C’è una Sezione, in INGV, che esiste da ancor prima che Giuseppe Garibaldi partisse da Quarto alla volta della Sicilia, in quella chiave di volta del Risorgimento nostrano che passerà alla storia come la celebre spedizione dei Mille. Una Sezione dal passato glorioso, che ha visto avvicendarsi tra le sue stanze, da ancor prima che l’Italia diventasse una repubblica, personalità illustri del mondo scientifico giunte a Napoli per studiare da vicino uno dei vulcani più famosi del mondo. Stiamo parlando dell’Osservatorio Vesuviano, una delle tre Sezioni monitoranti dell’INGV nonché primo osservatorio vulcanologico della storia.
L’Osservatorio di oggi è un polo scientifico fondamentale per il Paese, che nel corso dei suoi lunghissimi anni ha saputo ampliare il ventaglio di attività al centro del suo ruolo istituzionale diventando un punto di riferimento imprescindibile nello studio e nel monitoraggio di Vesuvio, Campi Flegrei e Isola di Ischia, ma anche dei vulcani dell’arco eoliano e in particolare di Stromboli.
Per conoscere meglio la ricchissima storia e le numerose attività dell’Osservatorio Vesuviano, abbiamo intervistato uno dei suoi migliori conoscitori, Mario Castellano, Dirigente Tecnologo dell’INGV da sempre impegnato nel monitoraggio sismologico e geofisico dei vulcani campani, nonché responsabile dei flussi di comunicazione tra OV e Protezione Civile.
Mario, la storia dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV ha radici che affondano molto più indietro nel tempo rispetto a quelle dell’Istituto come lo conosciamo oggi. Vogliamo ripercorrerne le tappe più importanti?
Volentieri. L’Osservatorio Vesuviano è stato il primo osservatorio vulcanologico al mondo. È stato fondato dal Re Ferdinando II di Borbone nel 1841 e inaugurato nel 1845 in occasione del VII Congresso degli Scienziati Italiani. Nel corso degli anni molti illustri scienziati si sono avvicendati a ricoprire il ruolo di Direttore dell’Osservatorio, contribuendo alla crescita delle attività di ricerca svolte dall’OV in diversi campi della geofisica e della vulcanologia. Tra questi, basti ricordare Luigi Palmieri, che nel 1856 realizzò il primo sismografo elettromagnetico con il quale vennero studiate le correlazioni tra attività sismica e vulcanica del Vesuvio, e Giuseppe Mercalli, forse il Direttore più famoso, noto per la scala sismica che porta il suo nome oltre che per il primo catalogo dei terremoti storici italiani. Un forte programma di ammodernamento di tutta la strumentazione in funzione all’Osservatorio Vesuviano venne portato avanti da Giuseppe Imbò, Direttore dal 1935 al 1970, che nel 1944 ebbe modo di studiare in dettaglio l’ultima eruzione del Vesuvio.
Per decenni l’oggetto principale degli studi e delle ricerche effettuate all’Osservatorio Vesuviano è stato il Vesuvio, praticamente in attività continua fino all’ultima eruzione del 1944. Ma dalla fine degli anni Sessanta del secolo scorso l’attenzione è stata rivolta anche all’area dei Campi Flegrei, soggetta al fenomeno del bradisismo, che nel 1969-1970 e 1982-1984 è stata sede di due importanti crisi legate alla dinamica vulcanica dell’area, con sollevamento del suolo, attività sismica e variazioni della composizione chimica delle fumarole. Durante queste crisi bradisismiche l’Osservatorio Vesuviano è stato impegnato nella rilevazione e nello studio dei segnali geofisici e geochimici operando un primo deciso potenziamento delle reti di monitoraggio nell’area dei Campi Flegrei.
Infine, per quanto riguarda il monitoraggio dell’Isola d’Ischia, l’Osservatorio Vesuviano ha avviato dalla metà degli anni Novanta un progetto che ha portato all’installazione delle prime tre stazioni sismiche e di una stazione GPS fino a raggiungere, nel tempo, l’attuale configurazione con un sistema di monitoraggio geofisico basato su Rete Sismica, Rete GPS e Rete Tiltmetrica.
Ma l’attività di ricerca non si è limitata ai vulcani campani: potendo contare su dei laboratori naturali, i ricercatori dell’Osservatorio Vesuviano hanno effettuato esperimenti scientifici sia in Italia (come all’Etna e alle Isole Eolie) che all’estero (per esempio al Teide nelle Canarie, al Colima in Messico e a Deception in Antartide) contribuito ad aumentare la conoscenza delle dinamiche tipiche di questi vulcani attivi.
Cosa successe con la “nascita” dell’INGV?
