Un gigante intrappolato sul fondo del Mediterraneo, sotto i vulcani che dominano il panorama campano e siciliano, i cui tormentati movimenti restituiscono in superficie lava ed esplosioni di magma. Una creatura mostruosa, scaraventata nelle viscere della Terra da Giove, re degli Dei, quando osò ribellarsi a lui.
Tifeo, il protagonista di questo nostro viaggio, oggi rivive, parafrasato nel nome, nel lavoro di un team di ricercatori dell’INGV, anche loro avventuratisi sotto il livello del mare per ricostruire la storia eruttiva del territorio campano.
Abbiamo intervistato Sandro de Vita, vulcanologo dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV e responsabile del progetto Tifeho, che ci ha raccontato i risultati ottenuti in questi anni trascorsi a indagare ciò che è sepolto sotto i nostri piedi e che, nei secoli, ha plasmato il territorio per restituircelo così come lo conosciamo oggi.
Sandro, partiamo dalla “carta d’identità” del progetto Tifeho: di cosa si tratta?
Il progetto Tifeho (Trachytic Ignimbrites magma chambers Formation and Evolution in the pre-HOlocene history of the Campania volcanic area) nasce con l’obiettivo di indagare quelli che sono stati i processi che hanno portato alla formazione delle camere magmatiche a loro volta responsabili di grandi eruzioni che hanno caratterizzato in modo catastrofico l'evoluzione dei vulcani napoletani, in particolare l’eruzione del Tufo Verde del Monte Epomeo a Ischia e quella dell'Ignimbrite Campana ai Campi Flegrei. Si tratta di due eventi che hanno determinato la formazione di caldere: per noi era quindi necessario capire quali sono stati all’epoca i processi e i tempi di risalita e accumulo di magma che hanno condotto allo sviluppo di fenomeni tanto intensi.
Quando è nato il progetto?
Nel 2019, nell’ambito del grande progetto istituzionale “Pianeta Dinamico” dell’INGV. Tra i vari temi di ricerca proposti, c’era la possibilità di studiare l’evoluzione delle camere magmatiche: ne abbiamo approfittato e abbiamo messo insieme un team di circa una ventina di ricercatori provenienti sia da varie Sezioni dell’INGV che da Enti esterni.
Come è nata l’idea di un nome tanto affascinante?
L’idea è nata da me, che sono un grande appassionato di mitologia classica. Mi piaceva l’idea di parafrasare (aggiungendo una “H” tra le vocali finali) il nome del gigante Tifeo che tante volte avevo “incontrato” nel corso dei miei studi su Ischia e che, secondo il mito, sarebbe sepolto sotto alcuni dei più importanti vulcani italiani (l’Etna e Ischia, per l’appunto). La leggenda vuole, infatti, che Tifeo sia un gigantescaraventato sotto terra da Giove dopola rivoluzione dei titani contro l'Olimpo e, da allora, sarebbe intrappolato sotto questi vulcani e con il suo agitarsi causerebbe terremoti ed eruzioni vulcaniche.
Diciamo che in un certo senso è nato prima l’acronimo e poi il nome del progetto!
A che punto è oggi Tifeho?
Il progetto dovrebbe concludersi a dicembre di quest'anno, quindi è a uno stadio abbastanza avanzato. Abbiamo fatto buona parte delle ricerche previste e, in particolare, due perforazioni a carotaggio continuo che erano la parte più importante della nostra “road map”. Una è stata fatta nell’area urbana di Napoli, nella zona di Ponti Rossi, e l’altra nella piana campana, vicino Acerra: obiettivo di entrambe era arrivare agli strati profondi al di sotto dei depositi delle due grandi eruzioni del Tufo Verde (Ischia) e dell’Ignimbrite Campana (Campi Flegrei) per avere indicazioni su quelli che sono stati i meccanismi di accumulo ed evoluzione delle camere magmatiche che hanno preceduto le eruzioni di cui stiamo parlando.
La perforazione fatta a Napoli è scesa a più di 120 metri sotto il livello del mare mentre quella di Acerra è arrivata fino a circa 80 metri: in entrambi i casi abbiamo attraversato depositi di almeno una trentina di eruzioni precedenti a quelle di nostro interesse, e già questa è stata per noi una novità assoluta. Basti pensare che l’eruzione dell’Ignimbrite Campana risale a 39.000 anni fa e quella del Tufo Verde di Ischia è datata tra i 56.000 e i 60.000 anni fa: non abbiamo ancora le datazioni esatte, ma con le nostre perforazioni dovremmo essere arrivati a depositi risalenti a eruzioni avvenute perfino circa 100.000 anni fa. Abbiamo prelevato dei campioni per ciascun livello attraversato e questo ci consentirà di ricostruire i processi di evoluzione delle camere magmatiche che ci eravamo prefissati di indagare a inizio progetto.
Inoltre, in particolar modo nell’area della piana campana, siamo riusciti a individuare il passaggio dalla sedimentazione marina a quella continentale-vulcanica: questo ci permetterà di effettuare delle ricostruzioni paleogeografiche molto più dettagliate di quelle di cui disponevamo finora. Oggi, infatti, abbiamo delle informazioni importanti su dove arrivasse il livello del mare in quell'epoca e su quale fosse la morfologia dell'area campana, che si presentava chiaramente molto diversa dall'attuale.
Possiamo quindi dire che gli obiettivi scientifici che vi eravate prefissati quando è nato Tifeho sono stati ampiamente raggiunti…
Sì, assolutamente, sono stati ampiamente raggiunti e ti dirò di più, come spesso accade nei progetti di ricerca in cui si riescono a ottenere una serie di ‘conclusioni’, in realtà poi si sono aperti alcuni interrogativi che ci spingono a fare ulteriori approfondimenti. Diciamo che quanto abbiamo scoperto nell'ambito di Tifeho ha aperto una finestra estremamente interessante su quella che è stata in passato l'evoluzione della nostra area vulcanica e, quindi, sull'interpretazione dei fenomeni che hanno portato allo sviluppo del vulcanismo napoletano.
Questi risultati confortanti e le nuove ipotesi che ci hanno permesso di formulare ci permetteranno con ogni probabilità di proporre alla fine del progetto una sua eventuale estensione per ricerche successive. Naturalmente si tratta di informazioni di interesse scientifico, che al momento non hanno una ricaduta diretta e immediata sulle considerazioni legate alla pericolosità vulcanica. Tuttavia sono per noi davvero molto importanti perché ci consentono di dare delle risposte sulle modalità in cui si sono sviluppati i vulcani dell’area napoletana e come hanno potuto generare in passato eruzioni tanto violente.
Cosa ha significato per te guidare il progetto Tifeho?
Per me è stato il coronamento di un’ambizione che avevo da quando ho cominciato la mia carriera di ricercatore, ovvero scendere nel passato del nostro territorio, risalire fino alle radici di quelle che sono le problematiche che oggi caratterizzano questo territorio. Tornare indietro nel passato è sempre stato la “molla” che mi ha spinto a fare questo mestiere, capire le motivazioni dietro la natura del nostro territorio.
Link all’approfondimento sul Blog INGVvulcani: