Recentemente è stato pubblicato uno studio sul Catalogo dei Forti Terremoti, il CFTI5Med, una raccolta di facile consultazione dove è possibile visualizzare gli eventi sismici avvenuti nell'area italiana tra il 461 a.C. e il 1997 e quelli dell’area mediterranea, tra il 760 a.C. e il 1500. L'Italia vanta un catalogo come pochi, questo perché la sismologia storica nel nostro Paese poggia su una lunga tradizione. Ciò ci permette di conoscere nel dettaglio gli effetti dei grandi eventi della storia. Perché è così importante? Gianluca Valensise, Dirigente di Ricerca dell’INGV, ci ha svelato i segreti custoditi dai terremoti del passato.
A quando risalgono in Italia le prime fonti sui terremoti?
Sul territorio italiano alcune persone particolarmente sensibili compresero l’importanza di tramandare ai posteri gli effetti degli eventi sismici già tra XII e il XV secolo, con lo sviluppo dei centri abitati. Anche le istituzioni in quel periodo cominciarono a produrre informazioni e successivamente, nel 1901, Mario Baratta compilò un catalogo che rappresentò il punto di partenza per le raccolte future: elencò ben 250 centri sismici italiani definendo la localizzazione dei terremoti storici con accuratezza. In pochi al mondo possiedono una raccolta come la nostra e analizzando queste descrizioni dettagliate possiamo comprendere i terremoti del passato come se fossero recenti: è il caso del forte sisma avvenuto nel 1117 in provincia di Verona, ricostruito a nove secoli di distanza grazie ai dati sull'intensità.
Da dove è nata la necessità di redigere un catalogo dei forti terremoti in Italia?
È nata dal bisogno di integrare un tale patrimonio informativo con dati geofisici e territoriali, alla luce di un accurato contesto geografico. La disponibilità a partire dagli anni Novanta dei Sistemi Informativi Geografici ha permesso di implementare nuove forme di catalogazione e rappresentazione dei dati sui terremoti. È stato così che nel 1995 uscì la prima versione del Catalogo dei Forti Terremoti in Italia, a cura dell'allora Istituto Nazionale di Geofisica e della Storia Geofisica Ambiente, società specializzata nella ricerca e sistematizzazione degli eventi avversi del passato. Il catalogo costituiva un puntuale repertorio degli impatti territoriali, sociali e economici dei terremoti, inizialmente di intensità maggiore dell’ottavo grado della scala Mercalli. La scala venne abbassata nelle versioni successive che estesero, inoltre, l'area di pertinenza a tutto il bacino del Mediterraneo. Ne è risultata una corposa banca dati informatizzata, gestita mediante un sistema web – GIS.
Quali sono le novità dell'ultima versione?
Il CFTI5Med presenta molte novità, oltre all'aggiornamento dei dati relativi a numerosi terremoti. Sono state geo referenziate e riprocessate oltre 2.300 descrizioni di effetti ambientali dei forti eventi e più di 23.000 testimonianze possono essere scaricate dagli utenti in formato “pdf”, sotto forma di scansioni o trascrizioni. È stata inoltre implementata la possibilità di rappresentare in ambito GIS (Sistema Informativo Geografico) gli eventi sismici e i loro effetti insieme ad altri livelli informativi contenenti cartografie geologiche, faglie sismogenetiche e dati sismologici strumentali, per fare degli esempi.
Perché la memoria storica dei terremoti è così importante?
Perché è grazie a essa che è stato possibile arrivare a forme di catalogazione avanzate come il CFTI5Med, un formidabile contenitore di dati che si presta a studi diversi. Essendo fornita l'entità del danno località per località, quindi l'intensità in scala Mercalli, è possibile compiere elaborazioni automatiche al computer dotate di oggettività e riproducibilità statistica. Tutto ciò ci aiuta a definire parametri importanti e ci permette di costruire i modelli di pericolosità sismica.
Di che parametri si tratta?
La magnitudo del terremoto e il suo epicentro si possono definire come un livello di conoscenza di base. Con il catalogo CFTI5Med si può ottenere molto di più: si può definire con una certa approssimazione la faglia che ha generato il terremoto, la sua lunghezza e dove è orientata. La direttività della faglia è un parametro molto importante. Il terremoto è generato da una frattura che si propaga nello spazio. Ebbene, quella rottura ha un punto di inizio e uno di fine e lo scuotimento nelle località situate in quella direzione sarà più forte rispetto a quello nella parte opposta. Per fare un esempio, è quello che è accaduto con il terremoto Calabro Messinese del 1908 dove la rottura iniziò nella parte meridionale dello Stretto di Messina, in pieno Mar Ionio, e procedette a una velocità di due chilometri al secondo, la velocità di rottura tipica delle faglie, verso nord. Ciò determinò la distruzione di Reggio Calabria e di Messina. Se quel terremoto fosse avvenuto sulla stessa faglia ma con una direttività opposta, questo aumento di accelerazione si sarebbe scaricato in pieno Mar Ionio e forse le città non sarebbero state totalmente devastate.
Cosa altro raccontano gli eventi del passato?
La conoscenza degli eventi del passato ci aiuta, inoltre, a scoprire le faglie nascoste, come quelle presenti sotto la Pianura Padana. Questo tipo di faglie non arriva in superficie per cui è difficile capire dove sono situate. I terremoti storici sono molto utili in questo caso perché rappresentano dei punti fermi. Per esempio, il terremoto di Ferrara del 1570 è stato generato da una faglia cieca, che non arriva in superficie. È però un punto fermo che ci dice che lì c'è qualcosa. Ciò permette di condurre studi più approfonditi, anche del sottosuolo. Senza il dato storico che “inchioda” il terremoto come nel 1570 noi staremo ancora brancolando nel buio.
Infine c'è il tema dei terremoti complessi. In Italia il 70% dei terremoti avviene con delle sequenze, sono degli esempi il sisma della Valle del Belice nel 1968 e quello del Friuli nel 1976 fino ad arrivare alla sequenza sismica dell’Italia centrale del 2016. Nonostante ciò, fino a quindici anni fa circa, nei modelli di pericolosità sismica le sequenze venivano considerate come un evento unico, veniva cioè considerata solo la scossa più grande. Capire la complessità delle sequenze ci permette, invece, di avere una base statistica su cui ragionare e di disegnare meglio la mappa delle faglie in Italia. La capacità di “spacchettare” un forte terremoto in tre faglie, come è accaduto con il terremoto del 1456 dell'Italia centrale - meridionale, ha permesso di identificare sorgenti diverse. Senza questi dati si correrebbe il rischio di definire un epicentro che è solo una media di epicentri distanti e ciò dal punto di vista fisico non ha significato.
Per concludere, la sismologia storica fornisce dati cruciali per qualunque analisi di pericolosità e rischio sismico, ma agli occhi di molti può apparire come una disciplina meno blasonata della attuale sismologia strumentale. Ma la piena comprensione della sismogenesi può avvenire solo studiando i fenomeni da tutti i punti di vista e, in ciò, la sismologia storica ci offre un fondamentale ed insostituibile contributo.