secondo, la Bilancia di Scout, un magnetometro portatile e l’apparato magnetico integrato D-H-Z per la registrazione fotografica delle variazioni temporali del campo magnetico.
Diverse le collaborazioni sinergiche con differenti istituzioni, anche quelle scolastiche. Si è concluso da pochi mesi un progetto di alternanza scuola-lavoro con alcuni studenti dell'istituto di istruzione superiore "Leopoldo Pirelli" di Roma, con l'obiettivo di trasferire il metodo con cui si catalogano e reperiscono informazioni su strumenti facenti parte di collezioni museali. Il progetto ha prodotto risultati ha portato alla costruzione di un sito web, consultabile all'indirizzo ionos.ingv.it/ASL2017/index.html. Lo scorso anno un'attività simile è stata realizzata con alcuni studenti della scuola più antica d'Italia (nata nel 1871), il "Leonardo da Vinci" di Roma, per un progetto sulla ricognizione e ripristino degli strumenti del museo storico di fisica della scuola.