La nostra penisola si è dovuta confrontare da sempre con gli effetti dei terremoti che nei secoli ne hanno colpito il territorio. Per questa ragione l’Italia vanta in merito una tradizione tra le più antiche, si pensi che la prima casa anti-sismica fu progettata da Pirro Ligorio nel lontano 1570. Su questo argomento abbiamo intervistato Graziano Ferrari, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) che ha ricostruito alcune delle tappe fondamentali della “cultura del terremoto”.
A quando risale il primo catalogo sismico noto in Italia?
Il primo catalogo sismico di cui abbiamo traccia è un manoscritto prodotto a seguito del terremoto dell’Italia centro-meridionale, che avvenne nel dicembre del 1456. In quell’occasione si verificarono diversi eventi, di cui ci rimane un’immagine d’insieme. Il catalogo in oggetto è quello di Giannozzo Manetti, un manoscritto del 1457.
Si può dire che l’Italia ha fatto da apripista in campo di tradizione anti sismica?
Sì, assolutamente. Proprio in Italia sono nate le prime carte con la geografia e la frequenza dei terremoti distruttivi, una sorta di carte di pericolosità ante litteram, e i primi progetti volti ad una maggiore comprensione e mitigazione degli effetti dei terremoti. È del 1883, la prima “carta sismica” d’Italia, pubblicata da Giuseppe Mercalli, dove si delineavano le aree più soggette ad eventi distruttivi a cui seguì, nel 1888, la prima carta sismica istituzionale Italiana, pubblicata dal geologo Torquato Taramelli. Per quanto riguarda le scale degli effetti macrosismici, già a metà del Cinquecento abbiamo una carta con gli effetti del terremoto che nel 1564 colpì La Bollène-Vésubie, in Francia, rappresentati sotto forma di simboli di danni crescenti, opera di un cartografo italiano non meglio identificato. Nel loro famoso studio del terremoto del 23 febbraio 1887, nella Liguria occidentale, Mercalli e Taramelli, abbozzarono una scala sismica a 10 gradi, modificando la scala De Rossi – Forel, nata dalla integrazione delle scale messe a punto rispettivamente da Michele Stefano de Rossi (1874) e da François Alphonse Forel.
E da un punto di vista costruttivo? Quando si inizia a progettare tenendo conto degli effetti distruttivi dei terremoti sugli edifici pubblici e abitativi?
La prima casa anti-sismica venne progettata da Pirro Ligorio, famoso architetto di Villa d'Este a Tivoli, che diresse dopo Michelangelo la fabbrica di San Pietro in Vaticano e fu invitato a Ferrara nel 1568 in veste di antiquario di corte. Il progetto risale al 1570, a seguito del terremoto che colpì Ferrara nel mese di novembre. Si tratta di una casa costruita mediante pietre e mattoni, articolata in sei vani di cui cinque rafforzati agli angoli, con all'esterno poderosi rinforzi angolari e doppie arcate di mattoni con chiave di volta lapidea per proteggere le aperture sottostanti. Sulle finestre, inoltre, era prevista l'ulteriore doppia protezione di una archeggiatura ribassata di mattoni. Successivamente, a seguito della serie di 5 terremoti distruttivi che devastò la Calabria meridionale fra febbraio e marzo 1783, venne pianificata la ricostruzione di interi paesi, con la delocalizzazione in zone che si ritenevano più sicure. In quel periodo venne progettata la famosa “casa baraccata”, che prevedeva il legno come armatura interna in grado di resistere elasticamente alle sollecitazioni sismiche. Parlando di ricostruzioni e pianificazioni anti-sismiche è importante ricordare ciò che accadde a seguito dell’evento distruttivo che colpì Norcia il 22 agosto del 1859, di magnitudo 5.8. Papa Pio IX fece istituire una commissione scientifica con l’obiettivo di stabilire efficaci metodi di intervento e di pianificazione della ricostruzione, correggendo al contempo le storture edificative già presenti. Vennero chiamati due eminenti personaggi del tempo, l’architetto modenese Luigi Poletti e il gesuita padre Angelo Secchi, allora direttore dell’Osservatorio del Collegio Romano. I due studiosi elaborarono un documento sugli effetti che il sisma aveva avuto sugli edifici e sul perché i palazzi fossero crollati. Ebbene, proprio dai risultati di questa ricerca venne redatta una nuova legge edilizia composta da 33 articoli che avrebbe vincolato ogni costruzione nell’area di Norcia. Questa legge, inoltre, prevedeva l’abbattimento della costruzione o una pesante sanzione pecuniaria in caso di mancata applicazione. Nell’ambito dello stesso provvedimento era stato approvato un ulteriore progetto per costruire un quartiere interamente “anti-sismico” che avrebbe preso il nome di Borgo Pio, in onore del Papa. A causa dell’annessione della città al Regno d’Italia, nel 1860, questo progetto non venne mai realizzato interamente. Tutta una serie di buone pratiche erano però state recepite, tanto che la città di Norcia, nel tempo, è riuscita a preservarsi nonostante i terremoti avvenuti anche in tempi recenti.
Per concludere, cosa si intende per rischio sismico? Cosa possiamo fare oggi per rendere le nostre abitazioni più sicure?
Il rischio sismico è il prodotto di tre fattori: la pericolosità, che esprime la probabilità che in una determinata area geografica si verifichi un terremoto di una certa magnitudo in un definito intervallo di tempo; il valore esposto, che indica il valore dei beni tangibili e intangibili presenti su un determinato territorio che potenzialmente potrebbero essere danneggiati a causa del verificarsi di un terremoto e la vulnerabilità. Quest’ultima definisce la propensione di un edificio a subire un danno al verificarsi di un terremoto di una determinata magnitudo ed è l’unico fattore su cui l’uomo può agire direttamente per ridurre il rischio. Oggi esistono vari modi per rendere più sicure le nostre abitazioni: dai più importanti e onerosi interventi di rinforzo strutturale fino a interventi più contenuti ma efficaci per la salvaguardia delle persone come carte da parati che riescono a contenere un eventuale cedimento del solaio, oppure cellule metalliche montate internamente alla stanza che si vuole proteggere, una “scatola interna protettiva”. Questi ultimi sono solo alcuni esempi delle tante possibili soluzioni che possono proteggere le vite umane anche quando non si possono affrontare interventi complessivi sugli edifici. Quando si costruisce o si eseguono opere di ristrutturazione è estremamente importante avere consapevolezza del rischio sismico a cui si è esposti e intervenire facendo riferimento alla normativa sismica vigente, che è il risultato della grande tradizione di studi sismologici e ingegneristici italiani.