Una delle conseguenze che il terremoto del 6 aprile 2009 a L’Aquila ha portato con sé è stata lo spopolamento della “Città Universitaria”. La comunità scientifica, nel tempo successivo, reagì con un progetto di rinascita che aveva l'obiettivo di creare una moderna città della conoscenza in grado di attirare persone altamente qualificate avviando, contestualmente, un processo di ripopolamento.
È sorto così il Gran Sasso Science Institute, una scuola internazionale di dottorato, centro di ricerca e di formazione superiore. Il suo fondatore e attuale Rettore, Eugenio Coccia, fisico di fama internazionale, tra gli autori della scoperta delle onde gravitazionali e della prima osservazione della fusione di due buchi neri. Fine divulgatore, ci ha raccontato di sé e di come è nata l'eccellenza scientifica del GSSI.
Il GSSI nasce sul territorio aquilano dopo la ferita del terremoto. Una scelta forte in un momento difficile, quasi una sfida nella sfida. Come è nata l'idea del GSSI?
Il GSSI nasce come risposta al terremoto del 6 aprile del 2009. L’Università dell’Aquila aveva subito forti danneggiamenti e al fine di garantire a studenti e docenti il completamento dell’anno accademico ospitammo presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN, di cui all’epoca ero Direttore, gli studenti e i professori della Facoltà di Fisica. Questa circostanza mi diede l’occasione di riflettere con i colleghi sul futuro dell'Università e dell'Aquila come città universitaria. C’era il forte rischio di perdere la popolazione studentesca: in un posto terremotato non si viene più volentieri a studiare. Immaginammo, quindi, un nuovo progetto, che rilanciasse L'Aquila come moderna città europea degli studi e della conoscenza, affiancando ad una eccellente università generalista un istituto di studi avanzati di respiro internazionale che avrebbe attratto capitale umano altamente qualificato. Inizialmente si pensò a una scuola di dottorato di scienze dure: fisica, matematica e informatica. Poi aggiungemmo l'area delle social science di sviluppo territoriale, necessarie per il territorio che doveva rinascere. L'iniziativa incontrò anche il favore dei cittadini aquilani che furono intervistati in merito. Iniziammo nel 2013 dal reclutamento dei dottorandi, mettendo a disposizione dieci borse di studio per ognuna delle quattro aree dei dottorati e la risposta fu sorprendente: oltre cinquecento domande per quaranta borse. L'idea funzionò e dopo tre anni è arrivata la valutazione positiva ANVUR. Dal 2016, infatti, siamo entrati nel novero delle scuole universitarie superiori.
Fin da subito il GSSI nasce come partner dei grandi istituti di ricerca italiani, fiore all'occhiello del nostro Paese e del mondo.
Qual è la meta di un esempio d'eccellenza scientifica?
La nostra meta è quella di posizionare L'Aquila sulla mappa delle scuole degli studi avanzati tra le città della conoscenza, con la collaborazione delle istituzioni che già operano sul territorio come l'Università dell'Aquila, che dopo il terremoto è ripartita nel segno della qualità. Stiamo lavorando al progetto "Ferrante D'Aragona", in collaborazione con il Comune dell'Aquila e l’Università. Si tratta di una fondazione, in ricordo del Re che diede per primo il placet a fare uno studium, che premierà gli studenti più meritevoli attraverso una borsa di studio con cui potranno sostenere le spese affittuarie. Le abitazioni saranno quelle libere e messe in sicurezza nel centro storico, così da ripopolare il cuore della città, creando un collegio diffuso per studenti e docenti meritevoli. Questa è una delle iniziative concrete che rendono credibile il progetto di Città della Conoscenza. Non dobbiamo considerare solo la ricostruzione, c'è anche la “costruzione”, altrimenti si è sempre un passo indietro. Si pensi che proprio a L’Aquila esiste una scuola pubblica in inglese, dall’asilo al liceo. È un aspetto molto importante se vogliamo attirare le eccellenze internazionali e italiane che operano all'estero. Tutto ciò ci fa guardare al futuro di questa città con ottimismo.
