L'Aquila è una sede storica dell’Istituto Nazionale di Geofisica poi trasformatosi nel 1999 nell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). La sede, nata come Osservatorio Sismico, fu fondata nel 1958 in occasione dell’Anno Geofisico Internazionale, attorno all'Osservatorio Geomagnetico di Preturo, il primo in Italia. Successivamente ampliata negli anni Sessanta con le osservazioni magnetiche, vanta un importante patrimonio strumentale storico scientifico. Una testimonianza del passato che non poteva essere trascurata. Manuele Di Persio, collaboratore tecnico dell'INGV, si occupa del restauro di questi preziosi oggetti.
Quando è iniziato il percorso di valorizzazione del patrimonio storico della sede aquilana dell'INGV?
Nei sotterranei del Castello Cinquecentesco erano stati depositati, nel tempo, decine di strumenti scientifici poi dimenticati. A seguito delle attività di ricostruzione del patrimonio edilizio storico della città dopo il tragico terremoto del 2009, sono stati riscoperti dalla polvere e dall’umidità del tempo. Affrontando tutte le difficoltà che ci si presentavano, ma con insistente determinazione, si è concretizzata la volontà di restituirgli una nuova vita. Infatti, se da un lato bisognava dare un effettivo riscontro alla normativa in materia di preservazione dal degrado e dalla distruzione dei beni scientifici, dall’altro, si sentiva forte la necessità di un riconoscimento ed una valorizzazione del passato scientifico dell’INGV, una storia che ha contribuito a rendere il nostro ente uno dei principali enti di ricerca in Italia. Il Laboratorio di Restauro della sede aquilana, promosso da Fabrizio Galadini responsabile della sede INGV de L’Aquila, è coordinato da me e dal collega Cesidio Gizzi.
Quanti strumenti sono stati restaurati fino ad oggi?
Il restauro di uno strumento scientifico, come qualsiasi opera di restauro, ha bisogno di uno studio preliminare ed un’attenzione particolare alla materia su cui si agisce. In questi pochi anni di attività è stato possibile restaurare una decina di strumenti tra i quali spicca sicuramente uno splendido pendolo sincronizzatore della vecchia stazione sismica aquilana (vedi rubrica “Uno strumento in 100 parole”). Inoltre, è stato rinvenuto un declinometro risalente alla fine dell’Ottocento che, molto probabilmente, faceva parte di uno dei primi osservatori geofisici italiani nato all’interno del palazzo arcivescovile aquilano. Attualmente, il Laboratorio è impegnato nel restauro di un barometro di Fortin a mercurio e di una serie di strumenti meteorologici degli anni Sessanta. Negli ultimi tempi, poi, è stata avviata una collaborazione di alternanza scuola-lavoro con due scuole di Roma: l’Istituto Tecnico Leonardo da Vinci e il Liceo Classico Pilo Albertelli. In entrambi i casi sono stati coordinati e seguiti il recupero di diversa strumentazione scientifica della fine dell’Ottocento di proprietà dei due istituti. Poter trasmettere ai giovani le competenze tecniche di questa attività è il valore aggiunto dell’opera di restauro, senza dimenticare l’arricchimento nella conoscenza dell’evoluzione delle scoperte nella ricerca scientifica.
Organizzate delle mostre dove è possibile ammirare questi gioielli del passato?
Quando possibile, organizziamo delle esposizioni degli strumenti storici restaurati, soprattutto quando le sedi istituzionali ce lo richiedono. Fa parte della cultura del territorio conoscere che il percorso della ricerca scientifica abruzzese è stato intenso e radicato nella società del passato. Una delle ultime è stata organizzata il 28 settembre del 2018, in occasione della notte dei ricercatori svoltasi a L’Aquila, con una esposizione di strumenti geomagnetici presso il Palazzo della Regione Abruzzo. E, precedentemente, nel 2017 la strumentazione magnetica e sismica è stata esposta all’interno dell’area archeologica di Alba Fucens di Massa d’Albe (AQ).