Una Sezione la cui storia inizia molto prima di quella dell’INGV, quando l’Istituto di Ricerca sul Rischio Sismico di Milano era un polo di ricerca d’eccellenza del CNR. Dal 1999, anno della promulgazione della legge istitutiva del nostro Istituto, la storia dell’IRRS si è intrecciata a doppio filo con quella degli altri quattro Enti che da allora costituiscono - ormai sotto un’unica egida - l’INGV.
Nei suoi venti anni di storia, la Sezione di Milano è cresciuta nelle sue attività di ricerca e monitoraggio, diventando un punto di riferimento scientifico nel territorio e affermandosi nel coordinamento di importanti banche dati a livello europeo.
Abbiamo intervistato Lucia Luzi, Direttore della Sezione di Milano dal 2019, che in questi primi due anni di mandato ha dovuto affrontare, accanto alle sfide scientifiche tipiche della professione, anche le grandi difficoltà che lo scorso anno hanno visto la Lombardia teatro della fase più dura dell’epidemia da Covid-19 nel nostro Paese.
Lucia, quali sono le attività di cui si occupa la Sezione di Milano dell’INGV?
Si tratta di attività che abbiamo “ereditato” dall’Istituto di Ricerca sul Rischio Sismico del CNR, che nel 1999 è confluito nell’INGV come lo conosciamo oggi. Si articolano attorno a tre nuclei principali: la gestione della banca dati macrosismica, che venne ‘traghettata’ dall’IRRS all’INGV dal primissimo Direttore della Sezione di Milano, Max Stucchi; la sismologia applicata, con lo studio della variabilità del moto del suolo, l’archivio delle forme d’onda accelerometriche e gli studi sulla pericolosità sismica; e il monitoraggio, un settore che inizialmente non era confluito nel nuovo Ente ma che piano piano, in questi venti anni, siamo riusciti a rimettere in piedi. Oggi, infatti, gestiamo una rete di circa 35 stazioni sismiche che coprono tutta l’Italia nord-orientale, dalle Alpi a nord di Milano fino al Veneto.
Come accennavi, la Sezione di Milano dell’INGV è nata circa venti anni fa, quando l’Istituto di Ricerca sul Rischio Sismico del CNR è confluito, insieme ad altri quattro Enti di Ricerca, nell’Istituto che conosciamo noi oggi. Hai parlato della crescita, in questi due decenni, del vostro impegno nelle attività di monitoraggio: cosa è cambiato in questi anni?
Beh, molte delle nostre attività hanno visto degli sviluppi notevoli. Il monitoraggio sismico, ad esempio, come dicevo veniva svolto anche dall’IRRS ma era più che altro ‘circoscritto’ a esperimenti di sismica attiva. Oggi abbiamo acquisito un parco strumentale molto più ampio e avanzato di quello che avevamo allora, che ci permette di gestire efficacemente la nostra rete di 35 stazioni sismiche.
La macrosismica è rimasta nel tempo un’attività importante per la Sezione: curiamo il
Anche il nostro lavoro nel settore della sismologia applicata ha avuto un grande sviluppo nel corso degli anni: oggi coordiniamo importanti banche dati accelerometriche sia a livello nazionale (
Qual è l’impatto della Sezione di Milano sul territorio?
Devo dire che purtroppo non è ancora un impatto forte quanto vorremmo… Mi spiego meglio: ci occupiamo molto di divulgazione e lo facciamo - in tempo di pace – attraverso attività museali, lezioni presso le scuole, corsi sulla normativa sismica e sismologia applicata per liberi professionisti. Naturalmente in questi ultimi due anni tutto ciò non è stato possibile a causa della pandemia, ma speriamo di poter riprendere presto. Inoltre teniamo un corso di sismologia applicata presso l’Università degli studi di Milano Bicocca.
Recentemente siamo entrati in contatto con la Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, lo storico ente che dal 1387 si occupa della conservazione e della valorizzazione della Cattedrale, che ci ha chiesto di installare una stazione accelerometrica nel basamento del duomo: lo abbiamo fatto e devo dire che il riscontro è stato sorprendente, perché con la ripresa delle attività turistiche al Duomo moltissimi visitatori si sono soffermati e hanno mostrato interesse per la nostra strumentazione. Questo ci ha spinti a voler fare di più, e infatti prossimamente contiamo di ricollocare lo strumento accompagnandolo a dei pannelli esplicativi e descrittivi delle nostre attività, qualcosa che possa incuriosire e avvicinare il pubblico al nostro lavoro.
Questa attività ci ha permesso di entrare in contatto con il responsabile delle Veneranda Fabbrica che ci consentirà di provare una nuova postazione di registrazione nei sotterranei di Palazzo Reale. Recentemente abbiamo contattato il Municipio e la Città Metropolitana per una campagna di misurazione di microtremore in area urbana.
Insomma, questi contatti sono stati preziosi per farci conoscere meglio: l’auspicio, quindi, è quello di radicarci presto un pochino di più nel tessuto della città.
Lo scorso anno la Lombardia è stata, suo malgrado, il fulcro della fase critica della diffusione in Italia dell’epidemia da Covid-19. Quali sono state le maggiori difficoltà che avete affrontato, come scienziati e come persone?
Lavorativamente parlando, le difficoltà principali sono state legate alla chiusura e all’interruzione delle attività che prima svolgevamo regolarmente: divulgazione, corsi, mostre e anche convegni e conferenze, sia in Italia che all’estero. I rapporti con i colleghi sono diminuiti notevolmente, nonostante il grosso aiuto dato dagli strumenti di videoconferenza: questo per il nostro lavoro - che vive anche e soprattutto di scambi di idee e di opinioni - è stato davvero molto penalizzante.
