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fucina di efesto articoloQuando si pensa a un vulcano le prime immagini che affiorano nella nostra mente sono legate alle sue manifestazioni più spettacolari, le eruzioni. Un immaginario di forza, potenza e maestosità che rende ipnotico e affascinante questo incredibile fenomeno della natura. Ciò a cui meno spesso si pensa è, invece, il carattere “materno” del vulcano che si esprime al meglio nella fertilità che dona ai suoi suoli. Quelli vulcanici sono, infatti, dei terreni estremamente mineralizzati, ricchi di elementi di vitale importanza per le piante e, in modo particolare, per i vigneti. La viticoltura vulcanica è un filone in grande crescita ed espansione a livello internazionale, ma dotato di grande forza attrattiva anche nel nostro Paese. Ciò che differenzia e caratterizza i vini vulcanici italiani è, infatti, la loro provenienza da viti storicizzate, non coltivate con un approccio industriale.

Tra le aree più conosciute in Italia per la produzione di vini vulcanici vanno sicuramente ricordate la zona di Soave nel Veronese, i Colli Euganei nella Pianura Padana, il Vulture nel Lucano, il Vesuvio e l’area dei Campi Flegrei nel Campano, l’Etna, Pantelleria e gli arcipelaghi vulcanici siciliani. Una viticoltura autentica, artigianale ed eroica, dunque, frutto di un secolare lavoro di modellamento del territorio attraverso imponenti terrazzamenti, che in Sicilia viene celebrata alle pendici del vulcano attivo più alto d’Europa con un antico treno della Ferrovia Circumetnea, il Treno dei Vini dell’Etna. Fino al 31 ottobre la locomotiva accompagna curiosi, appassionati ed enoturisti alla scoperta delle cantine più interessanti del territorio, circondati da panorami mozzafiato e accarezzati dal sole caldo del Mediterraneo. Abbiamo fatto qualche domanda sul vincente connubio tra vino e vulcani a Eugenio Privitera, siciliano D.O.C. nonché Direttore dell’Osservatorio Etneo dell’INGV di Catania.

Il terroir lavico-alcalino dell’Etna consente la coltivazione di tre vitigni autoctoni: i rossi nerello mascalese e nerello cappuccio e il bianco carricante. Cos’è che, da un punto di vista prettamente scientifico, rende il suolo vulcanico così fertile e prezioso per queste uve?

Da geofisico che si occupa prevalentemente di segnali sismici e segnali geofisici devo iniziare col dire che i colleghi più esperti in composizioni chimiche del suolo mi perdoneranno se non sarò estremamente accurato… Però sì, i territori vulcanici in genere, non solo quello etneo, sono storicamente noti per la fertilità e per l’abbondanza di componenti alcalini e ferrosi che permettono di conferire alle uve che vengono coltivate su questi suoli degli aromi decisamente particolari, impossibili da riscontrare in vini provenienti da altri terreni con caratteristiche diverse. L’elevata concentrazione in potassio, fosforo, zolfo e magnesio li rende infatti non paragonabili con nessun altro terreno calcareo, morenico o metamorfico. I suoli costituiti da rocce vulcaniche hanno, inoltre, valori più elevati di macro-porosità che gli consentono di immagazzinare grandi quantità di acqua, anche nelle stagioni più secche. I vini vulcanici, quindi, vini etnei compresi, godono senz’altro dei benefici derivanti da queste caratteristiche naturali.

In che modo il suolo vulcanico viene “fertilizzato” dal vulcano?

Ogni qualvolta si verifichi dell’attività esplosiva il vulcano “concima” naturalmente le sue pendici. L’attività esplosiva, infatti, provoca una ricaduta di cenere ai piedi del vulcano che, se in un primo momento può produrre dei danni ai frutti che sono già sulla pianta, in realtà nel medio e nel lungo termine permette di rivitalizzare il suolo con sostanze nutritive molto importanti: è come se il vulcano periodicamente “riconcimasse” i suoi terreni e li rendesse nuovamente fertili.

Esiste qualche “differenza” tra i vari suoli vulcanici?

Si, esistono assolutamente delle differenze: già delle minime variazioni in alcali o nel contenuto di ferro creano delle variazioni anche significative nella tipologia di suolo vulcanico. Nella viticoltura va però ricordato che bisogna sempre tenere presente, in primo luogo, quella che è la morfologia del vulcano. La differenza maggiore tra i vini, infatti, non la fanno tanto le minime variazioni nella composizione chimica del suolo da cui provengono le uve, quanto la quota a cui viene piantato il vitigno e l’esposizione della coltura: i vitigni esposti a Nord, ad esempio, genereranno dei vini con caratteristiche organolettiche abbastanza diverse rispetto a quelli esposti a Sud.

Ti piacerebbe tornare ad avvicinarti al tuo habitat di studio e di lavoro – il vulcano – da un punto di vista più insolito, come quello dell’enologia?

Io sono un grande appassionato di vini, in passato ho anche fatto un corso da sommelier, quindi l’argomento mi è piuttosto caro. I miei interessi di ricerca però al momento sono un po’ diversi, credo che continuerò a coltivare questo tema come una grande passione. Fermo restando che, fuori dal contesto lavorativo, in realtà non mi sono mai allontanato dal “nettare di Bacco”: continuo ad aprire bottiglie ogni volta che se ne presenta l’occasione…

Da vulcanologo siciliano, qual è l’aspetto più verace della relazione tra un “cittadino dell’Etna” e il vino?

Beh, la Sicilia, la mia Regione, nasce storicamente con una forte tradizione contadina in cui il vino era, insieme al pane, parte fondamentale della dieta dei lavoratori dei campi in quanto oltre ad essere una bevanda conviviale è a tutti gli effetti un alimento molto completo. Tradizionalmente, quindi, siamo molto legati al vino: per il “siciliano medio” (eccezioni a parte) non esistono un pranzo o una cena che non siano accompagnati da un calice pieno.

Il tuo vino locale preferito?

L’Etna Rosso è un D.O.C. molto conosciuto che si sta via via affermando su tutto il territorio nazionale: pensate che esistono alcuni Etna Rosso che sono stati paragonati al Barolo, quindi stiamo parlando di grandi eccellenze vinicole che sono state riconosciute anche dai numerosi premi che alcune cantine del posto hanno ricevuto nel corso degli anni. Senza voler far nomi di cantine, direi che un buon Etna Rosso invecchiato in legno è sicuramente tra i miei vini preferiti.

Con cosa consigli di abbinarlo?

L’Etna Rosso è un vino di grande corpo quindi va benissimo con le carni, soprattutto con carni abbastanza grasse come la salsiccia e la carne cotta alla griglia. Qui però siamo particolarmente ghiotti anche di carne di cavallo: lo accompagniamo anche con quella!

 

Foto - (c) Charley Fazio