Con il Decreto Legge 381/1999, che sanciva la nascita dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, l’Osservatorio Vesuviano è diventato una Sezione del nuovo Ente portando “in dote” tutto il suo patrimonio culturale e scientifico di rilevanza nazionale e internazionale e contribuendo in modo fondamentale alla stessa crescita dell’INGV. In questa nuova fase della vita dell’Osservatorio Vesuviano non sono mancati fenomeni sismici e vulcanici che hanno impegnato, e tuttora impegnano, il personale della Sezione: basti pensare alla nuova ripresa del bradisismo dei Campi Flegrei, in atto dalla fine del 2005, che nel dicembre 2012 ha visto la Commissione Grandi Rischi proclamare il livello di allerta giallo di “Attenzione”, o al terremoto di Ischia del 21 agosto 2017 che provocò vittime e rilevanti danni nella zona di Casamicciola.
In questi ultimi venti anni l’Osservatorio Vesuviano ha continuato a sviluppare le attività di ricerca e sorveglianza sui vulcani campani e su Stromboli, potenziando e ammodernando le reti di monitoraggio e le tecniche di analisi e ottenendo uno dei sistemi di monitoraggio dei vulcani attivi più efficace a livello mondiale.
I vulcani attorno ai quali si concentra il lavoro di monitoraggio dell’OV sono, quindi, principalmente quelli campani…
Sì, come dicevo l’Osservatorio Vesuviano svolge attività di ricerca, monitoraggio e sorveglianza geofisica, geochimica e vulcanologica sui vulcani campani (quindi Vesuvio, Campi Flegrei e Ischia); si occupa però anche di Stromboli per la parte sismologica.
In cosa consistono le attività di sorveglianza svolte dall’OV?
Si tratta di una sorveglianza di tipo multiparametrico, basata su reti di monitoraggio in continuo integrate da reti temporanee e da campagne di misura periodiche. Su ogni vulcano sono operative diverse reti geofisiche e geochimiche in grado di rilevare variazioni anche minime dei parametri monitorati. La sorveglianza continua viene effettuata con Reti sismiche permanenti e mobili, Reti per il controllo delle deformazioni del suolo (quali GPS, Tiltmetrica e Mareografica), Reti Geochimiche per l’analisi della composizione chimica delle fumarole e dei gas emessi dal suolo, Reti Termometriche che misurano le variazioni di temperatura al suolo. A queste si affiancano campagne di misura periodiche quali Gravimetria relativa ed assoluta, Termometria con telecamere termiche e termocoppie, Analisi di dati satellitari, Livellazioni di precisione.
Alle misure geofisiche e geochimiche si accompagnano i rilievi vulcanologici sulle formazioni geologiche presenti, importanti per lo studio e la conoscenza della storia evolutiva e dei meccanismi eruttivi delle tre aree vulcaniche.
Chi si occupa di raccogliere e analizzare tutte queste misurazioni?
I segnali di tutte le reti confluiscono nella Sala di Monitoraggio dove vengono espletati i turni di sorveglianza h24 dal personale di ricerca e tecnico.
Questa attività ha avuto un grande impulso negli ultimi anni grazie agli obiettivi previsti dal Progetto FISR-SOIR “Sale Operative Integrate e Reti di Monitoraggio del futuro: l’INGV 2.0” portando una reale integrazione tra le Sale Operative delle tre Sezioni monitoranti dell’INGV: Osservatorio Vesuviano, Osservatorio Etneo di Catania e Osservatorio Nazionale Terremoti di Roma.
Oltre alle attività di Sala di Monitoraggio, tutti i dati acquisiti vengono elaborati in dettaglio dai Laboratori di analisi delle rispettive tematiche da dove confluiscono nei data-base dedicati.
Come funziona la “catena di montaggio” in caso di evento eruttivo o di cambiamenti sostanziali nei parametri monitorati?
Dal punto di vista dello stato di attività vulcanica i tre vulcani campani si trovano a livelli di allerta diversi: Livello Base (verde) per Vesuvio e Ischia (il che significa parametri di monitoraggio nella norma) e Livello Attenzione (giallo) per i Campi Flegrei (con parametri di monitoraggio su valori anomali protratti nel tempo).
È proprio per i Campi Flegrei, infatti, che dal dicembre 2012 stiamo attuando le procedure previste per il cambiamento del livello di allerta. Ciò significa che sono state potenziate le reti di monitoraggio geofisico e geochimico, intensificate le campagne di misure periodiche, aumentati i punti di campionamento geochimico nell’area di maggiore attività di Solfatara-Pisciarelli. Inoltre, come previsto dai flussi di comunicazione tra INGV e Dipartimento della Protezione Civile (DPC), con il passaggio al Livello giallo di Attenzione il Bollettino di aggiornamento sullo stato del vulcano è diventato settimanale e viene emesso il martedì.
