Nuove analisi di sedimenti provenienti dai margini del continente antartico dimostrano che l'espansione e il successivo ritiro della calotta polare abbiano rispettivamente innescato e messo fine al prosciugamento del Mediterraneo. È quanto emerge dai risultati di uno studio pubblicato su Nature Communications, coordinato da INGV e firmato da un team internazionale di ricercatori
Circa 5-6 milioni di anni fa il Mediterraneo era completamente diverso da come lo vediamo oggi: non solo il collegamento con l’Oceano Atlantico era chiuso ma il mare si presentava come una valle profonda e arida con uno spesso strato di sale sul fondale. Questa fase, nota in letteratura come “crisi di salinità del Messiniano”, è durata circa 270mila anni. A stabilire in maniera univoca l’importante ruolo della crescita e riduzione della calotta polare antartica nelle varie fasi di questa trasformazione, lo studio Antarctic glacio-eustatic contributions to late Miocene Mediterranean desiccation and reflooding, condotto dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) insieme a un team internazionale di ricercatori. I risultati sono stati pubblicati su Nature Communications (
“L’erosione, attribuita all’aumento di ghiaccio sul continente antartico, avrebbe progressivamente ridotto il livello degli oceani”, prosegue il Direttore della Struttura Ambiente dell’INGV. “Durante questa fase si è ridotta di molto la differenza di altezza tra la superficie del mare e il fondale e l'influenza della corrente superficiale è diventata così grande che il processo di sedimentazione si è trasformato in erosione”. Questi dati mettono in evidenza il ruolo della fase glaciale e interglaciale come causa primaria per l'inizio e la fine del prosciugamento del Mediterraneo avvenuto più di 5 milioni di anni fa. Il movimento delle placche litosferiche avrebbe anch’esso svolto un ruolo, ma non è stata questa la causa primaria. A completamento di della ricerca, aggiunge Florindo, “è stato sviluppato un modello complesso al supercalcolatore, sviluppato da Paolo Stocchi, ricercatore del Royal Netherland Institute for Sea Research e cofirmatario del lavoro, che simula la dinamica della calotta polare e la conseguente oscillazione del livello degli oceani. L'influenza della crescita della calotta antartica sul livello del mare non è uniforme su tutto il pianeta, in quanto il suo sviluppo comporta una complessa interazione tra effetti gravitazionali, rotazionali e le deformazioni della litosfera terrestre”. I ricercatori hanno dimostrato che, in conseguenza dell'evaporazione del Mar Mediterraneo, la litosfera intorno lo Stretto di Gibilterra ha iniziato a sollevarsi a causa della rimozione del carico d’acqua sovrastante mantenendo il Mediterraneo isolato dall'Oceano Atlantico. Successivamente la calotta antartica ha avuto una fase di ritiro contribuendo così al sollevamento del livello medio degli oceani. Circa 5.33 milioni di anni fa il livello crescente dell'Atlantico era appena sufficiente per scavalcare una esigua barriera posta in corrispondenza dello stretto di Gibilterra, causando una catastrofica inondazione che in pochi anni ha riempito nuovamente il bacino del Mediterraneo. “Una delle implicazioni di questa ricerca”, sottolinea Florindo, “è la comprensione del fatto che alla crescita o riduzione delle calotte polari le oscillazioni degli oceani avvengono con modalità irregolare. Una fusione parziale delle calotte potrebbe, quindi, determinare una variazione complessa del livello degli oceani, dando vita a nuovi scenari di cambiamento climatico”.