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vitaCarta d’identità

Nome: Alessandro
Anni: 64 (percepiti 46)
Qualifica: Dirigente di Ricerca
Sede: Roma
Campo di attività: Doppia T: Terremoti e Tsunami
Colore preferito: Blu

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si è fatto corteggiare neanche fosse una bella e dolce donzella a corte, ma alla fine da qui si passa! 

Volto noto dell’INGV e Responsabile del Centro Allerta Tsunami (CAT). Tra aneddoti e pensieri profondi, il nostro buon Alessandro resta sempre un eterno ragazzo che ama prendere la vita con leggerezza (per quanto possibile). Si è definito “tonto” in adolescenza (ma quando mai…) e con quel riccio inconfondibile tende sempre un po' a sfuggirti dalle mani… anche se poi, alla fine, quando lo acchiappi è sempre pronto a dare il suo prezioso contributo. È un altro di quei nostri battitori liberi “Made in Terremoti Department” che va maneggiato con cura.

In questa intervista troverete un bel ritratto, sicuramente inedito, che vi farà scoprire Alessandro come non avreste mai immaginato e come lui, forse, non avrebbe mai voluto… e invece.



Cosa o chi ti ha avvicinato al mondo della scienza? 

Ho fatto il liceo scientifico e mi piacevano le materie scientifiche, per capire il mondo. Il primo anno di università mi sono iscritto a Fisica. Neanche volevo fare il primo esame, quell’anno avevo sofferto ma mio fratello mi costrinse a fare l’esame e presi 30. Poi, l’anno successivo, mi iscrissi a Geologia perché un amico era già iscritto e mi sembrava molto interessante.

Da bambino cosa sognavi di diventare “da grande”?

Non saprei, però ricordo che a casa mia venne una sera Eduardo De Filippo. Avrò avuto 10-11 anni. Mi chiese “Cosa vuoi fare da grande?”, io risposi di getto “Il genio!”. Lui si divertì molto. In realtà non sapevo che dire e forse volevo fare lo spiritoso. Poi “il genio” direi di non esserlo diventato.

Che materie ti appassionavano a scuola? 

Quelle scientifiche sicuramente ma poi è rimasto il dispiacere di non aver fatto meglio alcune materie classiche. Questa divisione tra discipline scientifiche e umanistiche non è positiva, ci vorrebbe uno sguardo più ampio, soprattutto se si vuole fare il ricercatore.

Che adolescente eri?

Un po' tonto… anzi abbastanza tonto. Andavo bene a scuola, ero tranquillo. Ho fatto gli scout… poi la pallavolo che mi ostino a praticare tutt’ora.

Oggi ti avrebbero definito “nerd”?

Mah, non so, sicuramente impacciato. 

Ti ricordi quando hai fatto lo scatto in avanti?

Penso non ci sia mai stato… se invece ci fosse stato allora ti direi in età avanzata.

C’è stato un “mito” di riferimento a cui ti sei ispirato? 

Da ragazzo Tex Willer, poi John Lennon… più avanti Leopardi…

Dove ti sei laureato e che ricordi hai del tuo percorso universitario? 

A Roma (La Sapienza) dove poi ho fatto il Dottorato. Ho un ricordo molto bello, anni di studio con tante nuove scoperte, viaggi che ho fatto con l’Università. Ho incontrato Professori che mi hanno insegnato tanto, tra tanti voglio citare Funiciello, professore di Geologia Strutturale che mi ha seguito nella tesi ed ex vice Presidente dell’INGV. Da lui credo di avere appreso l’approccio alla scienza, alla ricerca e alla vita… Si deve fare tutto seriamente ma anche con ironia e, a volte, con distacco.

Come è cambiato il mondo universitario?

In campo geologico e geofisico oggi lo vedo più completo, mi pare che ci sia una preparazione più ampia e completa. Forse manca ancora un pochino l’attenzione alla storia della scienza…

 

Il momento più emozionante della tua carriera? 