Oltre al potenziamento del sistema di monitoraggio e alla frequenza delle comunicazioni con il DPC, il cambiamento dei parametri monitorati ai Campi Flegrei comporta un maggior livello di attenzione anche nelle attività di sorveglianza, con il personale turnista sempre in stretto contatto con i reperibili sismologo e vulcanologo per un continuo supporto alle analisi dei dati registrati. Nello specifico, i reperibili vengono allertati dai turnisti in caso di attività sismica rilevante, come ad esempio terremoti di maggiore energia o sciami sismici importanti, così come a seguito di segnalazioni su manifestazioni di tipo vulcanico, come l’apertura di nuove fumarole o delle modifiche delle emissioni in aree già oggetto di monitoraggio.
Da quanto tempo sei all’Osservatorio e in cosa consiste prevalentemente il tuo lavoro?
Ho iniziato a collaborare alle attività di ricerca e monitoraggio dell’Osservatorio Vesuviano dopo la laurea in Scienze Geologiche nel 1979 e sono diventato di ruolo come Ricercatore Geofisico nel 1986. Negli anni mi sono occupato prevalentemente dello studio della sismicità dei vulcani campani e siciliani gestendo la Rete Sismica Mobile dell’Osservatorio Vesuviano per poi diventare Responsabile della Rete Sismica Permanente.
Attualmente sono Responsabile dell’Unità Funzionale “Monitoraggio Geofisico” che si occupa della gestione di tutte le reti geofisiche predisposte per il monitoraggio. Mantenere il corretto e continuo funzionamento delle stazioni è un’attività fondamentale per garantire un elevato livello del monitoraggio: è per questo indispensabile la collaborazione di tutti i colleghi che operano su ogni tipologia di rete. Il nostro è un lavoro di squadra in cui ricercatori, tecnologi e personale tecnico operano insieme non solo per il controllo e la manutenzione delle apparecchiature ma anche per lo sviluppo e il potenziamento dei sistemi di monitoraggio.
Inoltre, mi occupo anche del coordinamento dei documenti di comunicazione destinati al DPC: bollettini di sorveglianza settimanali e mensili e relazioni semestrali. In questi documenti vengono raccolte le sintesi delle attività di monitoraggio sui vulcani campani.
Qual è, secondo te, la percezione che ha la popolazione locale di questa importante Sezione dell’INGV?
L’Osservatorio Vesuviano è da sempre un punto di riferimento per i cittadini della Campania particolarmente sensibili ed esposti alle attività sismiche e vulcaniche della nostra Regione: il rapporto con la popolazione è molto stretto.
In occasione di terremoti avvertiti, sono sempre numerose le telefonate che arrivano alla nostra Sala Operativa per avere informazioni sull’evento e sull’eventuale evoluzione del fenomeno.
Con la ripresa del bradisismo dei Campi Flegrei, dove tra l’altro la soglia di avvertibilità dei terremoti è molto bassa anche a causa dell’estrema superficialità degli eventi, le richieste di informazioni sono aumentate notevolmente anche attraverso i canali social attivi da alcuni anni sia a livello di Istituto che di Sezione. In questo modo i cittadini sanno di poter contare su un’informazione precisa e affidabile specialmente in un periodo in cui proliferano su Internet pagine poco attendibili dove si tende più a rendere “sensazionale” il “normale” che a dare corrette informazioni, con il risultato di innescare paure e timori ingiustificati nella popolazione.
Qual è stato, in questi anni all’OV, l’episodio professionale più significativo e divertente che ti piacerebbe ricordare?
Indubbiamente ce ne sono stati tanti e di vario tipo, ma ce n’è uno in particolare che se ci penso ancora mi emoziona.
Era il lontano 1983 e l’Osservatorio Vesuviano stava partecipando al Progetto di Ricerca “Geotraversa Europea” che consisteva nella registrazione con stazioni sismiche portatili dei segnali prodotti da esplosioni artificiali in terra e in mare. L’obiettivo del progetto era la ricostruzione della struttura crostale e subcrostale delle aree interessate dalle prospezioni.
Eravamo in Sardegna e formavamo tre gruppi di operatori ognuno dei quali dotato di auto: ogni gruppo doveva posizionare le stazioni sismiche in dotazione lungo un profilo predefinito e registrare i segnali generati dagli scoppi. Gli scoppi erano programmati a ore determinate ma se per qualche motivo non era possibile effettuare il brillamento, esistevano due orari di riserva alle due ore successive. Non c’era modo di sapere se lo scoppio principale era stato effettuato se non andando a telefonare alla base delle operazioni dal paese più vicino e ricevere istruzioni: andare via o restare per gli scoppi di riserva, e questa operazione veniva effettuata dal caposquadra di ogni gruppo, uno dei quali ero io. All’epoca non esistevano i cellulari, e le radio ricetrasmittenti, di cui pure eravamo dotati, non riuscivano a coprire le distanze tra i vari gruppi.
