Newsletter n.9
L’impronta magmatica del vulcano Masaya nelle piogge acide
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- Scritto da Francesca Pezzella
Comprendere come le emissioni vulcaniche del Masaya, uno dei vulcani più attivi del Nicaragua, influenzano la composizione chimica delle precipitazioni nelle aree limitrofe, anche al fine di capire l’impatto delle emissioni vulcaniche sull’ambiente e sull’uomo. È l’obiettivo di uno studio recentemente pubblicato sulla rivista internazionale ‘Chemical Geology’; per saperne di più e capire quali possono essere i risvolti pratici per i vulcani italiani abbiamo intervistato il primo autore dello studio, Marcello Liotta, ricercatore dell’INGV della sezione di Palermo.
Marcello, quali enti e università hanno contribuito alla ricerca?
La ricerca è frutto di una collaborazione internazionale ed è stata condotta dall’INGV con enti e università costaricani, nicaraguensi e tedeschi. Tutti i membri del team, ciascuno secondo le proprie specifiche competenze, hanno contribuito alle attività di ricerca. I colleghi costaricani e nicaraguensi, in particolare, hanno anche fornito il supporto logistico necessario per il prelievo dei campioni.
Cosa ha svelato l’analisi dei campioni?
Da questo studio abbiamo ricavato per la prima volta una scala della volatilità degli elementi rilasciati durante il degassamento del magma partendo dalla composizione chimica delle piogge. Il vulcano Masaya è caratterizzato da un lago di lava che emette particelle gassose e silicatiche. Mentre le specie gassose, interagendo con la pioggia, rilasciano in soluzione elementi volatili come cloro, bromo, iodio, fluoro e zolfo, la dissoluzione delle particelle silicatiche in un ambiente estremamente acido, è responsabile della presenza di elementi refrattari nelle piogge. Numerosi altri elementi, tra cui piombo, rame, cadmio e tallio, presentano una volatilità intermedia e possono avere un notevole impatto sull’ambiente. Abbiamo scoperto inoltre che la maggior parte degli elementi refrattari, e in particolare le terre rare, riflettono esattamente gli stessi rapporti presenti nelle rocce, lasciando quindi una “impronta magmatica” nelle acque piovane.
Qual è stato il contributo dell’INGV?
L’INGV ha avuto, in primis, il ruolo di pianificare le attività. L’idea è sorta a seguito di uno studio condotto presso un altro lago di lava, quello del Nyiragongo in Congo. Da lì è nata la curiosità di capire se gli elementi vulcanogenici mostravano la stessa volatilità durante il degassamento del lago di lava del Masaya. Una volta ricevuti i campioni di pioggia dal Nicaragua questi sono stati analizzati presso i laboratori della Sezione di Palermo dell’INGV dove abbiamo determinato sia i costituenti maggiori sia gli elementi in traccia. L’INGV si è occupato quindi di elaborare i dati e descrivere i processi geochimici che avvengono durante l’interazione tra il pennacchio vulcanico e la pioggia.
Quali sono le ricadute pratiche dello studio anche per i vulcani italiani?
Le ricadute pratiche sono molteplici. Per esempio, la comprensione delle modalità con cui elementi potenzialmente pericolosi vengono emessi in atmosfera durante i processi eruttivi consente di valutare l’impatto che queste emissioni possono avere sull’ambiente. L’INGV è impegnato in prima linea su questo fronte. Un progetto finanziato dall’INGV nell’ambito del progetto Pianeta Dinamico e denominato Hazard from EtnA Volcanic EmissioNs (HEAVEN, Principal Investigator: Salvatore Giammanco) studierà l’impatto delle emissioni dell’Etna sulla salute umana; noi geochimici saremo chiamati a definire la distribuzione e la mobilità degli elementi vulcanogenici nelle varie matrici ambientali, mentre gli altri membri della comunità scientifica, per esempio i medici, avranno il compito di comprendere quali effetti hanno sulla salute degli uomini.
Per concludere, quali saranno i prossimi passi della ricerca?
Questo studio getta le basi per futuri studi indirizzati a comprendere meglio la volatilità degli elementi vulcanogenici in funzione della composizione dei magmi presso altri sistemi vulcanici. La ricerca continua!
Link alla pubblicazione
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0009254121005052
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