Probabilmente quando ho preso l’aereo per andare in California, avevo vinto una borsa di studio e trascorsi 6 mesi nel mitico Geological Survey USA, l’USGS di Menlo Park, un posto di riferimento assoluto per lo studio de terremoti. Non ero mai stato all’estero per un periodo di studi, non ero mai stato in America, avevo paura di non essere all’altezza. Periodo difficile ma estremamente bello e stimolante. 

Invece il momento più emozionante nella tua vita privata? 

La nascita di mia figlia.

Cosa pensi che saresti diventato se non avessi fatto il ricercatore?

Avrei potuto fare il medico, data la tradizione di famiglia: un bisnonno medico del Re, poi mio nonno, mio papà, mio fratello… Per fortuna l’attenzione in famiglia si è spostata su quest’ultimo. Forse mio padre un po' ci è rimasto male perché secondo lui sarei stato un buon ortopedico. Però non sono mai stato ostacolato nelle mie scelte. L’ospedale non era proprio il posto per me.

Hai mai sofferto il fatto di non aver seguito questo percorso?

No. I miei mi hanno sempre dato fiducia, non hanno mai cercato di convincermi a cambiare idea.

Da quanto tempo sei all’INGV?

Dal 1988.

Qual è la prima cosa che fai quando torni a casa? 

Non ho un rito in particolare, spesso vado in palestra, a spasso, a bere qualcosa dopo il lavoro.

Come hai vissuto il periodo di lockdown a inizio pandemia?

Io l’ho vissuto bene, detta così può suonare strano. Ma personalmente ho lavorato parecchio, ho fatto camminate quando si poteva, ho apprezzato la pace e il silenzio visto che vivo in un quartiere estremamente caotico. 

Qual è, secondo te, la scoperta scientifica che cambierebbe la storia? 

Qualcosa che permetta di ricavare energia accessibile a tutti. Risolverebbe il problema di diseguaglianze e povertà.

Una città che hai visitato che ti è rimasta nel cuore e una in cui hai sempre sognato di trasferirti? 

San Francisco, dove ho fatto la mia prima esperienza lavorativa all’estero e che ho più nel cuore. Poi sicuramente Pienza, in Val d’Orcia, dove i miei negli anni ‘80 comprarono una casetta. Ci vado spesso, è un posto dove si percepisce l’armonia.

Ti piacerebbe spostarti lì?

Spostarmici proprio non so se lo farei. Magari passarci periodi più lunghi, lavorare a distanza. Credo che alla lunga mi mancherebbero alcune cose che la città ti offre.

Quali sono stati i tuoi viaggi più belli? 

Oltre agli Stati Uniti ti direi il Giappone: un posto che lascia qualcosa… Ce ne sono altri ma il Giappone l’ho trovato davvero interessante sotto tanti punti di vista. 

Cosa ti sarebbe piaciuto scoprire, tra le scoperte del passato? 

In campo geologico direi la tettonica a placche. Quando studiavo nei primi anni ‘80 era qualcosa di nuovo e rivoluzionario. In generale ti direi qualcosa in campo medico o energetico. Se rinascessi forse farei il neuroscienziato. 

Qual è la tua principale inquietudine?

Quella di sapere che a un certo punto il mondo, la scienza, la ricerca e l’arte andranno avanti e io non potrò godermela… mi dà fastidio, cercherò di rimediare (ride, n.d.r.).

 

La conversazione che non hai mai fatto e che ti sarebbe piaciuto fare… con chi?

Con alcuni miei antenati, sto studiando la loro storia tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento. Sto scrivendo un libro, che coinvolge la mia famiglia e lo studio dei terremoti. Capisco che magari non era la risposta che uno si aspetta. Alcuni magari direbbero Gesù Cristo o Galileo ma io forse non saprei cosa dirgli… Tra i miei antenati ho uno zio pittore, ad esempio: ecco, mi piacerebbe parlarci per capire come si viveva in quel periodo.