Era l’ultimo giorno della campagna in Sardegna e ci trovavamo nel settore centro-meridionale dell’isola, dopo la registrazione in serata dovevamo imbarcarci ad Olbia per continuare l’esperimento tra Emilia Romagna, Toscana e Liguria. Per questo motivo lasciammo l’albergo con armi e bagagli e i tre gruppi si diressero verso le proprie aree di intervento dandoci appuntamento ad Olbia per l’imbarco.
Quel giorno gli scoppi erano in mare a sud della Sardegna ma il mare era mosso e la nave non fu in grado di effettuare le operazioni né per lo scoppio principale né per le riserve, rimandando tutto al giorno dopo… ma noi dovevamo partire in serata! Cosa fare? Rispettare il programma stabilito e andare ad Olbia o aspettare il giorno dopo? Non c’era possibilità di comunicare con i caposquadra degli altri due gruppi per organizzarci e alla fine presi la decisione di ritornare al nostro albergo, unico punto in comune che avevamo. Quando sono entrato nel parcheggio dell’albergo e ho visto le altre due auto dell’Osservatorio parcheggiate mi sono emozionato e ho capito che con gli altri due amici caposquadra eravamo veramente un gruppo ben affiatato. Ci abbracciammo tutti, contenti come bambini di aver preso la stessa decisione e di poter continuare l’esperimento.
I cambiamenti nella nostra vita quotidiana indotti negli ultimi mesi dall’emergenza sanitaria da Covid-19 hanno influito sul tuo lavoro e, più in generale, sul lavoro dell’Osservatorio?
Indubbiamente è stato un periodo complicato con l’introduzione dello smart working, ma devo dire che l’organizzazione realizzata dalla Direzione di Sezione ha consentito a tutti di svolgere al meglio il proprio lavoro.
È stato possibile mantenere in presenza le attività indifferibili come i turni di sorveglianza, e anche la manutenzione delle stazioni di rilevamento e i campionamenti o le misure sul terreno sono stati effettuati mantenendo sempre il pieno rispetto delle disposizioni di sicurezza.
Anche il supporto fornito dai colleghi del Centro Servizi Informatici (CSI) è stato importantissimo, consentendoci il collegamento da remoto ai server dell’Istituto per continuare tutte le procedure di analisi dei dati indispensabili alle attività di ricerca e monitoraggio. In particolare il supporto informatico ha consentito ai colleghi dell’Ufficio Amministrativo della Sezione di svolgere da casa praticamente tutte le attività gestionali, garantendo la piena funzionalità della Sezione stessa.
Personalmente non ho avuto particolari problemi nella gestione dell’Unità Funzionale né nelle attività di ricerca e di comunicazione verso il DPC. Per questo devo ringraziare tutti i colleghi che si occupano delle diverse tematiche di monitoraggio per i loro contributi sempre puntuali, che hanno consentito all’Osservatorio Vesuviano di emettere i bollettini rispettando ogni volta i tempi previsti.
Inoltre, nonostante lo smart working, è stato possibile effettuare riunioni in videoconferenza riuscendo a mantenere vive le collaborazioni tra colleghi e rispettare i tempi per tutta una serie di attività (dalla sottomissione di pubblicazioni scientifiche allo stato di avanzamento di progetti di ricerca) di fondamentale importanza per la nostra vita lavorativa. In videoconferenza è stato possibile anche effettuare delle lezioni per la formazione di nuovi turnisti, formazione che poi è continuata in presenza in Sala di Monitoraggio sempre nel rispetto dei protocolli di sicurezza, consentendo ai colleghi di iniziare i turni nel mese di luglio con la giusta preparazione.
Cosa ti auguri per il futuro della tua Sezione?
Dal punto di vista lavorativo mi auguro che l’Osservatorio Vesuviano abbia un ruolo sempre più trainante all’interno dell’INGV per tutte le tematiche di ricerca e monitoraggio delle aree vulcaniche. Le collaborazioni con le altre Sezioni che si occupano delle stesse attività devono essere ulteriormente incentivate anche per sviluppare in modo congiunto nuove tecniche di monitoraggio e di analisi dei dati mettendo insieme tutte le esperienze fin qui maturate.
Auspico che il rapporto con le Università e le Scuole Superiori diventi sempre più stretto per poter formare all’interno dell’INGV nuovi ricercatori, tecnologi e tecnici in grado proseguire il percorso di innovazione e potenziamento delle infrastrutture.
Personalmente ho la fortuna di lavorare con colleghi che negli anni sono diventati veri amici e in questo modo tutto diventa più facile, anche i carichi di lavoro più pesanti. Se devo augurare qualcosa ai colleghi dell’INGV… è di avere la mia stessa fortuna!