Chi ha ideato la prima casa antisismica e quali caratteristiche aveva? Lo abbiamo chiesto a Emanuela Guidoboni, storica e sismologa storica dell’INGV, che ha svolto approfonditi studi sull’argomento. Ospite del nostro salotto virtuale, Emanuela Guidoboni ci ha fornito un quadro di quello che accadde dopo un importante terremoto della Pianura Padana di quasi cinquecento anni fa.
In che senso possiamo intendere il termine "lezione" riguardo al primo progetto di casa antisismica?
Le culture hanno una storia fatta di avanzamenti e retrocessioni, sovrapposizioni e perdite. L’insieme è tutto fuorché uno sviluppo lineare e progressivo. Vedere nel lungo periodo come si è svolto il rapporto fra società e disastri sismici, o fra vulnerabilità e rischio, aiuta a considerare che su questi problemi la cultura contemporanea non è arrivata prima, perché l'idea di trovare rimedi e soluzioni per limitare i danni dei terremoti ha una lunga storia di coraggiosi tentativi, purtroppo perduti. Il progetto di Pirro Ligorio, di cui vogliamo parlare, è di quasi cinquecento anni fa e lo si trova inserito nel trattato Libro di diversi terremoti, il cui manoscritto originale è conservato all'Archivio di Stato di Torino e fa parte, come volume 28, della grande raccolta ligoriana della Antichità Romane. Ho "convissuto" con questo manoscritto per oltre quindici anni, un testo che mi ha molto emozionata e incuriosita, pubblicato poi nel 2005. In queste pagine, dopo un lungo excursus storico sui terremoti del passato, si trova il primo progetto di una casa resistente ai terremoti, primo non solo per l'Italia, ma per tutta l'area occidentale. L'aspetto più interessante è quello delle motivazioni che lo hanno generato.
Intanto chi era questo personaggio? Come possiamo inquadrarlo?
Pirro Ligorio (1513–1583) era nato a Napoli, si era trasferito a Roma appena ventenne, e divenne un noto architetto della Roma pontificia. Fu chiamato a dirigere i lavori della basilica di San Pietro dopo la morte di Michelangelo (1564), poi fu cacciato dal papa Pio IV per contrasti nella realizzazione del progetto e accuse di ruberie, in seguito dimostratesi infondate. Ligorio fu il fantasioso progettista di dimore principesche, come la famosa Villa d’Este e il parco dei mostri di Bomarzo (Viterbo). È considerato anche il padre dell’archeologia: fu il primo a scavare a villa Adriana. Era un erudito e un grande architetto: un personaggio direi quasi rutilante, ma non privo di ombre, e aveva un sapere esteso e variegato di tipo rinascimentale. Fu invitato dai principi Estensi come antiquario di corte a Ferrara, corte fra le prime in Europa. Ligorio arrivò in città nel 1568, due anni prima del terremoto, anche quello, come ancora oggi succede, del tutto inatteso.
Quali situazioni hanno favorito l'idea di un edificio resistente ai terremoti?
Per comprendere le motivazioni di questo progetto, così nuovo e ardito, occorre fare qualche passo indietro. Pirro Ligorio scrisse il suo trattato a Ferrara, mentre era ancora in corso la sequenza sismica, che si protrasse poi per quasi quattro anni, danneggiando estesamente questa città e i centri abitati del suo territorio. Le forti scosse erano iniziate nella sera del 17 novembre 1570, gettando il panico fra gli abitanti e nella corte stessa. Ci furono oltre 150 morti su una popolazione di circa 32.000 abitanti. La città appariva “squarciata” e lesionata. Chiese e case, con crolli parziali e cedimenti, erano divenuti luoghi insicuri e pericolosi. La popolazione era fuggita nelle piazze, in campagna o nelle barche in preda a un panico incontenibile. Ci si domandava: perché un terremoto in pianura, luogo ritenuto esente da questo pericolo da tutte le teorie antiche e del tempo? Quali erano le vere ragioni di quel disastro inatteso? Era forse un evento prodigioso? Fra gli intellettuali e i filosofi si aprì una sorta di laboratorio di idee e di spiegazioni, incoraggiate dal duca Alfonso II, a cui interessava dimostrare che quel terremoto aveva cause del tutto naturali. Era importante per lui poterlo dimostrare perché il papa Pio V (1566–1572) si era pronunciato ufficialmente con un breve, dove indicava quel terremoto come un segno dello sfavore divino, interpretazione poi diffusa dalla predicazione religiosa.
Da che cosa era motivata questa divaricazione fra interpretazione religiosa del terremoto e spiegazione naturalistica?
Consideriamo che il pensiero scientifico non era ancora consolidato, e che non lo fu fino al Settecento avanzato. Fede e ragione per secoli hanno intrecciato le loro spiegazioni del terremoto, spesso aprendo conflitti non solo teorici. Nel caso di Ferrara del 1570, il papa aveva interesse a discreditare come pessimo cattolico Alfonso II, suo feudatario, e questo per due ragioni: la prima riguardava la persona stessa del duca, perché era figlio di Renata di Francia, divenuta protestante e quindi per la Chiesa era un'eretica confessa; la seconda ragione di avversione riguardava il bando contro gli ebrei, emanato alcuni anni prima dal papa per cacciarli dalle città dello stato pontificio. Tale bando non era stato ottemperato da Alfonso II, che invece proteggeva la florida comunità ebraica ferrarese. Ce n'era abbastanza per alimentare uno scontro diplomatico e politico. Quindi, dimostrare che quel terremoto era un fatto del tutto naturale e nell'ordine delle cose, rendeva il duca più forte nei confronti del papa, dei suoi sudditi e delle altre corti.
