Coordinare le attività di monitoraggio, di sorveglianza e di ricerca scientifica alle isole Eolie, senza dimenticare i compiti di informazione e di trasmissione del sapere scientifico alla popolazione e alle autorità di Protezione Civile. È questa la mission del CME, il nuovo Centro di Monitoraggio Eoliano dell’INGV, costituito formalmente lo scorso gennaio ma nato a seguito delle sempre maggiori necessità di conoscenza dell’arcipelago evidenziate dalle due eruzioni parossistiche di Stromboli verificatesi il 3 luglio e il 28 agosto del 2019.
Si tratta di un Centro che sarà impegnato su diversi fronti, che riunirà sotto un’unica egida le Sezioni dell’Istituto che si occupano delle Eolie (Catania, Palermo e Napoli), coinvolgendo anche altri Enti già Centri di competenza del Dipartimento della Protezione Civile.
Abbiamo intervistato Mauro Coltelli, vulcanologo dell’Osservatorio Etneo di Catania e Coordinatore del CME, che ci ha raccontato qualcosa di più sul nuovo Centro e sui suoi principali obiettivi.
Mauro, raccontaci prima di tutto qualcosa di te e del tuo percorso. Cosa ti ha portato al vertice del nuovo Centro di Monitoraggio Eoliano?
Sono un vulcanologo, ho iniziato la mia carriera a Catania nel 1988, all’Istituto Internazionale di Vulcanologia del CNR che qualche anno dopo è confluito nell’INGV come lo conosciamo oggi. Da allora mi occupo dello studio e del monitoraggio della storia e delle eruzioni dei vulcani attivi siciliani, ovvero l’Etna e lo Stromboli. Si tratta di due vulcani che eruttano magmi basaltici: per approfondire la conoscenza di questo genere di vulcani ho anche trascorso un anno all’Osservatorio Vulcanologico di Hawaii, lavorando sul monitoraggio della lunga eruzione del Kilauea (iniziata nel 1983 e conclusa solamente nel settembre del 2018).
Nei primi anni della mia carriera ho sviluppato un sistema di videosorveglianza che è stato messo in funzione a Vulcano nella tarda primavera del 1993 e a Stromboli l’estate successiva: è stato sostanzialmente il primo sistema di sorveglianza di quel genere al mondo, un elemento fondamentale per capire come evolvevano le eruzioni, in particolar modo quelle di vulcani basaltici come l’Etna e lo Stromboli che hanno un’attività molto frequente e continua, addirittura persistente a Stromboli.
Essere in possesso di questo genere di informazioni continue e pervasive sullo Stromboli, ad esempio, ci ha permesso di caratterizzarne l’attività, di capire come si svolgeva, quando cambiava, quando virava verso situazioni di maggiore intensità e, dunque, quando diventavano più probabili eruzioni esplosive violente come quelle dell’estate 2019, le eruzioni parossistiche, oppure eruzioni effusive come quelle tipiche della Sciara del Fuoco, che storicamente hanno prodotto perfino degli tsunami, caratterizzandosi come il fenomeno più impattante delle eruzioni di questo vulcano.
Per rispondere alla tua domanda, quindi, credo che la chiave per aprirmi questo ruolo di coordinatore del Centro di Monitoraggio delle isole Eolie sia stata proprio la conoscenza approfondita e trentennale di questi vulcani, soprattutto dello Stromboli.
Qual è l’importanza strategica, dal punto di vista scientifico, della ricerca sul campo alle isole Eolie?
Alle isole Eolie sono presenti dei vulcani calcalcalini, che io ho studiato anche in Ecuador, sulle Ande, per un mio progetto di tesi. I vulcani calcalcalini delle Eolie hanno una straordinaria varietà di attività eruttiva, e l’arcipelago ne è la perfetta dimostrazione.
Qui passiamo dallo Stromboli, in cui c’è un’attività persistente di un vulcano basaltico che ha una manifestazione eruttiva non particolarmente violenta, escluso in certe situazioni, a Vulcano, che è una piccola caldera, quindi un edificio tipicamente caratterizzato da periodi di stasi (noi siamo nel periodo di stasi successivo all’ultima eruzione del 1888-1890) in cui però il vulcano non è fermo ma, anzi, dà prova di continue manifestazioni energetiche non eruttive di intensità a volte anche particolarmente elevata, che sono dette unrest (fasi di risveglio) e che spesso precedono le eruzioni. Conoscere sempre meglio come evolvono queste fasi di stasi e di risveglio è fondamentale: in alcuni di questi periodi a Vulcano c’è stato – all’inizio del Novecento e poi, l’ultimo, tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta – un rilascio di calore dalla zona sommitale del cono della Fossa così intenso che le fumarole sono diventate incandescenti e hanno prodotto delle piccole colate di zolfo. Basti pensare che un tempo, prima dell’abitazione civile dell’isola, gli ergastolani venivano inviati a Vulcano proprio per estrarre questo prezioso non-metallo.
