Nel primo centenario dal disastroso terremoto della Marsica, che causò più di 30mila vittime e ingenti danni in ?numerosi centri abitati non solo dell’Abruzzo ma anche dell’Italia centrale, Roma compresa, studiosi, di tutto il mondo, si sono incontrati a Pescina per partecipare al 6th INQUA International Workshop. Fabrizio Galadini, Stefano Gori ed Emanuela Falcucci spiegano gli effetti geologici del terremoto del 1915 attraverso una trincea esplorativa
Sono oltre duecento gli studiosi, provenienti da tutto il mondo, che si sono dati danno appuntamento a Pescina, in provincia di L’Aquila, per partecipare all’evento scientifico 6th INQUA International Workshop, perconfrontarsi e discutere sugli avanzamenti nel campo della geologia del terremoto e archeosismologia, contributi fondamentali alla pericolosità sismica. Associazione internazionale di riferimento per gli studiosi delle discipline afferenti al Quaternario e alla Geologia dell'Ambiente, l’INQUA (International Union for Quaternary Research) promuove e supporta studi sugli effetti dei forti terremoti sull'ambiente fisico sia dal punto di vista metodologico che attraverso una rete di scambi di contatti e informazioni tra esperti mondiali del settore.A organizzare l’incontro, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e l’Università dell’Insubria, da tempo impegnati in prima linea nel territorio abruzzese con ricerche in Paleosismologia e Tettonica Attiva. Il workshop rientra nelle manifestazioni organizzate per commemorare il centenario del terremoto del 1915, tristemente famoso come Terremoto della Marsica causato dal movimento della faglia del Fucino, che colpì duramente il paese di Pescina e l’intero Abruzzo.“Il terremoto del Fucino”, spiega Fabrizio Galadini, ricercatore dell’INGV e membro del comitato scientifico dei convegni per il centenario, “è uno dei primi eventi nel mediterraneo per cui sono documentati gli effetti geologici del sisma, una scarpata di faglia lunga più di 20 km che costeggiava il lago prosciugato e che ancora oggi si riconosce nel paesaggio”. Culmine dell’evento, una escursione attraverso l’area epicentrale del terremoto del Fucino 1915 e quella del più recente terremoto di L’Aquila 2009 che ha portato i partecipanti in siti chiave per osservare e discutere di sistemi di faglie, effetti cosismici, affioramenti geologici, danneggiamenti urbani, nonché dati e problematiche scientifiche connesse alla Piana del Fucino e all’Area Aquilana. In particolare è stato visitato uno scavo con finalità paleosismologiche, realizzato attraverso la faglia del Fucino che si è attivata nel 1915, nei pressi dell'abitato di Venere dei Marsi. “Questo tipo di studi”, prosegue Galadini, “ha lo scopo di svelare la storia dei movimenti di una faglia nel corso delle ultime migliaia di anni, al fine di capire quanto frequentemente si muove, l'età dell’ultima attivazione e quanto forte può essere il terremoto generato”. Questa indagine viene realizzata mediante lo scavo di una trincea geognostica esplorativa (in grado di dare una definizione macrostratigrafica dell'area) attraverso la faglia e l’analisi delle deformazioni e dislocazioni registrate dai sedimenti recenti.“Lo scopo della trincea, realizzata in occasione del workshop, è stato quello di mostrare ai molti partecipati le evidenze geologiche della rottura in superficie che si è verificata durante il terremoto del 1915”, aggiungono Stefano Gori ed Emanuela Falcucci, entrambi ricercatori dell’INGV. La dislocazione era stata già individuata, mappata e descritta dettagliatamente da Emilio Oddone, sismologo dell’epoca, che per primo localizzò l'epicentro del sisma del 1915 nell’area sud-orientale del bacino del Fucino, poco lontano da Ortucchio.“Nello scavo sono state osservate anche tracce geologiche di eventi di attivazione precedenti a quello del 1915, in particolare della dislocazione riferibile all’epoca tardoantica, le cui evidenze sono individuabili in molti siti archeologici dell’area fucense e al quale sono verosimilmente da riferirsi i danni subiti dal Colosseo nel 484 o 508 d.C”, continuano Gori e Falcucci. “Questa iniziativa”, osserva infine Fabrizio Galadini, “ha permesso non solo di evidenziare il progressivo arricchimento delle conoscenze scientifiche nell’arco di un secolo ma anche e soprattutto di tradurre le informazioni via via acquisite in strumenti normativi a favore di un sempre più efficace approccio alla difesa dai terremoti”.
APPROFONDIMENTO - La paleosismologia: principi, metodi e risultati di Daniela Pantosti, direttore sezione Roma1 dell’INGV