La notizia rilevante è la cd. "fuga dei cervelli", ovvero ricercatori formati in Italia che, però, scelgono di trovare all'estero le modalità di espressione desiderate e che il proprio paese non ha offerto loro.
Il GSSI è, invece, attrattore di ricercatori internazionali che decidono di svolgere qui le loro ricerche di alto livello. Cosa differenzia il GSSI dagli altri enti di ricerca?
Il GSSI è una scuola di dottorato che si colloca nella fascia della Scuola Normale di Pisa e della SISSA di Trieste, per esempio. Noi siamo la prima “a sud di Pisa” e con piacere stiamo assistendo alla nascita di una scuola di studi avanzati a Napoli: tifiamo per loro! Ci differenziamo perché siamo più giovani, sia per la costituzione sia per l'età media delle persone che sono qui, e perché siamo interdisciplinari: negli stessi corridoi si incontrano fisici, matematici, informatici, economisti, sociologi, geografi. Questo rende possibili progetti comuni come quelli di smart cities e smart communities, che mettono insieme informatici e social scientists o come i progetti di simulazione di terremoti e di studio di precursori dallo spazio che uniscono matematici e fisici, per fare degli esempi. Altre due importanti caratteristiche sono l'obiettivo di fare da ponte tra ricerca e impresa e un concreto impegno verso la giustizia sociale.
I nostri risultati sono open, per noi il dato è un bene pubblico e al pubblico va restituito. Un esempio è il sito che abbiamo realizzato per rendere usufruibili i dati legati alla ricostruzione dell’Aquila post sisma (
Nei suoi percorsi accademici ha avuto la fortuna di avere come Maestro uno dei "ragazzi di via Panisperna", Edoardo Amaldi.
Le capacità di guida di Enrico Fermi fecero di un team di ricercatori una punta di diamante dell'evoluzione scientifica della fisica nucleare.
Cosa ha rappresentato per il suo approccio da Rettore del GSSI avere avuto una guida così unica nella storia della ricerca scientifica?
Edoardo Amaldi ha rappresentato per me un esempio morale, oltre che scientifico, di dedizione e saggezza straordinaria. C'è una bella frase che ho letto da qualche parte, "la conoscenza deriva dalle parole, la saggezza dalle cose". Ecco, Amaldi ne ha viste di cose… Sono stato nel suo gruppo per dieci anni, poi al Cern di Ginevra, dove avevamo l'esperimento. Ho passato molte ore con lui a lavorare e parlare. Ero giovane, appena laureato, ero molto curioso e lo solleticavo su Enrico Fermi, su Ettore Majorana e su Bruno Pontecorvo, lui era molto aperto. Appresi tempo dopo, con sorpresa, che Amaldi era reputato da alcuni come una persona severa, che spesso si arrabbiava... ma forse se lo meritavano perché personalmente lo ricordo come un uomo dolcissimo, disponibile con i giovani.
Le materie dell'area STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) da sempre appaiono “ostiche” allo sguardo dei più. Secondo la sua esperienza, quale può essere una chiave di comunicazione efficace per incuriosire e - perché no - appassionare i giovani liceali allo studio di queste materie?
In realtà la mia esperienza con i giovani è molto positiva in merito, riscontro molta attenzione su queste tematiche… e come potrebbe non essere così? Siamo su un pezzettino di roccia sospeso nel cielo, che fa parte di un sistema solare, parte a sua volta di una galassia, all'interno di un universo di cui non conosciamo la grandezza… i ragazzi sono curiosi, nutrono un'attenzione che merita di essere coltivata. Bisogna far capir loro che le proprie passioni vanno seguite, studiare è il tempo migliore che possiamo impiegare per migliorarci. Come dico tante volte, sicuramente passeremo del tempo con altre persone nella vita ma c'è n’è una con cui lo passeremo tutto: noi stessi.
