“Niente nella vita va temuto, dev’essere solamente compreso. Ora è tempo di comprendere di più, così possiamo temere di meno” affermava Marie Curie, celebre fisica, agli inizi del ‘900. A distanza di un secolo viene da chiedersi se ‘il tempo della comprensione’ sia ancora in corso. Il calo dei vaccini, la paura per la carne cancerogena, gli Ogm e il caso Stamina sono solo alcuni degli esempi che dimostrano come la forte componente emotiva sia, a volte, prevalsa sulle ragioni scientifiche, riuscendo ad influenzare clamorosamente l’opinione pubblica. La fiducia nella ricerca da parte dei cittadini risulta offuscata dalla preoccupazione per gli effetti reali o potenziali di scoperte e innovazioni. Anziché progredire ci si arresta, in attesa di risposte più esaustive da parte di ricercatori cui viene impedito di ricercare, in un circolo vizioso destinato a peggiorare. E’ l’epoca del “villaggio globale” in cui vige “l’equivalenza delle opinioni per la quale tutti gli attori si sentono non solo legittimati, ma anche titolati a esprimere la propria opinione su qualunque argomento. La conoscenza non è più considerata un valore intangibile e la parola dell’intellettuale, dello scienziato, di chi ha studiato e acquisito competenze tende a sfumare in una mera opinione. Anzi: in un parere. Uno dei tanti.” Parole di Marco Ferrazzoli, curatore, assieme a Francesca Dragotto, di “Parola di Scienziato. La conoscenza ridotta a opinione” (Universitalia). Già Galilei, circa quattro secoli fa, affermava “le verità scientifiche non si decidono a maggioranza”. Scopo della pubblicazione è illustrare, attraverso alcune buone e cattive pratiche, il legame tra questo atteggiamento e il processo di corruzione, banalizzazione e fraintendimento che spesso si verifica nella comunicazione della scienza e della conoscenza. Analisi sul controverso tema del rapporto tra ricerca scientifica, comunicazione e decisioni politiche, in un’ottica di confronto con il grande pubblico aperto a decisori politici, finanziatori e cittadini. Non a caso oggi sono richieste agli scienziati competenze divulgative e comunicative anche nelle skill internazionali. L’immagine dello scienziato isolato, chiuso nel suo laboratorio, non si vende più. Tra le diverse tematiche analizzate il saggio “Vaccini sì, vaccini no? Una scelta mai serena” di Alessia Bulla ripercorre l’evoluzione dell’idea che i vaccini siano responsabili di danni irreversibili e sindromi come l’autismo, soffermandosi su quanto la comunicazione, scientifica e non, sia spesso contrastante e poco chiara in merito. L’accusa è legata a quella che più volte è stata definita una bufala, una storia iniziata nel 1998 con la pubblicazione, sulla rivista Lancet, di un articolo dell’allora medico britannico Andreaw Wakefield. Il caso, più volte smentito da organi competenti, fa ancora parlare di sé soprattutto nelle aule dei tribunali in cui le famiglie dei bambini, che secondo l’accusa sono stati vittime dei vaccini, verrebbero risarcite.
Parola di Scienziato
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- Scritto da Laura Cardinale
- Categoria principale: 2015
- Categoria: Newsletter n.4