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Figura1 231113 2cloudsRilevare in tempo reale la distribuzione spaziale di una nube vulcanica e stimarne altezza, massa e concentrazione è estremamente importante sia per mitigare l’impatto che le eruzioni hanno su ambiente e salute pubblica sia per ridurre il pericolo che rappresentano per l'aviazione. Oggi tutto questo può essere migliorato grazie ad una nuova tecnica basata sull’integrazione dei dati telerilevati da satellite e da terra, realizzata dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). Testato su diverse eruzioni recenti, iI metodo, denominato MACE (Multi-platform volcanic Ash Cloud Estimation), è stato presentato a Praga al Living Planet symposium organizzato dall'Agenzia Spaziale Europea (ESA).

Le particelle di cenere contenute nelle nubi vulcaniche sono estremamente pericolose per gli aerei in quanto possono provocare abrasioni sul parabrezza, fusoliere e turbine, fino a provocare il blocco dei motori. “I ben noti effetti nocivi delle particelle di cenere vulcanica sui motori a turbina degli aerei hanno provocato la chiusura di molti aeroporti europei durante l’eruzione del vulcano islandese Eyjafjallajökull nel 2010, lasciando milioni di passeggeri a terra e causando perdite economiche stimate in circa tre miliardi di euro”, afferma Stefano Corradini, ricercatore dell’INGV che assieme a Luca Merucci è responsabile dello sviluppo di MACE. “Per cercare di ridurre le perdite economiche, continuando a garantire la sicurezza dei passeggeri, è necessario fare un grande sforzo per migliorare l’accuratezza della rilevazione delle nubi vulcaniche in atmosfera e della stima dei parametri sorgente. Questi ultimi sono molto importanti per l’inizializzazione dei modelli di dispersione delle nubi stesse, con i quali è possibile prevederne l’evoluzione”.

Figura2 2015 12 04 09.38.19ctrMACE è stato sviluppato nell’ambito del progetto europeo APhoRISM (Advanced PRocedures for volcanIc and Seismic Monitoring, http://www.aphorism-project.eu/), il cui principale obiettivo è quello di sviluppare metodi e prodotti innovativi a supporto della gestione e per la mitigazione del rischio vulcanico e sismico. Il Dr. Salvatore Stramondo (INGV) è il responsabile del progetto e il consorzio comprende diverse Università e centri di ricerca italiani ed europei. “Attualmente l'attività vulcanica eruttiva viene monitorata utilizzando strumentazione satellitare e da terra che offre vantaggi e svantaggi”, spiega il ricercatore. “E’ infatti evidente che se i sistemi terrestri sono in grado di fornire una copertura continua nel tempo con un buon grado di accuratezza, la loro copertura spaziale è generalmente limitata a poche centinaia di chilometri. D’altra parte, i sistemi satellitari assicurano una copertura globale, ma, generalmente, meno accurata e puntuale”. L’idea che sta alla base di MACE è quella di integrare tutte queste informazioni per sfruttare la loro complementarietà. “MACE”, continua Corradini, “si basa sull’utilizzo dei dati del sensore SEVIRI a bordo del satellite geostazionario europeo della serie Meteosat Second Generation (MSG), che garantisce una ripetibilità delle misure da 5 (rapid scan) a 15 minuti. All’interno di tale intervallo temporale vengono integrate le diverse misure disponibili sia satellitari che terrestri. Sfruttando tale integrazione è possibile, ad esempio, ricavare informazioni sulle particelle emesse durante una eruzione in un ampio intervallo dimensionale (dai micron ai millimetri), migliorare la stima dell’altezza delle nubi, stimare la concentrazione della cenere in aria e, in prossimità del cratere, rivelare la nube vulcanica anche in condizioni di copertura nuvolosa”.

Un approccio già applicato a diverse recenti eruzioni (Eyjafjallajökull (Islanda) 2010, Calbuco (Cile) 2015, Etna (Italia) 2013 e 2015) e all’ultimo evento di Maggio 2016 dell’Etna. “Il progetto terminerà alla fine dell’anno e si sta già pensando ad una seconda fase con la presentazione di un nuovo progetto che avrà l’obiettivo di implementare la procedura in un sistema in grado di mettere a disposizione i risultati alla comunità scientifica e agli osservatori vulcanologici ", conclude Corradini.

Figura3 eruption etna dec2015 modis