Ma poi abbiamo anche Lipari, con le sue eruzioni di ossidiana, una fenomenologia vulcanica molto rara e caratteristica, l’ultima risalente al XIII secolo. C’è l’isola di Panarea, che apparentemente non ha avuto eruzioni nel periodo olocenico (ovvero nell’epoca geologica più recente, quella in cui ci troviamo e che ha avuto inizio convenzionalmente circa 11.700 anni fa). Quest’isola è, però, in continua attività, con manifestazioni subacquee di rilascio di energia idrotermale che a volte si sono dimostrate estremamente violente, come quella del novembre del 2002, verificatasi poco prima di una forte eruzione dello Stromboli: quella, in particolare, ha permesso ai ricercatori di comprendere meglio la relazione tra i sistemi di alimentazione dei vulcani eoliani che, anche se non direttamente collegati, “pescano” comunque da un’ampia regione del mantello dove si formano i magmi che alimenta più edifici vulcanici.
Dal punto di vista della ricerca scientifica, quindi, il materiale che abbiamo a disposizione alle Eolie è estremamente vario e interessante, molto utile anche per una più generale comprensione del funzionamento dei vulcani.
In cosa consiste il CME e dove sarà ubicato?
Non dobbiamo intendere il Centro come una struttura fisica, non avrà infatti una sede specifica. Certo, si appoggerà principalmente all’Osservatorio Geofisico di Lipari, struttura dell’INGV gestita dalla Sezione di Catania, denominata Osservatorio Etneo.
Il Centro è più un’organizzazione che fungerà da raccordo per tutte le Sezioni dell’INGV che operano il monitoraggio, la sorveglianza e la ricerca scientifica sull’arcipelago delle Eolie, ovvero l’Osservatorio Etneo, l’Osservatorio Vesuviano di Napoli e la Sezione di Palermo che si occupa del monitoraggio geochimico. È una struttura dedicata alla pianificazione e al coordinamento delle attività di raccolta, di analisi e di interpretazione dei dati di monitoraggio dei fenomeni vulcanici, ma anche di quelli sismici e ambientali delle isole Eolie.
Funge, quindi, da coordinatore istituzionale delle Sezioni dell’INGV cui accennavo prima, operando anche in collaborazione con altri Centri di competenza del Dipartimento della Protezione Civile.
Quali sono gli altri Enti coinvolti nel CME e in che modo interagiranno con l’INGV?
Sono principalmente due, l’Università di Firenze e l’Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente del CNR (IREA).
In particolare, l’Università di Firenze ha un centro di competenza che si occupa sia di aspetti di monitoraggio dell’attività eruttiva, sia di aspetti di controllo della stabilità della Sciara del Fuoco, un versante molto attivo di Stromboli in cui si riversano i prodotti dell’attività eruttiva e le intrusioni magmatiche. Proprio queste intrusioni, ad esempio, nel dicembre del 2002 portarono a una destabilizzazione del versante con un collasso di parte della parete che ha generato, a sua volta, uno tsunami veramente importante e impattante. Io ero lì, arrivai pochissime ore dopo l’evento, e mi resi immediatamente conto di quale fosse stato l’effetto disastroso di quell’evento: se fosse avvenuto durante l’estate avrebbe causato una quantità ingentissima di danni e di perdite, poiché ha coperto gran parte delle spiagge che, nella bella stagione, sono solitamente affollate di turisti.
L’IREA del CNR, invece, si occupa del monitoraggio satellitare con il sistema SAR (radar ad apertura sintetica) misurando le deformazioni degli edifici vulcanici.
L’auspicio è che il CME abbia la capacità di mettere insieme tutte queste competenze, sia interne che esterne all’INGV, per creare un sistema di monitoraggio veramente efficiente in grado di seguire i fenomeni eruttivi e dare informazioni adeguate in particolar modo nel momento dell’allertamento per il probabile accadimento di quelli più violenti.
Quando e come è nato il CME?
Il CME è nato formalmente a gennaio di quest’anno, ma le sue radici affondano nelle manifestazioni eruttive dell’estate scorsa, che sono state molto impattanti e, da un certo punto di vista, inaspettate, nonostante l’attività dello Stromboli fosse cambiata già a partire dai primi anni Duemila.
La sua eruzione del 2002-2003 è stata un po’ l’evento che ha cambiato radicalmente l’attività del vulcano, anche se a questo cambiamento si è arrivati piuttosto gradualmente perché, come dicevo, Stromboli è un vulcano in attività persistente, sempre in eruzione. Tuttavia durante le sue fasi eruttive ci sono dei momenti in cui l’attività aumenta: questo incremento è stato registrato dalle nostre reti in maniera sensibile a cavallo tra gli anni Novanta e gli anni Duemila. Dall’inizio di questo periodo di più forte attività, le manifestazioni dell’estate scorsa – particolarmente violente e improvvise – ci hanno fatto capire che era necessario avere un maggior coordinamento tra le Sezioni dell’INGV che operano sul monitoraggio delle Eolie. Mettere insieme queste strutture e coordinarle anche con gli altri Centri di competenza del DPC era un punto chiave per sviluppare meglio e a pieno le attività di monitoraggio e, in futuro, anche quelle di early warning dei fenomeni eruttivi.