A livello più ‘pratico’ e logistico la situazione pandemica ha di fatto impedito alla maggior parte di noi di recarsi in Sede per diverso tempo, quindi ricordo che per un periodo venivo solamente io e facevo da tramite tra dentro e fuori l’Istituto per i colleghi: chi mi chiedeva di stampare degli articoli, chi di recuperare un monitor… Ricordo poi la difficoltà nel reperire mascherine e disinfettanti… Insomma, è stata dura e abbiamo cercato di darci una mano. Devo dire che siamo stati bravi (e anche un po’ fortunati): pur essendo in Lombardia, nessuno di noi si è infettato!
Poi piano piano, un po’ come nel resto del Paese, abbiamo iniziato a riassaporare un po’ di normalità e a tornare scaglionati in ufficio, cosa che al momento stiamo continuando a fare.
Milano e, più in generale, il territorio lombardo sono un’area in cui la pericolosità sismica è relativamente bassa. Tuttavia, la sismicità è sempre un pericolo per i nostri edifici e, in generale per le nostre città. Quali strumenti potrebbero essere messi in campo nel tessuto sociale milanese per coinvolgere i cittadini su questi argomenti così sensibili?
Intanto non possiamo non considerare che la sensibilizzazione è più forte in quei territori che i terremoti li sperimentano più frequentemente: io vengo da Camerino, quindi mi rendo conto che c’è una percezione del rischio molto diversa legata all’esperienza della popolazione. Detto questo, lo strumento chiave per sensibilizzare è e resta, a mio avviso, la divulgazione: noi puntiamo molto su questo aspetto, sulle lezioni con i bambini e i ragazzi delle scuole, sugli incontri, le mostre, i corsi per i professionisti. Guardiamo anche al dialogo con le amministrazioni comunali e con la Regione Lombardia: in questo caso notiamo una maggiore sensibilità al rischio idrogeologico ad esempio, ma continuando a lavorare bene speriamo di migliorare anche questo aspetto.
Nella tua esperienza di ricercatrice prima e, ora, di Direttore qual è stato l’episodio professionale più significativo che ti piacerebbe raccontare?
Sicuramente un episodio avvenuto qualche anno fa, nel 2014: come INGV facciamo parte di un consorzio europeo di sismologia, ORFEUS, e all’epoca l’allora Segretario Generale doveva scegliere una persona che, nell’ambito di quel consorzio, costituisse e coordinasse la Banca dati accelerometrica europea. Eravamo in Turchia e, oltre a tanti colleghi uomini, c’era un professore del posto particolarmente determinato a ottenere l’incarico (e, devo dire, sicuramente tra i favoriti in lizza). In maniera assolutamente inaspettata, invece, quel posto lo assegnarono a me: vi lascio immaginare la gioia e lo stupore. È stata una soddisfazione grandissima per un incarico molto prestigioso che ho mantenuto finché non sono stata nominata Direttore di Sezione qui a Milano.
…e l’aneddoto più divertente?
Mi ero appena laureata e la mia responsabile di allora, Floriana Pergalani, mi aveva inviata a un workshop a Erice, in Sicilia. Arrivai a Roma, in aeroporto, salii sull’aereo e, girandomi, mi resi conto di essere seduta accanto a Enzo Boschi: “Oh mamma mia!”, pensai! Beh, lui era un personaggio molto gioviale, chiacchierone, quindi iniziammo a parlare e, una volta atterrati a Palermo, mi ritrovai a salire in macchina con lui che aveva l’autista ad attenderlo fuori dall’aeroporto. Mi prese in giro per tutta la durata del convegno, ogni volta che mi incontrava, e io mi imbarazzavo tantissimo. Devo dire che quell’episodio è stato quasi un segno del destino, perché qualche anno dopo io sono approdata davvero all’INGV e lui è diventato il mio Presidente.
Ci sono dei progetti futuri della Sezione di Milano che ti piacerebbe anticiparci?
Sì, direi sicuramente due cose importanti che stiamo portando avanti e che dobbiamo concludere. La prima è una rete che stiamo costruendo per il progetto “Pianeta dinamico”: si tratta di un’attività piuttosto interessante che stiamo realizzando, anche in collaborazione con l’Università Bicocca, in particolare con una professoressa di idrogeologia, la quale ci ha fornito i contatti per costruire una rete installando gli strumenti sismologici insieme a sensori di diverso tipo installati all’interno di pozzi per acqua in disuso. Questi sensori serviranno per il monitoraggio della temperatura, della quota della falda e della salinità dell’acqua, con l’obiettivo di capire se esiste una correlazione tra eventi sismici e variazioni di questi parametri.
Vorremmo poi proseguire con le attività di misura della risposta sismica qui a Milano e, sulla scorta di quanto fatto al Duomo, con l’installazione di qualche altra stazione sismica in altri siti e palazzi storici per continuare a coinvolgere anche la popolazione nella scoperta del nostro lavoro.
Infine un augurio, più che un progetto: a Milano non abbiamo mai risolto, finora, il problema della proprietà della Sede. Siamo ancora all’interno di spazi del CNR, quindi stiamo provando - anche con il nuovo Direttore Generale - a sollecitare le istituzioni competenti affinché ci consentano di acquisire la proprietà degli spazi. È una ‘battaglia’ che si trascina ormai da venti anni, quindi sarebbe senza dubbio un grosso traguardo per la nostra Sezione.