Negli ultimi trent’anni è andato distrutto il 12% del patrimonio forestale nazionale (dato del Dipartimento della Protezione Civile) e nel 2017, in soli sette mesi, ben 74.965 ettari bruciati (dato di Lega Ambiente). Tra i tanti eventi disastrosi, quelli di Castel Fusano del 17 e del 21 luglio scorsi hanno distrutto una vasta area della pineta del litorale romano (circa 150 ettari di pineta e macchia mediterranea).
Un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha perciò elaborato una serie di immagini satellitari per identificare le aree danneggiate e delimitarne il perimetro, per mappare in dettaglio le aree bruciate nella riserva di Castel Fusano, sia ai fini di fornire informazioni a supporto della valutazione della severità del danno, sia del futuro studio sulla ricrescita della vegetazione.
Dalla combinazione delle immagini satellitari (Sentinel2A-MSI e il gemello americano Landsat 8-OLI), i ricercatori dell’INGV hanno identificato le aree bruciate nella loro successione temporale, fotografando l'area danneggiata e delineandone lo stato di degradazione. In questo modo è possibile porre le basi per le future attività di osservazione della ricrescita della vegetazione (In Figura 1 i risultati ottenuti dall'uso sinergico dei due satelliti).
“L'INGV da anni svolge attività di ricerca per lo studio degli incendi”, spiega Stefania Amici ricercatrice dell’INGV, “utilizzando sensori a varie risoluzioni (spaziali/spettrali) e dati satellitari, sia per caratterizzare la fase di fiamma attiva, che per valutare l'impatto in termini di livello di degradazione e cambiamento di uso del suolo”. Le tecniche utilizzate rappresentano un supporto informativo a grande scala e durevole nel tempo, con un grande potenziale di risparmio di risorse. Infatti, quando si verificano numerosi incendi, come nel caso di questa estate, la caratterizzazione dei perimetri, con dato satellitare, può essere fornita alle amministrazioni per varie applicazioni, incluso il supporto ai piani di recupero.“Il lavoro, ancora in corso, oltre a delimitare l'area percorsa da incendi, mira a utilizzare il dato satellitare per una stima del grado di severità del danno.
A questo scopo si utilizzano misure in sito per validare la corrispondenza con i valori derivati dalla mappa. Sensori come Sentinel 2A e il suo gemello Sentinel 2B, lanciato il 7 Marzo scorso, in sinergia con i sensori americani, ci daranno la possibilità di aggregare informazioni nel tempo e caratterizzare gli incendi multipli, grazie a una frequenza di immagini ogni 5 giorni”, conclude l’esperta dell’INGV. Esiste, inoltre, l’EFFIS (European Forest Fire Information System), un servizio della Comunità Europea di mappa del rischio, basata su modelli metereologici e di individuazione, in tempo reale, degli incendi, utilizzando sensori a 1 Km di risoluzione/dettaglio (VIRS-MODIS) che indentificano l’evento in corso (vedi figura 2).
L’EFFIS fornisce un supporto ai servizi incaricati della protezione dei boschi, contro gli incendi nei paesi dell’UE e fornisce ai servizi della Commissione Europea e al Parlamento Europeo informazioni aggiornate e affidabili sugli incendi in Europa. Nel frattempo però, anche i cittadini italiani si sono attivati. È il caso di Italia a fuoco, un progetto non profit, organizzato interamente da volontari, nato per condividere informazioni utili e verificate sugli incendi che ogni estate affliggono l’Italia. Il progetto è utilizzabile da organizzazioni, associazioni, gruppi informali e anche pubbliche amministrazioni che hanno bisogno di un servizio per informare su quanto sta avvenendo a seguito degli incendi. Su www.Italiaafuoco.info è possibile consultare i dati (scaricabili in formato open) e la mappa (vedi Figura 3) regione per regione, degli incendi divampati in Italia dal 2009 ad oggi. La scienza è già al servizio dell’emergenza ambientale, ma anche il cittadino può dare il suo contributo con una maggiore attenzione e condivisione delle informazioni.