Quali sono i suoi principali obiettivi?
L’obiettivo principale del CME è quello di spingere verso un sempre crescente coordinamento per un più efficace monitoraggio delle isole Eolie, come abbiamo detto. Quando si parla di monitoraggio, poi, non va mai dimenticato l’aspetto riguardante la sorveglianza e la capacità di informare sulla base di quello che registrano i sistemi di monitoraggio. Quindi il Centro dovrà occuparsi anche di quest’altro aspetto per così dire “informativo”, già esistente all’interno dell’INGV ma da sviluppare con ancora maggior attenzione soprattutto nei riguardi delle autorità di Protezione Civile presenti alle Eolie, ovvero i Sindaci e il Dipartimento di Protezione Civile della Regione Siciliana. Attraverso questo secondo compito, il CME punta quindi anche a migliorare l’interazione con questi organi e a fornire alla popolazione residente e ai turisti in visita delle informazioni chiare e affidabili sulle eventuali variazioni dell’attività dei vulcani eoliani.
A proposito della funzione informativa del nuovo Centro di Monitoraggio, l’INGV ha già, alle Eolie, due Centri Informativi a Stromboli e a Vulcano: in che modo le attività dei Centri interagiranno con quelle del CME?
Hai usato la parola giusta, è un’interazione. Dal punto di vista dello Statuto che lo disciplina, il Centro, coordinando tutte le Sezioni che operano alle Eolie, include anche i due Centri informativi di Stromboli e Vulcano. In realtà, però, il CME non ha tanto il compito di organizzare il loro funzionamento, quanto quello di fare in modo che i Centri informativi diventino sempre più punto di riferimento per la migliore informazione alla popolazione, alle autorità di Protezione Civile ed ai turisti sull’attività vulcanica in corso.
La scorsa estate, ad esempio, a seguito dei due parossismi di Stromboli c’è stata una enorme preoccupazione legata a questa inaspettata e fortissima attività del vulcano: l’accesso alle isole è stato bloccato per la maggior parte dei visitatori e c’è stata una forte necessità di comunicare le informazioni scientifiche in nostro possesso alla popolazione ma anche ai turisti che erano rimasti a Stromboli e che volevano capire se dovessero scappare o se, invece, potessero rimanere sull’isola, che tipo di eventi fossero avvenuti e che tipo di eventi ci si potesse ancora aspettare. Volevano capire, ad esempio, se ci fosse la possibilità di un nuovo tsunami come quello del 2002 che, con i villeggianti ad occupare le spiagge, avrebbe costituito uno scenario critico di allarme.
Il grande afflusso di visitatori ai Centri e le moltissime richieste ad essi rivolte ci hanno confermato, quindi, come essi rivestano un compito fondamentale per il trasferimento delle conoscenze e delle informazioni che acquisiamo quotidianamente attraverso la ricerca e il monitoraggio.
Trasferire la conoscenza scientifica acquisita dal CME al pubblico è la mission dei Centri informativi di Stromboli e Vulcano che potranno offrire in maniera tempestiva tutte le informazioni necessarie anche e soprattutto in caso di fenomeni eruttivi particolarmente violenti. Con questa indispensabile e continua sinergia tra CME e Centri, gli abitanti delle Eolie potranno avere consapevolezza di ciò che accade in realtime e di cosa aspettarsi da una terra vulcanica, compito estremamente delicato quando la popolazione è costituita anche da turisti che quelle terre le vivono nei momenti di serenità e svago.
Il CME è un Centro che sta muovendo oggi i suoi primissimi passi: qual è il tuo auspicio per il futuro?
Stiamo vivendo un periodo molto complesso, lo vediamo e lo viviamo ogni giorno anche attraverso le notizie che ci giungono non solo dal nostro Paese ma ormai da tutto il mondo. Il CME in questo momento è in piena fase organizzativa, ma anche noi abbiamo dovuto rallentare un po’ per via dell’emergenza Covid-19. Quello che mi auguro è che possiamo mettere in atto al più presto tutti i compiti che ci sono stati affidati dai vertici del nostro Istituto, da quelli di coordinamento a quelli di potenziamento del sistema di monitoraggio di Stromboli. Questi importanti obiettivi ci permetteranno in futuro di avere una migliore presenza e di offrire un miglior contributo dell’INGV alla gestione delle eruzioni e alla mitigazione dei rischi ad esse connessi per migliorare la vita e l’abitabilità delle isole Eolie.
Il mio è quindi, fondamentalmente, un auspicio di buon lavoro: le Eolie sono un luogo straordinario, unico al mondo, e la gente che le abita e che le visita deve poter godere di quello che vede, anche di quell’attività vulcanica così peculiare, minimizzando i rischi ad essa collegati.