La geochimica è la branca delle Scienze della Terra che studia la distribuzione e il comportamento degli elementi che costituiscono il nostro Pianeta. Una scienza trasversale, dunque, che all’INGV abbraccia tematiche ambientali, sismiche e vulcaniche.
La Sezione Roma1 dell’Istituto ospita un Laboratorio di Geochimica dei Fluidi che supporta le attività di ricerca e di monitoraggio effettuate sia a livello nazionale che internazionale per studiare tematiche relative all’impatto ambientale di alcuni elementi chimici.
Per saperne di più abbiamo intervistato la responsabile del Lab, Alessandra Sciarra, che ci ha raccontato le molteplici applicazioni delle analisi che conduce insieme ai suoi colleghi e che, spesso, li hanno portati sul campo a raccogliere campioni nelle aride zone desertiche sahariane o tra i ghiacci dell’Antartide.
Alessandra, di cosa si occupa il Lab che coordini?
Il Laboratorio di Geochimica dei Fluidi della Sezione di Roma1 è fornito di strumentazione per le analisi cromatografiche di acque e gas, per la determinazione dei parametri chimico-fisici delle acque, delle concentrazioni dei geogas e per la misurazione dei flussi di esalazione dei gas in campagna.
Queste analisi ci consentono di essere in prima linea per quanto riguarda gli studi sull’impatto ambientale, in particolare relativamente alla contaminazione delle acque sotterranee e alla valutazione dei geogas in atmosfera, senza dimenticare l’analisi dei depositi di gas naturale, la caratterizzazione dei fluidi da reservoirs petroliferi e geotermici, l’esplorazione mineraria, i rischi naturali (natural hazard), nonché il monitoraggio in aree vulcaniche e sismicamente attive.
Quindi la vostra attività è orientata sia al supporto delle attività di ricerca che di quelle di monitoraggio…
Sì, esatto. Forniamo supporto alle attività di ricerca e di monitoraggio effettuate sia nell’ambito di progetti di ricerca nazionali che internazionali.
Per fare questo ci occupiamo anche del mantenimento, della gestione e del costante sviluppo del parco strumentale in dotazione al Lab per la caratterizzazione geochimica di siti di interesse ambientale (sia terrestre che marino), vulcanico e sismico, e effettuare studi multidisciplinari con metodi integrati geochimici e geofisici lungo sistemi di fagliazione attiva.
Hai parlato di coinvolgimento in vari progetti di ricerca italiani e internazionali: vuoi citarne qualcuno?
Certamente. Come dicevo, siamo coinvolti in numerosi progetti, ma tra questi ci tengo a ricordare i Progetti Europei LIFE RESPIRE, IMPROVE e LUSILAB, il Progetto SENECA del PNRA (Programma Nazionale di Ricerche in Antartide), i Progetti Dipartimentali FURTHER, FIRST e MACMAP, e i Progetti di Pianeta Dinamico MYBURP e HEAVEN.
Tornando al Laboratorio, che genere di analisi svolgete al suo interno?
Le attività del nostro Laboratorio si organizzano essenzialmente attorno a due grandi nuclei: una parte connessa alla analisi effettuate sui campioni di acque e gas che si basano sulla tecnica della cromatografia gassosa e ionica, e una parte legata alle misure che vengono effettuate in campagna.
Per quanto riguarda la parte analitica delle specie gassose, siamo in grado di effettuare analisi chimiche quantitative delle specie gassose campionate durante la campagne di gas nel suolo, della fase secca gorgogliante da polle o acquiferi e dei gas disciolti nelle acque.
Infatti, la gascromatografia è un metodo analitico largamente utilizzato per la separazione, l’identificazione e la determinazione quantitativa dei vari componenti presenti in una miscela allo stato gassoso.
Che tipo di strumenti utilizzate per effettuare queste analisi?
Per quanto riguarda la parte gassosa, il Laboratorio è dotato di tre strumenti principali.
