La paura del terremoto e il contributo che questa può dare all’azione del cittadino a favore della sicurezza sismica sul nostro territorio sembrano decadere nel tempo, con la diminuzione degli eventi sismici. Al contrario le tante esperienze maturate dimostrano, che gli effetti delle ricostruzioni, spesso non adeguati, sono persistenti. Proprio queste, anche più dei terremoti in sé, dovrebbero portare i cittadini a riflettere sulla necessità di prevenzione. Il volume Marsica 1915-L’Aquila 2009. Un secolo di ricostruzioni, edito da Gangemi, viene pubblicato mentre sono in corso le ricostruzioni successive ai sismi del Molise (2002), dell’Aquila (2009), dell’Emilia (2012) ed è stata avviata quella nell’area di Amatrice-Norcia. Una concomitanza di interventi edilizi “pesanti” cui l’odierna società italiana non era più abituata, considerando che dopo i terremoti del Belice (1968), del Friuli (1976) e dell’Irpinia (1980), la sismicità nel territorio nazionale si è diradata, tanto da attendere diciassette anni, il 1997, per registrare nuovi sismi con danni distribuiti su ampi territori. Il ridotto numero di forti terremoti nell’intervallo temporale 1980-1997 ha portato ad una conseguente riduzione della consapevolezza di vivere in un territorio sismico.
Questa consapevolezza, tuttavia, dovrebbe essere alimentata dall’osservazione critica degli effetti dei terremoti passati in relazione alle ricostruzioni. Ciò anche in considerazione della persistenza, in termini di delocalizzazioni degli abitati (talora alimentate da presunte criticità geologiche), abbandoni e necrosi, riedificazioni sommarie e prive di relazione con l’identità dei territori, sostituzione dell’edilizia storica nel quadro di una visione distorta del progresso. In sostanza, spesso, le ricostruzioni intensive recano danni ai paesaggi edificati e naturali talvolta peggiori di quelli delle distruzioni sismiche, con conseguenze indelebili per le società che le “subiscono”. Questi aspetti emergono chiaramente dalle analisi condotte da esperti di vari settori disciplinari - storici, architetti, sismologi, geologi, archeologi, economisti ecc. - che discutono attraverso ventidue distinti contributi un’ampia casistica storica attinente ai problemi delle ricostruzioni che hanno interessato una parte dell’Italia “sismica” nel corso degli ultimi cento anni. Il volume, a cura di Fabrizio Galadini, Dirigente di Ricerca dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia INGV e Claudio Varagnoli, Professore ordinario di Restauro all’Università di Chieti-Pescara, riunisce gli atti di un convegno – Ricostruzioni: Marsica 1915, L’Aquila 2009 – volto a incentivare il confronto tra studiosi sul grado di conoscenza storica dei processi che hanno trasformato i paesaggi, in prevalenza dell’Abruzzo, a seguito dei grandi terremoti, e stimolare il dibattito su un argomento così complesso.
Questa manifestazione del 2015 rientra nel quadro delle numerose attività organizzate da varie istituzioni pubbliche per il centenario del grande terremoto di Avezzano del 1915. L’adiacenza geografica tra il territorio della Marsica e L’Aquila (colpita dal terremoto del 2009), aveva consentito di legare in un percorso ideale un secolo di distruzioni e ricostruzioni, e tentare di farne emergere aspetti salienti. Lo scopo prioritario di questa operazione – di cui la pubblicazione in oggetto costituisce l’atto finale – è di natura didattica, legato al tentativo di rappresentare le grandi difficoltà legate alle ricostruzioni “pesanti” e mostrare ragioni più che convincenti al fine di evitarle, mediante la capillare declinazione delle possibili e percorribili pratiche per la mitigazione del rischio.