Newsletter n.9
“Pompei sotto il Vesuvio”, viaggio degli scavi archeologici più famosi del mondo in un racconto vulcanologico lungo duemila anni
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- Scritto da Valeria De Paola e Francesca Pezzella
Un percorso avvolgente negli accadimenti della più famosa eruzione della storia, quella del Vesuvio nel 79.d.C. In un unico racconto che si svolge in quattro volumi, la geologa Lisetta Giacomelli e il vulcanologo Roberto Scandone ripercorrono - con la minuziosità degli scienziati - quanto avvenuto in quella eruzione e le vicende che hanno caratterizzato quei luoghi nel corso dei secoli.
La quadrilogia “Pompei sotto il Vesuvio: L’eruzione del 79 d.C. raccontata da superstiti e vittime, tra pomici e ceneri” (vol. 1) e “Pompei sotto il Vesuvio: Cercavano ori, hanno trovato uomini (diviso nei voll.2-1, 2-2 e 2-3) costituisce nel suo insieme un viaggio che accompagna il lettore lungo le strade di basolato lavico, tra i giardini e gli affreschi delle ville, tra i ruderi restaurati o abbandonati, tra le epigrafi e le statue, tra gli oggetti di uso quotidiano. Le relazioni diligentemente redatte, a partire dal 1748, da quanti si sono occupati degli scavi della città e spedite a re o a ministri, hanno consentito la ricostruzione della storia del sito e il suo inquadramento nell’evento vulcanico. Con la Dott.ssa Lisetta Giacomelli e il prof. Roberto Scandone abbiamo esplorato la storia di Pompei da una diversa prospettiva.
Dott.ssa Giacomelli, Professor Scandone: l’eruzione del 79 d.C. ha fermato il tempo di Pompei ed Ercolano. Oggi a distanza di 2000 anni quei luoghi sono entrati nel mito e sono visibili e visitabili. Come si osservano oggi quegli accadimenti?
L’eruzione che ha distrutto Pompei ed Ercolano è una tragedia sufficientemente lontana nel tempo da essere esaminata come un pezzo di storia, con un certo distacco emotivo, benché la vista delle vittime lasci ancora il segno. Inoltre, avvenne in un’area densamente popolata e ebbe tra le vittime personaggi famosi, come Plinio il Vecchio, comandante in capo della flotta navale di Roma. Grazie a questa circostanza è giunta a noi una testimonianza scritta dell’evento, in un’epoca in cui altri vulcani attivi del mondo erano, e resteranno a lungo, completamente sconosciuti. L'eruzione fu molto violenta, con due fasi che colpirono in maniera differente aree diverse del territorio, cogliendo di sorpresa una popolazione completamente impreparata. Dai segnali che precedettero l’evento, dall’impatto sulle città, dalle reazioni degli abitanti possono emergere molteplici dati interdisciplinari, non ultimi quelli di protezione civile.
Un evento naturale che trasforma una normale città in un mito. Il Vesuvio e Pompei sono un binomio indissolubile nella visione comune.
Per Pompei l'eruzione rappresenta, nello stesso tempo, la sua fine e la sua conservazione, la sua riesumazione e la nascita del mito, la “fotografia” di una città diversa da qualsiasi altro sito archeologico al mondo. Goethe ne diede una definizione magnifica “la sciagura che più ha dato gioia ai posteri”.
Cosa avete desiderato illustrare nei vostri volumi su Pompei, diversamente da quanto scritto finora?
Si è cercato di ricostruire l’impatto dell’eruzione sui manufatti e sulle persone, attraverso i pochi indizi reperibili nel sito, sconfinando nella curiosità per i dettagli archeologici, per la loro storia e con particolare riguardo alle condizioni di oggetti e vittime al momento della scoperta. Si è focalizzata l’attenzione sui tentativi fatti dalla popolazione per salvarsi, non sempre messi in adeguato rilievo dagli archeologi, e confrontate le reazioni di allora con le scelte che si potrebbero adottare oggi, sulla base di quanto sappiamo in più dei vulcani e con quella esperienza alle spalle. A nostro avviso, ancor più del recupero di un reperto, è importante vedere cosa abbia subito nel corso dell’eruzione. Il pericolo è ancora presente per le persone che vivono in aree vulcaniche e, ai piedi del Vesuvio, vi sono molti dati utili per la gestione di simili emergenze. Inoltre, la descrizione di Pompei fatta solo dal punto di vista archeologico, senza tener conto del contesto vulcanologico, come avviene in molti volumi, rappresenta una limitata parte della sua storia e ignora le ragioni stesse della sua esistenza e unicità.
Qual è il viaggio che attende il lettore?
In questi volumi percorriamo il sito di Pompei (e lo faremo anche per Ercolano) nei minimi particolari, ricollocando idealmente le case e i loro abitanti sotto le pomici e le ceneri. Vorremmo che il lettore avesse la percezione di come i pompeiani aspettassero, ignari, la fine di un evento che non conoscevano e dal quale avrebbero potuto anche salvarsi. Abbiamo cercato di ricostruire la dinamica di un’eruzione tanto violenta quanto rara da studiare, di riconoscere i fenomeni che l’hanno accompagnata, come i terremoti, oltre a seguire gli avvenimenti che hanno coinvolto la città dalla sua scoperta a oggi. Abbiamo seguito scarse tracce ma importanti, abbiamo osservato affreschi, stanze e mobili nelle case, ci siamo immersi nella quotidianità dei suoi abitanti, fino a ‘sentire’ la città viva. L’obiettivo finale è stato quello di proporre una fruizione completa, da parte di tutti, anche non specialisti, di un evento che per le sue caratteristiche non ha eguali al mondo.
Le immagini, le fotografie sono protagoniste dei volumi. Una scelta emotivamente coinvolgente...
Desideravamo documentare, anche visivamente, i cambiamenti avvenuti nel sito negli ultimi decenni. Gli scavi hanno conosciuto fasi molto differenti, ognuna inquadrabile nel contesto culturale dell’epoca in cui sono stati affrontati, una vera storia nella storia. Rispetto al passato, molti interventi sono stati migliorativi, ma è rimasta costante la scarsa considerazione dell’eruzione, rispetto alla grandiosa impresa archeologica. L’archeologia e la vulcanologia non esistevano al tempo dei primi scavi. Entrambe hanno cominciato i primi passi e si sono evolute solo in seguito, fino ad acquisire metodi scientifici, ma con scarsa interazione fra loro. I rapporti fra le due discipline nel corso del tempo sono ovviamente cambiati, ma la vulcanologia è rimasta spesso relegata a consultazione e i prodotti vulcanici considerati ancora oggi solo un intralcio da sgomberare. In pratica, l’eruzione è stata cancellata dal sito. Pertanto, lo scopo dei documenti fotografici è quello di fermare al presente lo stato delle cose, per renderlo confrontabile con quello futuro, se qualcuno vorrà farlo.
È evidente che solo se ci sarà l’opportunità di accesso a scavi di aree ancora intatte, le nuove generazioni di vulcanologi supereranno ostacoli che oggi appaiono insormontabili. Ne trarrà vantaggio la vulcanologia e, insieme, sarà offerta una grande opportunità al sito stesso, che diventerà completo in ogni suo contenuto. Gli scavi dei primi decenni del XXI secolo, saranno considerati come noi vediamo quelli del XVIII e li giudichiamo una sequenza di madornali errori. La misura degli errori corrisponderà a quanto i metodi di recupero e di valorizzazione dei siti archeologici saranno migliorati nel tempo.