 

Come ricercatore è sempre tutto spiegabile?

Assolutamente no, c’è tanto da spiegare… Se non ci fosse da spiegare non ci sarebbe la ricerca.

La tua promessa mantenuta e quella che non sei riuscito a mantenere…

La promessa mantenuta è stata quella di fare questo mestiere con impegno e con tante soddisfazioni. Non mantenuta direi quella di fare il genio…

Il tuo amore a prima vista?

Direi la pallavolo, anche se ho iniziato a giocare da grande e non ho giocato in Serie A.

Qual è il tuo X-Factor? 

Forse saper ascoltare e cercare soluzioni. Credo di avere relazioni proficue un po' con tutti e di avere empatia su vari livelli.

Ti piace il calcio?

Non mi appassiona molto, ci ho giocato da ragazzo senza grandi risultati, ora non lo seguo, a parte la Nazionale.

Quali sport hai praticato oltre alla pallavolo? 

Ora ogni tanto corro (ma mi annoio), vado in bici, sono iscritto a una palestra dove non mi vedono mai. Però con le rette sono in regola…

Ascolti musica? 

Tanta e di tanti generi diversi. Negli ultimi anni mi sono avvicinato alla classica perché sfrutto spesso l’abbonamento dei miei genitori all’Accademia di Santa Cecilia, a Roma, ma non mi posso definire un esperto. Tra gli ultimi concerti sono andato a vedere le cover dei Pink Floyd all’Auditorium Parco della Musica. Da ragazzo ascoltavo i Beatles, poi il rock, il prog, grazie a mio fratello più grande Fabrizio che mi portava ai concerti al Palasport (Emerson Lake and Palmer, King Crimson, Traffic). Poi la PFM, i Clash, i Green Day, ma vado a vedere anche Madame a Capannelle, o Fabri Fibra. Insomma musica a 360 gradi, mi piace scoprire.

Libro preferito? 

“L’amore ai tempi del colera” di Gabriel García Márquez.

Se dovessi ricordare un tuo “primo giorno” quale ricorderesti? 

Forse il primo giorno che misi piede all’Osservatorio di Monte Porzio Catone dove si trovava l’ING nei primi anni ‘80. 

Cosa fai quando non sei a lavoro? 

Passeggiate, mostre, concerti, faccio fotografie, giro con la Vespa. Mi piace fotografare la periferia, i murales, andare in quartieri come San Basilio, Centocelle…

Le pubblichi?

Raramente le pubblico, è il mio limite da fotografo. Prima le stampavo, le attaccavo al muro, le regalavo… Poi con l’avvento del digitale non ho trovato una dimensione giusta.

Hai un posto del cuore?

Ti confermo Pienza.

La tua maggior fortuna? 

Per ora la salute e la casa dove abito, la comprai prima del 2000 e feci un ottimo affare.

Nella tua valigia non può mai mancare

Il costume, lo porto sempre ma poi non lo uso mai… Sicuramente le scarpe, magari per fare un po' di sport.

In cucina sei più da dolce o da salato? 

Salato.

Piatto preferito? 

Primi piatti sicuramente, spaghetti con vongole e carbonara (separati!).

Ti piace cucinare? 

Si, dopo l’ultima missione a Stromboli ho deciso di imparare a fare la caponata.

Una cosa che hai capito “da grande”? 

Non ho capito nulla… Da ragazzi si diceva “Quando sarò grande, quando avrò i soldi”… una cavolata.

Cosa conservi della tua infanzia? 

Della mia infanzia conservo la bellezza di stupirmi per una nuvola in cielo.

Un consiglio a chi inizia a fare ricerca? 

Perseveranza. Apertura mentale (e di cuore). Modestia. E di non trascurare la storia del pensiero e della scienza.

Ultima domanda: qual è la canzone che non smetteresti mai di ascoltare?

Working Class Hero di John Lennon.