Le immagini delle case e degli edifici pubblici ad Amatrice, Accumoli e in decine di frazioni a seguito del terremoto del 26 agosto scorso che, probabilmente, in altri paesi avrebbe creato danni modesti, hanno posto di nuovo e con urgenza una serie di interrogativi sulla qualità del nostro patrimonio edilizio e sulla effettiva possibilità di intervento per ridurne la vulnerabilità e renderlo antisismico.
I centri storici delle nostre città e quelli dei migliaia paesi distribuiti lungo la catena appenninica centro-meridionale, dalla Calabria alla Sicilia orientale, hanno sulle spalle oltre un secolo di vita (in alcuni casi molti secoli), e sono stati costruiti senza alcuna normativa sismica. Gran parte del territorio nazionale non ha avuto, di fatto, alcun vincolo di normativa antisismica fino a pochi anni fa. E dove era presente, almeno sulla carta, non sempre ha avuto esiti positivi. Come la situazione drammaticamente paradossale che si è verificata con questo terremoto. I tre comuni coinvolti risultano soggetti a norma sismica in tempi diversi: Amatrice dopo il terremoto del 1915, Accumoli dal 1927, Arquata del Tronto solo dal 1983. Ci si doveva quindi aspettare un livello di protezione sismica decisamente superiore per gli edifici del Comune di Amatrice. E invece la realtà si è dimostrata ben diversa.
E allora, che cosa possiamo fare per adeguare sismicamente, in tempi ragionevoli, il nostro patrimonio edilizio? E in che modo intervenire sul patrimonio monumentale di interesse storico artistico?Lo studio degli ultimi terremoti italiani, l’analisi dei casi storici, recenti e meno recenti, il confronto continuo con tante discipline ci ha insegnato molto.
Innanzitutto è urgente mettere insieme tutte le conoscenze disponibili sul patrimonio edilizio attuale. Negli ultimi decenni molte sono state le indagini su materiali e tecniche costruttive locali, sulla distribuzione di tipologie edilizie, analisi di vulnerabilità su edifici campione (soprattutto sull’edilizia pubblica dell’Italia meridionale), e così via. Tutti dati estremamente preziosi, ma che da soli non bastano. Per avere un quadro realistico del problema, bisogna integrarli in modo organico.
Intervenire per adeguare sismicamente il nostro patrimonio edilizio – ‘adeguamento’ significa dare a un edificio esistente lo stesso livello di protezione di un edificio nuovo, costruito secondo le norme attuali – è possibile. Così come è possibile, perlomeno, migliorarlo dal punto di vista sismico. Deve essere chiaro, fin da subito, che una impresa di questo tipo richiede decenni di lavoro ininterrotto e risorse almeno cento volte superiori a quelle impegnate attualmente. Non è quindi una soluzione risolvibile con una finanziaria o alcune finanziarie, ma con decenni di politiche attive, attraverso interventi di finanziamento agevolato, meccanismi di incentivazione fiscale, ecc. Dimensioni di intervento enormemente più grandi di quelle impegnate fino ad oggi.
Sul piano tecnico intervenire su un edificio storico, monumentale o meno, è possibile e non ha generalmente costi esorbitanti.
Innanzitutto, per quanto riguarda l’edilizia storica a uso abitativo, da oggi in poi non si devono più concedere (non solo nella norma, ma pure nel senso comune) interventi ‘peggiorativi’ della vulnerabilità sismica: ampliamenti, soprelevazioni, sovrapavimentazioni, abbattimento di pareti portanti interni, inserimenti invasivi di impiantistica nelle murature, sostituzione di solai e coperture in legno con calcestruzzo e cemento armato su murature non rinforzate. In qualche caso il problema deriva da carenza di competenze tecniche di progettisti e maestranze (un problema ‘culturale’ sul quale si dovrà lavorare), più spesso da indifferenza sulle conseguenze strutturali degli interventi che si vanno a fare. I danni prodotti dalle politiche dei condoni li pagheremo per decenni.
Poi, altra priorità, migliorare sismicamente gli edifici esistenti, anche quelli in pietra dell’Appennino. È possibile intervenire sul piano strutturale, senza costi proibitivi. Il punto fondamentale è che devono essere i cittadini, i proprietari, a volere un livello di protezione maggiore, tutto il resto sta nella cultura dei progettisti e delle maestranze locali capaci di ricorrere a materiali e tecniche, spesso di semplice realizzazione, che possono contribuire in modo decisivo a migliorare sismicamente i nostri edifici.
Sull’edilizia storica monumentale le tecniche di intervento sono più impegnative e costose, ma ci sono. L’ingegneria sismica italiana è fra le più avanzate al mondo, così come la formidabile tradizione nel settore del restauro architettonico. Di nuovo non sono i costi il problema, ma la capacità di fare scelte importanti, che richiedono tempo ed energie.