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Esistono segnali precursori dei terremoti in grado di fornire informazioni circa l'avvicinarsi di un forte terremoto? Tanti terremoti di bassa energia possono essere considerati dei premonitori di forti sismi o meno?

Queste sono le domande che, da sempre, si pongono gli scienziati e che, in uno studio appena pubblicato sulla rivista Journal of Geophysical Research, un team di ricercatori dell'Università Sapienza di Roma, dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e dell'Università di Atene hanno provato a rispondere.

I terremoti sono instabilità meccaniche della crosta terrestre prodotte dal progressivo accumulo di stress nel sottosuolo nel corso dei secoli. La maggior parte dei terremoti sono piccoli, di bassa energia (magnitudo) e la stragrande parte di loro non evolve in un grande terremoto disastroso. Da sempre i sismologi dibattono se esistano dei segnali precursori in grado di fornire informazioni circa l'avvicinarsi di un forte terremoto, e quindi se tanti terremoti di bassa energia possano essere considerati dei premonitori di forti sismi o meno. 

Per rispondere a queste domande, i ricercatori hanno studiato la sismicità della California degli ultimi trent’anni combinando dei modelli teorici con analisi statistiche: la ricerca ha evidenziato che i cosiddetti foreshocks, cioè i terremoti di lieve e moderata entità che possono precedere i terremoti più violenti, tendono a diffondersi su aree più grandi, hanno magnitudo con maggiore variabilità e sono più numerosi ed energetici degli sciami, ovvero di quei gruppi di terremoti caratterizzati da magnitudo contenute che non evolvono in un forte terremoto. 

Al contrario, sciami e foreshocks sono indistinguibili dal punto di vista della durata, dell'intensità, della frequenza degli eventi. 

I risultati, supportati da test statistici, suggeriscono dunque che in presenza di gruppi di terremoti numerosi ed estesi su superfici significative, le probabilità che una attività sismica minore possa culminare in un evento maggiore sia più elevata che in altre condizioni.

La ricerca si spinge anche oltre, tentando di spiegare le osservazioni. 

L’ipotesi è che i volumi di roccia sotto stress inizino progressivamente a destabilizzarsi a vicenda su periodi e aree più o meno estese, producendo clusters di piccoli eventi. Maggiore è l'area su cui avvengono, più alte sono le probabilità che si generi un terremoto in grado di coinvolgere il sistema di faglie instabili nella sua intera estensione: si tratterebbe dunque di un meccanismo di feedback a cascata, in cui la storia del rilascio di energia negli eventi precedenti è in grado di determinare i terremoti futuri, al di là delle condizioni di stabilità locale delle faglie.

Se i risultati di questa ricerca fossero confermati, allora sarebbero limitate le speranze di poter stimare la probabilità di un grande evento sismico a partire dalle caratteristiche della sismicità precedente; al contrario, si renderebbe necessaria una caratterizzazione dello stato di stabilità dei sistemi di faglie al fine di comprendere quali siano le chances di un piccolo sciame di evolvere in una vera e propria sequenza sismica. 

A supporto di questa ipotesi vi sono le numerose evidenze di grandi terremoti avvenuti senza essere preceduti da foreshock o in presenza, persino, di una diminuzione dell'attività sismica, come nel caso del terremoto di Amatrice nel 2016, e il fallimento di numerosi test statistici circa l'ipotesi che i foreshocks si comportino come precursori in modo affidabile e non sporadicamente.

I risultati della ricerca ci spingono a superare il concetto di “foreshocks” per spostare l’attenzione sulle condizioni di stabilità dei volumi rocciosi in cui la sismicità si verifica. 

Citazione dello studio:
Zaccagnino, D., Vallianatos, F., Michas, G., Telesca, L., & Doglioni, C. (2024). Are foreshocks fore‐shocks? Journal of Geophysical Research: Solid Earth, 129, e2023JB027337. https://doi.org/10.1029/2023JB027337


What can small earthquakes tell us about major ones?

Are there precursory signals providing information about approaching large earthquakes? Are foreshocks fore-shocks or just clustered seismic events
without any prognostic value about incoming large-scale instability?

Answering such questions is the main goal of a research article recently published in the Journal of Geophysical Research by a team of researchers from the University Sapienza of Rome, of the National Institute of Geophysics and Volcanology (INGV), the National Research Council (CNR) and the National and Kapodistrian University of Athens. Earthquakes are mechanical instabilities mostly occurring within the shallow part of the lithosphere and produced by the progressive accumulation of stress over time.

The overwhelming majority of earthquakes are small and do not evolve into a large disastrous earthquake. Since the dawn of earthquake science seismologists debate whether there exist precursory signals providing information about future earthquakes or not.

To find a possible solution to the puzzle, researchers investigated seismicity in Southern California occurring during the last thirty years combining theoretical models with statistical analysis. The research highlighted that foreshocks, i.e. small and moderate magnitude earthquakes preceding mainshock tend to spread over larger areas, have magnitudes with greater variability and are more numerous and energetic than swarms (clusters with no large shocks). Conversely, swarms and foreshocks share the same distribution of duration, intensity and frequency of events.

The results, supported by statistical tests, suggest that extended clusters with high magnitude fluctuations have higher chances to flow into a seismic sequence. The work goes beyond statistical analysis, attempting to explain the observations. The proposal is that stressed rock volumes progressively become more and more globally unstable and trigger each other seismic activity over more and more extended time intervals and areas, producing clusters of small events. The larger the correlated area, the higher the chances that a run-away earthquake can involve the whole unstable fault system.

Therefore, a cascade feedback mechanism acts on the base of previous stress release to produce future seismic activity. If these outputs were confirmed, ultimate seismic prediction would be intrinsically unpredictable and efforts should be devoted to characterize the state of stability of fault systems in order to quantify the probability of major seismic events. In support of this hypothesis there is evidence of large earthquakes occurring without being preceded by any seismic anomaly or even in the presence of a decrease in seismic activity, as in the case of the Amatrice earthquake in 2016, as well as the failure of several statistical tests. This research overcomes the concept of "foreshocks" to shift attention to the large-scale stability conditions of crustal volumes which ultimately may provide information about future seismic activity.


Reference: Zaccagnino, D., Vallianatos, F., Michas, G., Telesca, L., & Doglioni, C. (2024). Are foreshocks fore‐shocks? Journal of Geophysical Research: Solid Earth, 129, e2023JB027337. https://doi.org/10.1029/2023JB027337

cs 20feb2024 sapienza terremoti

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