Quando studiamo, quando ci appassioniamo, quando siamo attratti dalla cultura… ci rendiamo più interessanti, stiamo meglio. Ma se non studi quello che ti interessa… che fatica! Personalmente cerco di far capire ai ragazzi che il concetto fisico è naturale, semplice. La simmetria e l'armonia sono parte intrinseca della nostra natura. L'Universo è affascinante in quanto comprensibile, è semplice nel suo profondo. Questi sono i messaggi che secondo me vanno dati. Certo bisogna masticare un po’ di matematica… ma anche Albert Einstein fece fatica all’inizio.
Il film di Gianni Amelio “I ragazzi di Via Panisperna” rappresenta uno spaccato dell’essere “ricercatore”. Lei che ha conosciuto uno di quei mitici “ragazzi” come sente questo racconto cinematografico?
Il film di Gianni Amelio è un film interessantissimo, forse storicamente è un po’ romanzato, mi riferisco per esempio al carico di consapevolezza di Ettore Majorana rispetto ai risultati delle ricerche. Amaldi mi parlava di Majorana come di un genio ma anche come di una persona a volte cupa e penso che la sua scomparsa sia legata a problemi di carattere personale. Ecco, forse da questo punto di vista il film di Gianni Amelio strizza un po’ l'occhio al cliché dello scienziato strano. È un film da vedere, a me è piaciuto molto.
Nello spettacolo “I ragazzi di Fermi” lei ha portato in scena con alcuni bambini la storia della scienza moderna attraverso un affascinante viaggio nelle grandi scoperte della fisica contemporanea. Dove nasce l’idea di avvicinare il mondo della fisica all’arte teatrale?
Ho voluto raccontare in questo modo proprio la storia di via Panisperna, per far capire facilmente dei concetti a un pubblico quanto più ampio possibile. Per esempio, gli elettroni che sono leggeri sono stati interpretati dai bambini di prima elementare, i protoni e neutroni, più pesanti, da quelli di quinta. Rimane nel pubblico, anche quello più digiuno, il fatto che gli elettroni sono leggeri e i protoni sono pesanti. Nello stesso modo è stato spiegato come funziona l'atomo, i bambini ne hanno rappresentato la fissione. È un un'opera di divulgazione e di gioco. Scienza e arte sono attività più vicine di quanto si possa pensare perché la simmetria, l'armonia la bellezza sono dei concetti che ci appartengono e, di fatto, li applichiamo sia alle opere d'arte sia alle scoperte in campo scientifico, che sono definite “belle”. Tante volte si dice “questa equazione è meravigliosa”…ecco, come mai applichi lo stesso aggettivo ad una scultura, ad un dipinto e ad una equazione matematica, cosa hanno in comune? Hanno in comune queste armonie, le proporzioni tra le cose, sintesi di parti diverse che improvvisamente ne diventano una, come nel caso scientifico. La scienza cerca di rispondere con la logica a delle domande empiriche...come è fatto l'universo, qual è la sua origine e quale la fine, come è fatta la materia nel suo intimo. Rispondendo a queste domande scopriamo che la natura si comporta in un modo che è molto semplice, ma semplice nel modo più bello possibile. L'arte di per sé non è una risposta, forse una domanda. La scienza cerca di capire la natura con la ragione e l'arte è l’espressione di come la natura viene percepita. Per me le due attività sono molto, molto simili.
Il GSSI collabora al progetto REDI (REducing risks of natural DIsasters) con altri Enti di ricerca tra cui l’INGV. Quanto è importante la sinergia tra le istituzioni nel processo di riduzione dei rischi da disastri naturali?
È molto importante perché in Italia abbiamo delle eccellenze sia all’interno degli enti pubblici di ricerca sia nelle università. Mettere insieme le competenze su temi trasversali come quello dell'analisi dei rischi, della cultura della prevenzione e della resilienza non può che generare progetti positivi.
Qual è la prossima "tappa" del GSSI?
La prossima tappa è il consolidamento. Siamo in fase di crescita, dobbiamo ancora fare reclutamento di ricercatori e docenti per raggiungere le dimensioni delle altre scuole superiori di alta formazione. L'obiettivo è anche quello di consolidarci dal punto di vista della reputazione, visti i progetti che portiamo avanti, senza mai dimenticare di contribuire a costruire L'Aquila del futuro. È uno dei motivi per cui siamo nati.