Il primo è un microGasCromatografo, strumento molto delicato e di elevata precisione, dotato di un rivelatore a conducibilità termica (TCD). Questo detector corrisponde a differenze di conducibilità termica tra il gas di trasporto e i componenti del campione da analizzare. In un TCD il segnale generato dal passaggio del gas di trasporto è confrontato con quello di un gas (equivalente) di confronto. Il passaggio dei componenti del campione all’interno del detector provoca uno sbilanciamento del segnale proporzionale alla sua concentrazione e permette di analizzare concentrazioni delle varie specie variabili fra pochi ppm e il 100% in volume.
Abbiamo poi un gascromatografo a desorbimento termico, accoppiato a un gascromatografo dotato di un rilevatore di cattura di elettroni (GC-ECD). Tale strumento permette di analizzare i perfluorocarburi presenti in traccia nei gas. Queste analisi possono essere effettuate soltanto dopo aver campionato dalla sonda attraverso un tubo di silicone e tubi di acciaio inossidabile imballati con CarbotrapTM 100 nero grafitizzato.
Infine, un analizzatore per la determinazione del rapporto isotopico del carbonio C nel metano (CH4). Questo analizzatore di isotopi misura con precisione il rapporto tra gli isotopi stabili 13C e 12C nel metano (CH4). Questo strumento si basa sulla Cavity Ring-Down Spectroscopy e consente il rilevamento delle molecole di metano con una risoluzione pari o superiore a una parte per miliardo. Il metano, infatti, oltre a essere una preziosa fonte di energia, è anche un gas serra e, misurando il rapporto tra 13C e 12C, siamo in grado di determinarne la sua origine oltre che la quantità attraverso le misure gascromatografiche.
Avere la possibilità di identificare l’origine delle emissioni di metano (vale a dire stabilire se queste derivano da meccanismi biologici, geologici o antropologici) ci consente di utilizzare questa strumentazione in varie applicazioni: dal settore petrochimico, alle scienze atmosferiche, alla quantificazione delle emissioni in atmosfera.
…e per quanto riguarda la parte non gassosa dei campioni analizzati?
In questo caso nel Lab utilizziamo due cromatografi ionici che consentono di effettuare analisi chimiche di acque naturali (acque sotterranee, termali, meteoriche, marine) per scopi di ricerca e monitoraggio geochimico e ambientale.
La cromatografia ionica, in particolare, è una tecnica analitica che permette di separare e riconoscere i costituenti chimici di una soluzione acquosa presenti in forma ionica. La separazione avviene tramite l’interazione tra un liquido (la fase mobile) e un solido (la fase stazionaria), che porta a una distribuzione in maniera differenziata dei componenti della soluzione sulla base della natura chimica delle sostanze e il loro grado di affinità con le due fasi.
La fase mobile contiene e trasporta il campione da analizzare, ed è costituita da una soluzione di carbonato e bicarbonato di sodio per l’analisi degli anioni e una soluzione di acido metansolfonico per quella dei cationi. La fase stazionaria, contenuta all’interno della colonna cromatografica, è costituita da granuli di materiale poroso insolubile che trasportano gruppi reattivi (amminici, carbossilici, solfonici) su cui sono legati in maniera labile ioni in grado di scambiarsi con gli ioni della fase mobile. È attraverso questo processo di scambio ionico tra gli ioni contenuti nella fase stazionaria e quelli contenuti nella soluzione acquosa che avviene la separazione degli ioni.
Svolgete anche attività sul campo, oltre che all’interno del Laboratorio?
Sì, siamo infatti dotati di vari strumenti da campagna che ci permettono di effettuare misure in situ dei parametri chimico-fisici delle acque, nonché di effettuare misure speditive di concentrazione delle principali specie gassose presenti naturalmente nei pori del suolo (come, ad esempio, elio, idrogeno, ossigeno, azoto, radon, toron metano e anidride carbonica) e di effettuare misure del tasso di esalazione dal suolo di anidride carbonica e metano.
Grazie all’utilizzo di questa strumentazione, il personale che opera nel Laboratorio di Geochimica ha potuto effettuare misure geochimiche in tutti i continenti, passando dalle calde aree tropicali ed equatoriali a quelle polari, dal deserto del Sahara alle Dry Valleys in Antartide.