Utilizzare i droni durante le eruzioni per misurare i parametri vulcanologici che caratterizzano una colata di lava e fornire dati utili alla Protezione Civile: è questo l’oggetto della ricerca curata dall’Osservatorio Etneo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (OE-INGV) e pubblicata sul Journal of Volcanology and Geothermical Research.
Lo studio, finanziato dal Dipartimento di Protezione Civile (DPC) nell’ambito dei progetti sperimentali legati alle attività di monitoraggio, è stato sviluppato dal FlyEye-Team dell’Osservatorio Etneo con l’obiettivo di fornire in tempi brevi una mappa per lo studio della mitigazione del rischio associato a eventi naturali, concentrandosi sull’eruzione dell’Etna iniziata il 27 febbraio 2017.
Il 2 marzo 2017 i droni sono stati impiegati per la prima volta sul vulcano siciliano in parallelo con le attività di mappatura a terra delle colate laviche. Il vento, la neve, le basse temperature, l’alta quota, l’eruzione in corso e l’urgenza di fornire dati attendibili alla Protezione Civile hanno impedito una omogenea distribuzione di punti di controllo a terra, fondamentali per ancorare e geolocalizzare il modello 3D. Di conseguenza, gli autori hanno adottato una strategia di rilievo e restituzione dei dati non convenzionale rispetto alle tecniche tradizionali.
L’elaborazione dei rilevamenti effettuati con i droni ha permesso di ottenere l’ortofoto georeferenziata del 96% della colata, evidenziando che nei tempi ridotti, necessari al monitoraggio di un evento ad alta dinamica, si potevano raggiungere considerevoli risultati in termini di precisione e risoluzione. Una elaborazione più lenta e mirata ha poi permesso di calcolare anche il volume del materiale emesso con l’approccio topografico e il relativo tasso di effusione medio.
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