Nel 1845 Napoli fu la sede del VII Congresso degli Scienziati Italiani. Nel corso di quell'evento, il 28 settembre, si inaugurò il Reale Osservatorio Meteorologico sul Vesuvio, il primo osservatorio vulcanologico al mondo. L'istituto nacque allo scopo di osservare da vicino l’attività del vulcano e studiarne i comportamenti dietro forte sollecitazione di due naturalisti, Teodoro Monticelli, e Nicola Covelli, scienziati attivi nel regno delle Due Sicilie.
Il Vesuvio era in attività semipersistente. Dal 1631 le eruzioni si susseguivano con brevi intervalli di riposo e il vulcano rappresentava un pericolo concreto per le popolazioni che ne abitavano le aree circostanti. L'Osservatorio sarebbe diventato un luogo "deputato allo studio attuale e pratico" della Meteorologia e della Fisica Terrestre. L'edificio non era ancora stato ultimato ma, come riportato nel Diario del Settimo Congresso degli Scienziati Italiani, "grande fu il concorso degli scienziati a questa cerimonia", "bellissima e singolare", impreziosita dal discorso "dotto ed elegante, che fu da tutti vivamente applaudito" del suo direttore, Macedonio Melloni, designato per decreto borbonico alla guida del nuovo istituto nel 1839.
"Quando questo osservatorio sarà lentamente recato alla sua estrema perfezione, possa trarne alcuna di quelle grandi verità che sogliono, per occulti e inopinabili sentieri, asciugare una qualche parte delle lagrime onde ancora abbonda la specie umana". Così si augurava Melloni nel suo discorso, con toni necessariamente enfatici derivanti dal proprio ruolo. Le parole dello scienziato rispecchiavano comunque il fervore ottimista e innovatore del presidente del convegno e ministro dell'Interno del Regno Nicola Santangelo, fervore comune a larghi strati dell'aristocrazia e della borghesia, che vedevano nella scienza un importante elemento di coesione nell'Italia pre-unitaria.
Il congresso degli Scienziati Italiani e l'inaugurazione dell'Osservatorio furono salutati entusiasticamente anche da Laura Beatrice Oliva, la poetessa del Risorgimento italiano, che volle dedicare alcuni versi: "... qui della scienza un tempio erge all'amore Re saggio, e vi apre per tua man le soglie", e, rivolgendosi in particolare agli scienziati partecipanti al convegno: "... Son questi i figli onde beata sei, Italia, e che a grand'opre il cielo destina... e voi, ..., gioite: in questo suol da Dio sorriso uno è il saper d'Italia ed indiviso".
Il Settimo Congresso vide la partecipazione di 1613 scienziati, di cui 851 del regno delle Due Sicilie. Fu un momento di grande apertura del Re Ferdinando II alla cultura scientifica e al ceto intellettuale. Un momento, appunto, destinato a esaurirsi presto. Con le rivolte del Quarantotto e le conseguenti repressioni, anche alcuni degli scienziati furono colpiti. Melloni fu uno di questi, destituito dell'incarico e relegato in esilio nella sua abitazione di Portici.