In Italia l’attività sismica ha lasciato nel tempo tracce profonde e, purtroppo, continua a colpire paesi e popolazioni. La conoscenza dei terremoti del passato consente di valutare la pericolosità sismica di determinate aree permettendo l’elaborazione di strategie di difesa e protezione. Ed è per non dimenticare che abbiamo parlato con Dante Mariotti del terribile terremoto – maremoto che il 28 dicembre 1908 colpì Sicilia e Calabria. Ricercatore dell’INGV dal 2007, Dante si occupa di studi di sismologia e vulcanologia storica e ha collaborato alla creazione del Catalogo dei Forti Terremoti, lo strumento analitico che fornisce tutte le informazioni disponibili per ciascun terremoto in un formato facilmente accessibile, consentendo di valutare anche i dettagli più piccoli degli impatti sul territorio.
Il terremoto che colpì le sponde dello Stretto di Messina nel 1908 si può considerare una delle più grandi catastrofi che lo Stato Italiano si trovò ad affrontare. Cosa accadde all'alba di quel 28 dicembre?
Il terremoto del 28 dicembre del 1908 fu uno dei più forti della storia sismica italiana, un'autentica catastrofe. Nota con il nome con cui è definito ormai dal punto di vista degli effetti sia per l'altissimo numero dei morti che per la distruzione di due città importanti come Reggio Calabria e Messina. La scossa fu registrata alle ore 05:20:27 con un valore di magnitudo di 7.1 ed ebbe una durata di circa quaranta secondi. Oltre settanta località della provincia di Reggio Calabria e quattordici della provincia di Messina subirono distruzioni devastanti, estese dal 70 al 100% del fabbricato. A Messina il terremoto distrusse completamente il tessuto urbano: abitazioni, edifici pubblici civili ed ecclesiastici, infrastrutture. Secondo i dati del Ministero dei Lavori Pubblici soltanto due case risultarono illese, le altre crollarono totalmente o ne rimasero in piedi solo le pareti esterne, mentre collassarono tetti, solai, muri divisori e scale. Bisogna dire che i danni di questo terremoto si sovrapposero in molti casi a quelli degli eventi sismici del 1894, del 1905 e del 1907. Non erano state effettuate riparazioni adeguate e il disastro fu causato non solo dalla grande violenza del terremoto ma anche da fattori di debolezza strutturale dell'edilizia, sia quella delle città dei centri maggiori, sia quella rurale dei paesi.
A seguito del terremoto uno tsunami si scagliò su entrambe le coste dello Stretto. Quale fu la portata del maremoto?
Secondo i testimoni il maremoto avvenne da cinque a dieci minuti dopo il terremoto. Fu anch'esso di violenza straordinaria e probabilmente, almeno in epoca storica, il più importante rilevato in Italia. Colpì entrambe le coste dello Stretto di Messina e aggravò, in diverse località, le distruzioni del terremoto causando altre vittime tra le persone che erano scampate ai crolli. Sulla costa orientale della Sicilia l'altezza raggiunta dalle onde fu compresa tra sei e nove metri e mezzo e venne rilevata nel tratto compreso tra la foce della fiumara Portalegni, a sud del porto di Messina, e Giardini Naxos, con una punta estrema di oltre undici metri a Sant’Alessio Siculo. Per quanto riguarda la Calabria, lo tsunami fu più grave nel tratto da Gallico Marina a Lazzaro e l’altezza massima delle onde fu compresa tra i sei e gli undici metri, con un massimo di circa tredici metri rilevato a sud del paese di Pellaro. A nord di quest’area, il maremoto ebbe dimensioni ancora rilevanti sulle coste reggine dello Stretto fino alla Punta Pezzo, fu invece molto ridotto lungo il litorale tirrenico della Calabria.
E l'impatto degli eventi sull'uomo e sull'ambiente?
Per quanto riguarda i decessi, la stima più accreditata per tutta l'area colpita è di circa ottantamila morti. Le vittime furono quindi numerosissime ci furono pesanti ripercussioni sociali anche a causa del patrimonio edilizio gravemente danneggiato. Il terremoto – maremoto aggravò l'isolamento di alcune zone e ci furono ripercussioni per decenni. L’impatto del catastrofico evento sull’ambiente comportò importanti sconvolgimenti che segnarono il paesaggio, soprattutto nell’area dello Stretto dove lo scuotimento fu maggiore. Fu registrato un abbassamento del suolo a Messina, Reggio Calabria e Villa San Giovanni. Notevoli variazioni della linea di costa vennero riscontrate in numerose località calabresi, dove il terremoto e il maremoto accelerarono una fase di immersione del litorale già in atto. Presso Pellaro la costa arretrò in alcuni punti di cinquanta metri circa mentre a Gallico Marina la spiaggia perse dieci metri di larghezza. Infine, una vasta area della Calabria e della Sicilia subì frane, smottamenti e scoscendimenti attivati dal terremoto con parziali spostamenti e scivolamenti dei terreni.
Il disastroso terremoto - maremoto è stato ricostruito grazie a preziose fonti scientifiche. Quali?