Ma intanto la gente scappava dalla città. Dilagava la fantasia di sprofondare in un luogo vuoto sottostante Ferrara, entro enormi caverne immaginate come risultato di un inarrestabile invecchiamento della Terra. E se la Terra stava invecchiando, tutto poteva crollare e finire. Questa fantasia contagiò anche alcuni ambasciatori di corti italiane, che intestarono le loro lettere in modo a dire poco sensazionalistico: “di Val di Po, dov’era Ferrara”.
Il clima sociale era quindi molto teso, fra perdite e grandi timori: come si inserì il progetto di Ligorio in quel contesto?
È difficile per noi immaginare quel clima sociale e culturale. Il fatto è che fra paure e tentavi di superarle si fece strada l'astrologia, una pratica molta in voga e ampiamente incoraggiata dalla cultura del tempo. Prevedere il futuro attraverso le posizioni dei pianeti fu una delle grandi tensioni culturali del Rinascimento. Anche a Ferrara, in quel periodo post sismico così teso, drammatico e con continue scosse, si diffuse il desiderio quasi morboso di prevedere il futuro. Ligorio fu fortemente avverso al clima irrazionale di quei giorni, e in questa avversione si possono ravvisare le ragioni psicologiche del suo progetto di casa antisismica, come risposta forte e pragmatica al terremoto, facendo appello solo alla razionalità e all'intelligenza umana.
In che cosa quindi consiste la novità della sua proposta riguardo ai terremoti?
Il terremoto era allora considerato una disgrazia occasionale, fra le tante che colpivano la breve vita umana, come le guerre, le epidemie, le carestie ecc. L’idea della occasionalità del terremoto si è protratta per secoli nel sentire comune e per certi versi sopravvive ancora oggi, a dispetto delle conoscenze scientifiche consolidate sulle cause geologiche dei terremoti. Ligorio non conosceva queste cause, ma riteneva che il terremoto, in quanto fenomeno naturale, fosse sempre accaduto e che la storia lo dimostrasse. Il suo trattato è una raccolta di terremoti del passato, che menziona luoghi e antiche città crollate e ricostruite più volte, danni e rovine che hanno flagellato l’umanità in ogni tempo. Egli esprime la convinzione che l’uomo, dotato di ragione e di libertà di scelta, possa difendersi dai terremoti, addirittura sia un dovere. Il punto d’arrivo del suo ragionamento apre un tema di grande respiro, straordinariamente nuovo per quel tempo e attuale anche oggi.
Quindi, la prima casa antisismica di cinque secoli fa nasce dall'idea che è necessaria la prevenzione?
Esattamente così, anche se la parola prevenzione non era usata. È da notare che l'idea di un dovere razionale di difesa dagli effetti distruttivi dei terremoti è del tutto estranea alla produzione letteraria e scientifica di quell'epoca e di quella successiva, è un consapevole salto nel futuro. Aggirandosi per le strade di una Ferrara “disformata” e resa irriconoscibile dai crolli e dalle macerie, Ligorio aveva osservato acutamente la qualità degli edifici e i tipi di danni subiti, e si era fatto un’idea molto precisa delle tecniche edilizie locali e dei materiali usati. Oggi si direbbe che aveva osservato la vulnerabilità della città. Quello scenario di danni aveva all’improvviso rivelato che l’edilizia di Ferrara era fragile e inadatta a sopportare un urto sismico, che Ligorio paragona all'urto di un ariete, la macchina da guerra. Tali vulnerabilità sono presenti ancora oggi in tanti centri storici. È su quella base di osservazioni dirette che Ligorio progettò la casa antisismica.
Per concludere, quali sono i caratteri prevalenti di questa casa resistente ai terremoti?
La casa che Ligorio disegna, e di cui descrive i principi costruttivi e i materiali, è solida, coesa, con pareti ben ammorsate, sviluppata su un piano perfettamente regolare, rinforzata in quei punti che Ligorio aveva visto cedere: gli angoli, le aperture di porte e finestre, i solai. Sulla descrizione della casa non mi soffermo, perché è già stata oggetto di analisi in varie sedi, fra cui anche una rivista di ingegneria[1]. Qui penso sia più interessante cogliere il senso complessivo di questo progetto, il nuovo paradigma di Ligorio. Egli inserisce nel suo trattato anche un elenco di terremoti risentiti a Ferrara prima di quello del 1570 a ulteriore dimostrazione che il terremoto non era affatto estraneo alla storia della città, come invece si sosteneva da parte dell’opinione pubblica del tempo. Egli afferma così che la perdita di quella memoria, unita all'imperizia dei costruttori e alla "tirchieria" dei proprietari, aveva portato a un edificato urbano debole e inadatto. I danni sismici, secondo Ligorio, sono dunque prevedibili, si può e si deve limitarli. La casa antisismica rimase un progetto, non si diffuse, e la lezione fu dimenticata nei secoli successivi.
[1] Guidoboni E. 1997, An early project for an antiseismic house in Italy: Pirro Ligorio’s manuscript treatise of 1570-74, in European Earthquake Engineering, n. 4, pp. 1-18.