Per ciò che riguarda le fonti scientifiche, alcuni tra i più grandi studiosi di scienze della Terra si occuparono del terremoto e produssero centinaia di lavori che hanno indagato l’evento da diversi punti di vista disciplinari, dalle modalità di propagazione delle onde sismiche, all’analisi degli aspetti geologici, alle ricadute in campo ingegneristico. Le indagini più dettagliate sugli effetti furono condotte da tre illustri scienziati: l’abate Giuseppe Mercalli, che ha dato il nome alla nota scala d’intensità per classificare gli effetti dei terremoti; Mario Baratta, fondatore della sismologia storica italiana; Giovanni Platania, docente di Fisica terrestre presso l’Università di Catania, che studiò a fondo gli effetti dello tsunami. Mario Baratta fu autore del lavoro più completo e autorevole per conoscere da osservazioni dirette il terremoto del 1908. La sua grande opera, La catastrofe sismica calabro messinese (1910), è un punto di riferimento metodologico nell’ambito degli studi di sismologia e ancora oggi si impone all’attenzione degli studiosi per la qualità e la sistematicità delle informazioni, unite a una grande chiarezza di esposizione, motivata dall’intenzione di divulgare il più possibile quei dati. Baratta compì due missioni nei luoghi devastati dal terremoto e lavorò successivamente per circa un anno all’organizzazione dei dati raccolti avvalendosi anche di numerosi rapporti provenienti da sindaci, parroci e altre autorità delle zone colpite. Anche Giuseppe Mercalli visitò nell’aprile del 1909 Messina, Reggio e altre località calabresi colpite. Stilò una relazione ricca di osservazioni, elaborò un elenco di località classificate con i gradi di intensità, utilizzando la sua scala macrosismica, a cui proprio in questa occasione, di fronte alle immani dimensioni delle distruzioni, aggiunse il grado XI “catastrofe”. Per quanto riguarda il maremoto che si abbatté sulle sponde dello Stretto, le informazioni più importanti sugli effetti vennero raccolte da Giovanni Platania che le rese note in uno studio pubblicato nel Bollettino della Società Sismologica Italiana. L’autore visitò tutti i siti colpiti sulla costa orientale della Sicilia e alcune delle località più devastate sulla costa calabrese, raccogliendo i racconti dei testimoni diretti dell’accaduto e stimando l’altezza raggiunta dalle onde attraverso la misurazione dei segni lasciati sui muri e sul terreno attraverso l’utilizzo di precisi strumenti ottici.
E le fonti storiche?
Le fonti storiche più attendibili sono le fonti amministrative e la documentazione istituzionale. conservata in particolare negli archivi di stato di Messina e Reggio Calabria. Anche l'archivio centrale dello Stato rappresenta un’importante fonte di informazioni. È doveroso segnalare l’ampia relazione della Direzione generale dei servizi speciali del Ministero dei Lavori Pubblici del 1912, pubblicata al termine della fase dell’emergenza, dove è tracciato il consuntivo dell’attività svolta dal governo nei comuni colpiti per la messa in sicurezza degli edifici pericolanti e per la costruzione di baracche per i senzatetto e gli uffici pubblici rimasti privi di sede. Allegata a questa relazione vi è una dettagliata tabella riassuntiva dei danni e delle vittime relativa a tutti i comuni delle province più colpite. Altrettanto rilevante per l'analisi degli effetti è una vasta documentazione fotografica, frutto dei tanti fotografi italiani e stranieri che si recarono sul posto. Il contributo più importante da questo punto di vista è una pubblicazione della Società Fotografica Italiana che mise insieme oltre seicento fotografie che documentano in modo realistico ed efficace il “prima” e il “dopo” delle città di Messina, di Reggio e di molti paesi della Calabria. Concepito all’epoca come un mezzo per trasmettere la memoria dell’originale aspetto delle località e degli edifici monumentali azzerati dal sisma, questa raccolta è oggi uno strumento straordinario per lo studio degli effetti del terremoto e del maremoto su paesi ed edifici. Esistono anche alcuni rarissimi filmati cinematografici che documentano i danni dell’evento distruttivo e la situazione di emergenza estrema in cui versavano le popolazioni subito dopo la catastrofe.
6) Perché è così importante mantenere viva la memoria di eventi come questo?
Gli eventi naturali continuano a causare perdite di vite e di risorse economiche e questo non dovrebbe accadere in un Paese come l'Italia in cui la tradizione della ricerca scientifica nell'ambito delle scienze della Terra è eccellente. Continuare a fare ricerca sui terremoti storici e divulgarne i risultati ottenuti contribuisce a migliorare le carte di pericolosità sismica e di studio di vulnerabilità, quindi favorisce la capacità tecnica di difendersi dai terremoti. Quando si parla di difesa dalle distruzioni causate dagli eventi deve entrare in gioco anche la responsabilità individuale: i primi a doversi preoccupare per la nostra sicurezza dobbiamo essere noi stessi, delegando le competenze agli esperti ma non la consapevolezza dei rischi a cui siamo esposti. Bisogna costruire una cultura della sicurezza che non sia solo accademica bensì popolare, della gente. Per questo è così importante mantenere viva la memoria degli eventi passati.
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